Silvia Nair con “Luci e Ombre” invita a sognare forte per arrivare al di là di tanta nebbia
“Ciao, buongiorno“, una voce avvolgente mi accoglie al telefono da Rovigo, sua città natale. Allora penso che davvero Nair significa luminosa. “Sì, è il nome della mia mamma italianissima. Il nome è di origine egizia e vuol dire luminoso, bagliore“. Silvia Nair è radiosa, ha una voce giovanissima. “Sono una Peter Pan. Cerco di mantenere una voce fresca nel canto“. Cantante (quattro ottave di estensione), performer, musicista (pianoforte), autrice e compositrice di canzoni e di colonne sonore per cinema e documentari, Silvia Nair ha appena varato il suo terzo album: dopo “Sunrise” e “Ithaca”, arriva “Luci e ombre” (Ala Bianca Records / Warner-Fuga Digital). Il disco vanta la prestigiosa produzione olandese di Franck Van Der Heijden (arrangiatore tra gli altri di Michael Jackson, Justin Timberlake, John Legend, David Guetta, David Garrett, Celine Dion) e Michael La Grouw. All’album, registrato negli storici Wisseloord Studios di Hilversum e Amsterdam, hanno collaborato musicisti, orchestre d’archi e sound engineers. “Luci e Ombre” è stato anticipato in radio dall’uscita dei singoli “L’ombra sul cammino” e “Ho visto un sogno”, la cui versione inglese, “Show me”, è stata presentata alla Recording Academy e selezionata per “For Your Consideration”, fase che precede le nomination della 63esima edizione dei Grammy Awards 2021(nelle categorie “Record of the years”, “Song of the year” e “Pop solo Performance”). La tracklist include anche: “Tra follia e lucidità”, “Sono qui”, “Ti rivedrò”, “Mi troverai sempre qui” (con la straordinaria partecipazione del tenore Vittorio Grigolo e del celebre violinista David Garrett), “L’Isola che vorrei” e “Il respiro del mondo”.
Silvia Nair, hai abbracciato la musica diventando un’artista di fama internazionale dopo gli studi di diritto: com’è scattata la scintilla?
“Vengo da una famiglia di notai e avvocati. Mi sono laureata in giurisprudenza, ho fatto pratica notarile, ho frequentato il corso da Capozzi a Napoli per due anni. Quando poi sono andata a Roma, all’Ergife, a fare lo scritto, mi son detta: cosa ci sto a fare io qui? Io voglio cantare! Ho sempre studiato con grande passione, però era la scelta di vita che non confaceva alla mia natura. Quando nasci artista, che non è scrivere una bella canzone o cantare bene, ma è un’attitudine, un modo di pensare, di vivere, di vedere le cose, un modo di agire, sei particolare, sei diverso. Io sentivo un buco dentro di me che diventava sempre più una voragine. Ero insoddisfatta, frustrata. Stavo facendo qualcosa di bello, mi preparavo a una carriera solida e sicura com’è quella notarile, ma non apparteneva a me. Così proprio al concorso ho lasciato tutto e ho detto io voglio cantare. Ho deciso così“.
Meraviglioso, hai un’incredibile forza e un coraggio non da tutti.
“In famiglia solo mia madre mi ha capito, solo lei“.
Però già studiavi musica?
“Sì. Durante le medie e il liceo frequentavo il Conservatorio, pianoforte con tutte le materie complementari. Avevo una vita molto intensa e impegnata. Il canto l’ho scoperto dopo. Avevo studiato sì canto corale e solfeggio, ma solo dopo ho sentito la vocazione, questa voce particolare, e ho deciso di cantare perché ho visto l’effetto che la mia voce aveva sugli altri“.
Quando hai scritto la prima canzone, è arrivata prima la musica, il testo oppure un’immagine?
