Il chiaroscuro della libertà nel toccante documentario “The Jump” di Giedrė Žickytė
Che sapore ha la libertà? È acre. Questa risposta nasce dopo aver visto il documentario “The Jump” (“Il Salto”) della cineasta Giedrė Žickytė (regista, ma anche produttrice con la sua Moonmakers), l’incredibile ricostruzione della vicenda di Simas Kudirka, il marinaio lituano che il 23 novembre 1970 fece, appunto, il suo “salto” verso la libertà, gettandosi dal ponte di una nave sovietica su un’imbarcazione americana. Ma fu vera libertà? Fuggiva dal regime sovietico verso l’America: ma quale America? Un’America davvero accogliente o un’America di propaganda, quella che di lì a poco (nel 1978) raccontò la vicenda nel film per la tv “The Defection of Simas Kudirka” con Alan Arkin (premio Oscar al miglior attore non protagonista nel 2007 per “Little Miss Sunshine”) nei panni dell’uomo che al largo di Martha’s Vineyard pensava di aver raggiunto la sua terra promessa, finendo invece per quattro anni nei gulag in Siberia? Con tatto e grazia, accompagnando delicatamente gli occhi ancora ricchi di speranza dell’oggi novantenne Simas Kudirka, la cineasta Žickytė ripercorre questa storia dal lieto fine, mettendo però in risalto lo stridore della bellezza dell’animo umano di fronte ad una politica sempre calcolatrice più che benevola.
Durante la guerra fredda, la cortina di ferro divise l’Europa per 46 anni. Lituania, Lettonia ed Estonia furono occupati da Stalin nel 1940. Le persone dei Paesi baltici vivevano sotto il regime sovietico completamente isolate dal resto del mondo. Cosa c’era al di là dell’Urss? Per il lituano Simas Kudirka, disertore su una nave statunitense, una ricchezza insperata. Ma era vera ricchezza? Žickytė senza trascurare nessuna opzione indica le possibili risposte in questo necessario documentario presentato nell’ambito della quindicesima edizione della Festa del Cinema di Roma (dopo l’anteprima mondiale al recente Festival Internazionale del Film di Varsavia). “Sono nata nel regime totalitario sovietico – è la dichiarazione della regista riportata nella nota dell’ufficio stampa – e avevo dieci anni quando la mia patria, la Lituania, ha riacquistato l’indipendenza. Non dimenticherò mai quella sensazione: era come il primo amore, così pieno di sogni e speranze”. E questo sentire, in maniera agrodolce, marca tutto il film.