Alessia Lautone: “La stampa italiana non racconta, tifa”

“Dico sempre quello che penso, che per qualcuno è un pregio, per altri un grande difetto. Dovrei contare prima di parlare, però non ci riesco da sempre, sono così. Dico esattamente cosa penso”. Sei istintiva e di pancia quindi? “Sempre, vivo solo istintivamente. Anche perché poi quando penso troppo sbaglio; quando sono istintiva, va bene così. Sono di cuore e pancia”. Alessia Lautone è solare. Con l’orgoglio di una carriera giornalistica che vanta la direzione dell’agenzia di stampa Adnkronos e riconoscimenti prestigiosi come il Premio Ischia, conduce in maniera frizzante su Rai RadioLive (www.radiolive.rai.it) “Sue Eccellenze” assieme a Giuliana Carosi.

Alessia Lautone, anche dedicarsi al giornalismo è stata una scelta istintiva?

“Sì, una scelta nata perché mi accorgevo che qualsiasi cosa facessi io chiedevo e m’informavo quasi ai limiti dello stalkeraggio e le persone parlavano volentieri con me. Sono giornalista perché mi piace raccontare il mondo”.

Ricordi il tuo primo servizio giornalistico?

“Posso ricordare una volta che molto giovane andai in Romania durante la Rivoluzione di Ceaușescu. Andai con un amico ma senza nessuna organizzazione, in totale incoscienza. Poi quando sono arrivata a Bucarest, una città meravigliosa, ho scoperto la paura e che la guerra è qualcosa che ti cambia profondamente dentro. Ho lasciato un pezzo di me ad ognuna delle persone incontrate. Alla fine di questo viaggio, faceva molto freddo, mi avevano rubato dei guanti di montone che avevo lì e tra i ragazzi che mi avevano fatto da guida sul posto ce n’è stato uno che si è tolto i guanti e me li ha regalati. Sono queste piccole cose che mi hanno fatto appassionare a questo mestiere. Tutto il resto, la carriera, viene dopo”.

La formazione, dalla dizione allo storytelling, limita la spontaneità della professione o la indirizza e valorizza?

“La formazione è molto importante. Io ho studiato tantissimo da sola. Ho studiato tanta dizione. Ho studiato con maestri molto bravi. Mi sono impegnata. Studiavo la notte perché volevo parlare bene. Una delle persone con cui ho iniziato a lavorare, che era Alberto Michelini, una persona di una formazione incredibile, con una voce bellissima, una volta mi disse che avevo una voce orrenda, terribile, mi fece rimanere talmente male che io da sola andai a cercarmi i maestri di dizione studiando tantissimo. Poi mi è servito, mi è tornato utile. In questo mestiere più cose sai fare, meglio è. Ho fatto la speaker per tantissimo tempo quando avevo bisogno di lavorare. Non mi sono mai persa d’animo devo dire, anche al montaggio e alle riprese. Ho imparato a far tutto. Rispettando le diverse professionalità, mi piace sapere cosa sta facendo chi è accanto a me nel team, quindi ho imparato tutto”.

Da donna sei arrivata a dirigere un’agenzia di stampa, cosa non semplice. Dal tuo punto di vista in questo mestiere possiamo oggi guardare oltre i temi delle pari opportunità?

“No, perché i problemi non sono superati per niente. Essere donna è più complicato, questa parità che tutte agogniamo non arriva mai e lo vediamo dalle Istituzioni dove non ci sono donne, dagli ospiti nelle trasmissioni televisive, negli stipendi che a parità di lavoro non sono uguali, dal fatto che spesso siamo costrette a restare a casa. Basti pensare a questa circostanza dell’emergenza sanitaria a quanti lavori hanno fatto le donne, non c’è un welfare che aiuti le famiglie, le donne in particolare, perché spesso ricade tutto su di loro. Quando arrivi a dirigere ci vuole carisma, leadership, quello è uguale, però non ci siamo ancora, c’è ancora tantissima strada da fare”.

Hai toccato l’argomento Covid-19, secondo te la stampa italiana è capace di informare a dovere su questa emergenza o pecca in qualcosa?

