“Scalare la montagna, ma ricordarsi sempre da dove si arriva”: Giacomo Riccardi, in arte Alter James, racconta il suo rap che ha radici nelle strade di Genova
Si descrive come “generoso, amante dell’avventura ed uno che si adatta facilmente alle situazioni. Sono io, sono Giacomo Riccardi, ma fondamentalmente anche il mio alter ego musicale, Alter James, che è molto simile a me”. Avrebbe forse voluto essere Alter Jack, ma in inglese sarebbe suonato come Giacomino, quando tre anni fa ha lasciato il primo suo nome artistico Kelvin, che nasceva dall’unità di misura della temperatura. 26 anni compiuti a luglio, Giacomo Riccardi, in arte Alter James, è un ragazzo dalla faccia pulita la cui musica nasce nelle strade della sua Genova. In questi giorni ha lanciato il nuovo singolo “Sto bene”, prodotto dall’etichetta indipendente NikiSei Records e disponibile su tutte le piattaforme digitali, un brano che oscilla tra l’Hip Hop e il Rap e che parla della possibilità di poter sorridere nonostante le cose non vadano nel verso giusto.
Giacomo, quando hai cominciato?
“Anni fa, era l’ultimo anno delle scuole superiori. Io ho sempre ascoltato musica commerciale, rap commerciale. Sono cresciuto con Fabri Fibra e i Club Dogo. Mi hanno ispirato molto loro, quando mi sono affacciato al rap nella sua crudità. I primi testi sono nati fra i banchi di scuola. Tra una lezione e l’altra mi mettevo con un mio amico, il mio compagno di banco, e scrivevamo questi testi magari anche senza musica, senza strumentale sotto oppure prendendo dei beat, delle strumentali su youtube. Da lì in poi è stato tutto un crescendo perché mi piaceva farlo, la passione per la scrittura al di là della musica l’ho sempre avuta. Ho cominciato a farlo sempre più seriamente e da lì siamo arrivati ad oggi“.
I tuoi testi hanno una vena di denuncia politica e sociale: è la musica a cui ti rifai o una tua esigenza interiore di esprimere quasi una sorta di protesta?
“Direi entrambi, sono dell’idea che la musica debba comunicare qualcosa. Io posso lavorare su una base musicale come può essere questa di ‘Sto bene’ molto fresca, estiva, però io ti devo comunque comunicare qualcosa e finisco spesso sul sociale perché cerco di raccontare a chi mi ascolta cosa vedono i miei occhi, sperando che tante volte possa servire da faro per le persone che ascoltano. Quindi, la mia è sia un’esigenza, uno sfogo, sia una denuncia sociale perché ho la necessità di dire qualcosa pur avendo una melodia fresca e estiva“.
“Sto bene” è un grido d’allarme contro il mondo dell’effimero: l’hai scritta prima dell’emergenza sanitaria Covid-19?
“Nel mentre. A inizio maggio il mio produttore Samuele Belcastro, che si occupa anche di mixering e mastering, ha steso la base musicale sulle idee che gli fornivo. Siamo molto complici a livello musicale, al di là dell’amicizia che c’è. Ho cominciato a scrivere in quelle giornate lì, la traccia era in fase di lavorazione anche a giugno“.
La collaborazione nel videoclip con Kevin Nosengo?
“La storia del video è un po’ contorta perché subito non avevo capito il potenziale che potesse avere la traccia, di conseguenza non avevo pensato a un video ufficiale. Avevo pensato soltanto di pubblicarla sui digital store. Poi invece vedendo l’entusiasmo che c’era intorno alla traccia ho detto va bene proviamo a fare il video, anche questo frutto di una stretta collaborazione, molto complice, tra me e Kevin. Io ho messo la mia interpretazione, però gran parte del merito va a lui per le idee delle riprese e soprattutto per il montaggio perché ha fatto davvero un bel lavoro. Tra le altre cose, la scelta del partire da una situazione di città, di periferia e arrivare a una situazione e a un luogo panoramico come può essere questo sulle alture di Genova, segna l’escalation da un posto all’altro e il fatto che io possa dire ‘sto bene’“.
