L’attore Riccardo Maria Manera, un misto di solarità e istinto. Perché vedere la serie “Vivi e lascia vivere”? “Per la forza di riscatto che viene quasi dalla pancia, illuminante di questi tempi!”

“Buongiorno. Come stai? Come prosegue la quarantena?”, sono spiazzata da questa voce così empatica che mi risponde al telefono con la freschezza dei suoi 26 anni. È l’attore Riccardo Maria Manera, un carico di sana simpatia che ama indossare cappello da pescatore e occhiali da sole eyepetizer. È di Genova, da lui al lido balneabile intercorrono 10 minuti in auto, i primi chilometri che vuole percorrere appena finito il lockdown. Anche se scalpita per andare un po’ più lontano… “Ho firmato un contratto per una nuova casa a Roma il giorno prima del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo. Non l’ho ancora vissuta ma già sto pagando l’affitto. Da un anno e mezzo vivo a Genova, sono tornato dai miei genitori, ma Roma è la mia seconda casa, quella professionale, cuore di provini ed incontri. Anche se ora per un casting poco cambia se io stia qui o a Timbuctù. In questa emergenza, anzi, noi attori siamo quasi dei privilegiati nel mondo dello spettacolo: se va in onda un nostro lavoro raccogliamo ancora qualcosa come diritti; non è così per le maestranze tecniche ferme a casa. Appena finisce la quarantena vado a Roma, vorrei tanto vedere i miei colleghi del Centro Sperimentale, fare quelle riunioncine nelle quali ci si confronta sul come sta andando, magari anche preparare qualcosa insieme”. Vero è che Riccardo Maria è felice di essere a Genova dove è stata appena inaugurata l’ultima campata del Ponte disegnato da Renzo Piano. “Certo c’è ancora tanto da fare, però è già un bel messaggio a livello simbolico per tutta l’Italia, così come il crollo è stato a livello emblematico lo specchio dell’Italia. In un anno e mezzo non è che risolvi qualsiasi problema, però è un segno di ripartenza”.

Riccardo Maria Manera, come trascorri queste giornate?

“Sono un po’ tutte uguali, tutte monotone… In realtà sono un po’ masochista perché mi sono costretto anche a una dieta, quindi non faccio neanche l’unica cosa che poteva essere piacevole come stare ai fornelli. Mi sono messo a stecchetto, allenandomi due ore al giorno. Poi faccio più o meno le cose che fanno tutti, siamo veramente tutti sulla stessa barca. Non penso che un sommozzatore faccia qualcosa di diverso da quello che faccio io, siamo entrambi costretti a casa. Leggo, gioco ai videogiochi, videochiamo gli amici, guardo tanti film e tante serie”.

Serie e film che ti hanno sorpreso?

“Ho trovato molto interessante la serie ‘Unorthodox’ su Netflix con la protagonista, Shira Haas, molto, molto brava. Di film, facendo la collezione di Blu-ray per avere una mia videoteca personale, mi è appena arrivato ‘Green Book’, con Viggo Mortensen e Mahershala Ali, che non ero riuscito a vedere e l’ho trovato molto, molto bello”.

Due qualità che ti contraddistinguono come uomo e due come attore?

“Ce n’è una in comune come uomo e attore: sono molto istintivo. Come ragazzo sono molto pigro, ma non è una qualità, e in questo periodo qui anch’io mi sto annoiando non poco. Sono uno molto socievole, molto solare, cerco di non giudicare prima di conoscere. Come attore, oltre all’istintività, cerco di guardare tutto con un occhio da bambino, senza preconcetti”.

A 4 anni eri già sul palcoscenico nella parte di Ninì in “Pensaci Giacomino”: è stata questa esperienza che ti ha indirizzato ad intraprendere questa strada?

“Sì, ma inconsciamente, i ricordi sono felici ma labili. Quando mi sono ritrovato da grande, da maggiorenne, a 19 anni, davanti la macchina da presa, lì ho preso coscienza che questo poteva essere davvero il lavoro che volevo fare nella vita e che poi lo è”.

L’insegnamento più importante che hai ricevuto sul set e quello appreso al Centro Sperimentale di cinematografia di Roma dove ti sei diplomato?

“L’insegnamento sul set va un po’ contro il mio fattore d’istinto che è quello di non avere fretta, di avere i tempi giusti, di ragionare sulle cose; mentre in tre anni di Centro Sperimentale ho appreso che puoi sperimentare, che ti è permesso sbagliare. Il Centro Sperimentale permette di farti conoscere qualità di te che non pensavi di avere. Dirti un insegnamento unico mi sembra limitativo per una scuola così bella”.

Hai fatto teatro e tanta fiction. In questo momento su Rai1 va in onda “Vivi e lascia vivere” dove interpeti Nicola: i punti di forza di questa serie e quale l’appeal del tuo personaggio?

“La serie, soprattutto in questo momento, è molto interessante perché il personaggio principale, Laura, interpretato da Elena Sofia Ricci, ma anche gli altri, hanno una sorta di riscatto che viene quasi dalla pancia, e cercano di rivendicarlo. Positivo che ci siano anche tante, tante donne nel cast, quando di solito i ruoli femminili scritti sono meno, e questo mi rende felice per la vera affermazione della parità dei sessi. Per quanto riguarda Nicola, che interpreto io, è una sorta di grillo parlante per Giada, la figlia maggiore di Laura: cerco di consigliarla all’interno della riscoperta sua e di questa madre che tiene nascosto qualcosa ai figli. Giada è sempre in conflitto con la madre, come abbiamo già visto nei due primi episodi andati in onda”.

Finora qual è il ruolo che ti ha dato più soddisfazione?

“Io cito sempre Eros di ‘Volevo fare la rockstar’, perché ho avuto parecchio tempo per convivere con lui, una persona totalmente diversa da quella che sono io. Ma in realtà sono legato a tutti i personaggi, come anche Matteo della serie ‘Il silenzio dell’acqua’, perché ognuno di loro ti lascia qualcosa dentro e tu lasci a loro qualcosa di te”.

Il tuo futuro professionale?

“Il nostro lavoro è sempre un’incognita, puoi lavorare un mese e gli altri undici no”.

Il regista che vorresti ti chiamasse?

“Qualsiasi regista con cui non ho ancora mai lavorato può insegnarmi qualcosa, sia se un cattivo regista, sia se un bravissimo regista: da tutti c’è da imparare. Già se mi chiama un regista ora per dirmi se sono pronto per un progetto sarei contentissimo”.

Da qui a 10 anni come ti vedi?

“Non voglio pensare a come potrebbe essere. Sono uno a cui piace sorprendersi e stupirsi delle cose”.

Passeresti mai dietro la macchina da presa?

“Regista? No, non credo, ma mai dire mai. Non escluso la possibilità”.

Lasciami con il consiglio di una buona lettura…

“Il romanzo ‘I baffi’ di Emanuel Carrère su un marito che per tutta la vita ha avuto i baffi e per fare una sorpresa alla moglie un giorno li taglia, solo che a quel punto scopre che nessuno lo ricorda con i baffi. Ecco, mi chiedevi come mi vedo tra dieci anni? Bene, con la barba!”.

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