In epoca di coronavirus a Roma non si gioca a Mah Jong

“Impossibile sia stato ideato da Confucio, non c’è nessuna tessera così antica”, disse al console cinese la famiglia Valvassori che a Ravenna progettò un nuovo modo di costruire i Mah Jong, dopo essere rimasta affascinata dall’ardore con cui ci giocavano i cinesi al porto negli anni Trenta. Nel docufilm “Il Drago di Romagna” di Gerardo Lamattina si racconta la passione per questo gioco che si fa ponte tra due culture, un inusuale mattone nel processo d’integrazione. Centro della storia è una nonna intraprendente che sogna di andare in Cina con l’auto d’epoca appartenuta al marito solo per vedere nella sua terra il Drago dispensatore di bene. Il film di Lamattina, girato in italiano con sottotitoli in cinese, nasce nella direzione di unire sempre più le due comunità, essendo una coproduzione italo cinese tra PopCult (Italia) e Micromedia Communication Italy (Cina). Peccato che la promozione del film avviene in tempi di coronavirus così che la proiezione prevista a Roma è stata rinviata “in segno di rispetto e solidarietà verso la comunità cinese di Roma che sta attraversando un momento particolarmente drammatico”, si legge in una nota ufficiale. Nella Chinatown di Roma all’Esquilino è vera fobia per tutto ciò che è asiatico, cosa che la street artist Laika ha cercato con un murales di contrastare scrivendo: “C’è in giro un’epidemia di ignoranza… dobbiamo proteggerci”. Ora la proiezione romana de “Il Drago di Romagna” non si fa, è stata rinviata aspettando un clima più sereno. Chissà però che proprio questo film non possa aiutare ad allontanare il pregiudizio…

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