L’aver messo la punteggiatura su Sampierdarena è un modo per rappresentare proprio questa periferia o la si vuole far assurgere a simbolo di tutte le periferie?
“La chiave di lettura può essere multipla. Può rappresentare sia tutte le periferie, sia tutte le persone che vivono in periferia qualunque essa sia. Io personalmente ho parlato della mia periferia, quindi sto parlando di Sampierdarena come il luogo in cui sono cresciuto, in cui vivo da anni. Il fatto poi che nel videoclip io mi allontani non vuol dire volersi allontanare dalle radici ma il cercare di salire, di scalare la montagna, ricordandosi comunque sempre da dove si arriva“.
Le tue radici sono a Genova che per il cantautorato di cui tu sei espressione è importantissima. Il triste fatto del ponte, come ha influito sulla tua musica?
“Il ponte è stata una mazzata dura per ogni persona. Io credo che sia stata una spiacevole notizia per tutta Italia. Però a Genova quel ponte lì rappresentava un po’ un simbolo. Per via della sua forma noi qui a Genova lo chiamavamo il ponte di Brooklyn. Poi tra le altre cose quella strada la si utilizzava spesso come tangenziale e neanche come pezzo di autostrada, proprio per collegare una parte di Genova che è quella di Ovest a quella dell’aeroporto, quindi quando è crollato al di là di tutti questi fattori è stato come se Genova fosse crollata, è stata proprio una cosa molto tosta. Nella mia musica la caduta del ponte ha influito, perché comunque sia ho cercato di non trasmettere messaggi negativi ma positivi. Quindi messaggi che potessero provare a far ‘distrarre’ dal brutto momento le persone, o comunque quelle che mi seguono e che in generale ascoltano la musica. Adesso il fatto che sia stato ripristinato è stato un grosso colpo al contrario“.
Senza colori di sorta – ti faccio questa domanda perché in un tuo testo, “Oh Mamma”, dici di “sognare di entrare a Palazzo Madama con la katana” -, in quel frangente la politica l’hai sentita vicina?
“Io non la sento particolarmente vicina, non mi schiero neanche mai nei testi perché comunque quello, come è giusto che sia, è una questione privata come diceva Beppe Fenoglio. Però effettivamente non l’ho sentita vicina in quel momento, come non la sento vicina in questo momento perché a parole si è sempre molto bravi, poi i fatti mancano molto. Quella barra lì, in quella canzone, va contestualizzata: io non entrerei mai a ‘Palazzo Madama con la katana’, ma quel passaggio è come dire che ho tanta voglia di cercare di cambiare il ‘mondo’, anche se da soli il mondo non si cambia, si può cercare di dare un contributo almeno in qualche modo a livello musicale per provare a cambiarlo“.
Come vedi il tuo autunno artistico? So che hai un lavoro che affianchi al percorso musicale.
“Sì, lavoro come tecnico, faccio le linee telefoniche, le installazioni di router, un lavoro che mi permette anche di potermi coltivare la musica bene, perché è chiaro che per fare dei lavori professionali, pubblicizzare e quant’altro serve un investimento in denaro. Questo lavoro quindi, oltre a formarmi a livello tecnico personale perché imparo delle cose, mi serve sostanzialmente per questo. In autunno mi vedo sempre molto attivo, sto già scrivendo il nuovo pezzo, ho già la nuova base musicale e quindi direi che quest’anno io voglio cercare di dare una continuità, una continuità che negli scorsi anni ho un po’ perso per tanti fattori“.
Hai fatto tanti singoli, tante collaborazioni, prima o poi arriverà anche il tuo album?
“Sì, spero di sì, spero molto presto, perché ho tanta voglia di fare un album, perché con un album hai la possibilità di fare molto, molto di più. Un singolo deve sempre centrare un determinato mood, un determinato momento, una determinata situazione, invece con l’album puoi anche permetterti di dire che su tot tracce tre le voglio fare così, quattro così e organizzarti, sarebbe fare bingo proprio!“.