“Che mi vuoi far litigare con i colleghi? Perché dico quello che penso mi fai queste domande? (Ridiamo, pausa, ndr). La stampa italiana anche in questa occasione è quello che è. Noi non raccontiamo, tifiamo. Tifiamo per un virologo piuttosto che per un altro, tifiamo per un politico piuttosto che per un altro, quindi raccontiamo una parte, la nostra parte di realtà. Mi piacerebbe invece che ci fosse, ad esempio nei talk, qualcuno che raccontasse realmente quello che sta accadendo e che non ci sia l’invito a chi si sa già quello che risponderà. Solo così si potrà dare del valore aggiunto. Credo che ci si debba fare una grandissima autocritica”.

Hai avuto modo di parlare di Coronavirus in “Sue Eccellenze”?

“Sì, nel programma che, ci tengo a dire, conduco con Giuliana Carosi, siamo due donne che vanno d’accordo, che si adorano e che si stimano tantissimo, e credo si senta nel programma, una dà valore aggiunto all’altra, e mi piace dirlo perché non è scontato…”

In realtà una delle domande che ho in serbo è: Giuliana Carosi per te è?

“Un’amica, una collega, una persona che come me prende le cose maledettamente sul serio senza prendersi mai sul serio, e sta piuttosto che dire. E poi andiamo proprio d’accordo, ci completiamo. È un bellissimo rapporto ed è stata una bellissima esperienza lavorare con lei e spero di continuare, perché siamo una coppia che secondo me funziona e ci divertiamo sempre, ci piace lavorare”.

Il programma si prende una pausa estiva?

“Si, speriamo di riprendere ad ottobre. Speriamo di fare cose nuove. Abbiamo sempre mille progetti, ripartiamo da zero con grandissima facilità devo dire”.

Una definizione di “eccellenza”?

“È tutto quello che fa grande il nostro Made in Italy, dalle piccole alle grandi cose, dalle persone non conosciute al grande pubblico a quelle molto conosciute, ai vip, a quelli che hanno fatto grande l’Italia per la cultura. Ad esempio, abbiamo intervistato Dacia Maraini e Maria Grazia Cucinotta che all’estero sono importanti, ma abbiamo anche sentito donne che si sono costruite un mestiere, che si sono inventate spesso un mestiere e sono diventate eccellenze ognuna nel suo mondo”.

L’intervista che più ti ha spiazzata?

“Tu mi stai rovinando! (pausa, ndr)… L’intervista che più mi ha spiazzata è stata quella ad Arisa”.

Come mai?

“Perché ad un certo punto abbiamo parlato di donne e lei ha detto che ha scritto tante canzoni di denuncia e molto femministe che non pubblica, e abbiamo parlato dell’importanza di parlare alle donne, e non so perché ma ho colto qualcosa che non ci siamo dette e che mi è entrato dentro… Qualora lei un giorno volesse fare un’altra chiacchierata con me mi riprometto di approfondire, ma non per sapere… Penso che sia bello condividere dei momenti, delle emozioni, quella per me è stata un’emozione”.

I tuoi progetti imminenti?

“Io non faccio mai progetti, nel senso che ho tanti sogni. Nella mia vita sono stata Presidente del Consiglio, Presidente della Repubblica, lavapiatti nel ristorante sotto casa o cassiera del supermercato perché mi piaceva come funzionava la cassa. Sono stata tutto nei miei sogni. Adesso che ho una certa età, mi piace sapere che mi posso prendere la mia vita, il mio tempo, e che quando voglio scappo dai miei figli che sono fuori all’estero e che amo più della mia vita, mi faccio un viaggio col mio compagno, faccio una passeggiata col mio cane. Questa è la mia più grande trasgressione: la normalità. Però non ho nessun progetto, perché i progetti arrivano, mi arrivano, non saprei farli, non sono capace purtroppo”.

Mi lasci con un consiglio di lettura?

“Forse ‘Il cardellino’ (Donna Tartt ha scritto queste 900 pagine vincendo il premio Pulitzer del 2014, ndr), è un tomo che ho letto con grande piacere”.

Il titolo rimanda ad un’immagine di libertà che si confà con te. Grazie.

“Grazie a te, chi mi ha ‘spiazzata’ con le sue domande sei tu”.

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