“Sempre prima la musica. Il testo lo scrivo in un secondo momento e in base anche all’emozione e alle immagini che mi evoca la musica. Fondamentalmente io sono una musicista, un compositore, però curo molto anche i testi, proprio la scelta delle parole, delle immagini, perché cerco di non scrivere pezzi scontati, banali. Il testo deve avere forza“.
“Luci e ombre” come nasce?
“È un progetto che nasce tutto in Olanda. Ho iniziato una felicissima collaborazione fatta di profondo rapporto umano e feeling artistico con Franck Van Der Heijden e Michael La Grouw. Io ho portato il calore e l’emozione della mia italianità, in melodie e bel canto, ma un bel canto assolutamente contemporaneo, non legato alla lirica, né stile Bocelli e Il Volo. È un bel canto che ha molte influenze di pop-rock inglese dentro“.
C’è un brano tra gli otto del disco a cui sei più legata per un motivo tuo personale?
“Guarda ‘Luci e Ombre’ è tutto autobiografico. L’ho scritto in un momento molto particolare e difficilissimo della mia vita in cui ho perso praticamente quasi tutta la mia famiglia…“
Mi dispiace tantissimo…
“Si è tradotto in musica e creatività. Tutte le canzoni sono molto importanti. ‘Luci e Ombre’ fa riferimento alle luci ed ombre che fanno parte dell’essere umano, insite nell’anima, nella natura umana. Luci e ombre però anche nella nostra vita quotidiana come nel viaggio dell’esistenza. Sono le luci e ombre mie, della mia mente, del mio cuore, della mia vita di quegli anni. Io credo che molti si ritroveranno, si rispecchieranno nei testi. Siccome i testi, i messaggi che voglio lanciare sono molto forti, anche le musiche, le orchestrazioni, gli arrangiamenti, sono altrettanto forti. Il disco non è a color pastello, è molto acceso come colori, sia quando viriamo verso il rock sinfonico, sia verso i brani più pop oppure nella ballad ‘Ti rivedrò’ che è dedicata a mia madre. Qui è voce, pianoforte e archi. Sono particolarmente legata a questo brano, anche se tutti i brani mi rappresentano. Racconto me stessa in diversi modi“.
“Luci e Ombre” l’avevo associato molto ai paesaggi fiamminghi, invece tu hai dipanato la tua anima…
“Bellissimo i ‘paesaggi fiamminghi’… Tu devi sapere che io ho tre grandi passioni nella vita oltre all’amore ovviamente: la musica che è la mia professione, il cinema e la storia dell’arte. Io dentro una galleria starei una giornata intera. Io devo stare mezz’ora davanti ad un quadro per entrare dentro, colta quasi da Sindrome di Stendhal. Avendo vissuto in Olanda per un certo periodo- questo disco l’ho fatto n in due anni e mezzo, abbiamo scelto otto brani con un fil rouge dentro, ma abbiamo fatto molte più canzoni -, io andavo a vedermi il museo di van Gogh ad Amsterdam, il Rijksmuseum che ha tanti fiamminghi dentro. L’arte è quando tu comunichi un messaggio forte, delicato, fragile o esplosivo e dopo il fruitore coglie in base alla sua sensibilità, istruzione, background. La cultura – intendendo tutto, letteratura, poesia, fotografia, scultura, pittura, canzone, musica, teatro, danza, opera – è la cura dell’anima, dello spirito, della mente, del cuore. La salute nostra interiore è molto importante quanto quella fisica perché se tu dentro sei malato, sei vuoto, sei solo, se non addirittura cadi in depressione, dopo si ripercuote anche sulla salute fisica. Siamo un’entità psicosomatica. È un legame indissolubile quello tra interiorità e corpo. Io leggo molto di psicologia, sono curiosa dell’animo umano. Mi piace l’essere umano, lo amo e sono molto curiosa di conoscerlo. C’è una canzone ‘L’ombra sul cammino’ in cui parlo di un incontro con un personaggio misterioso che è poi la mia parte oscura, occulta, nascosta, che abbiamo tutti quanti noi. C’è chi la lascia sepolta, la fugge, ne ha paura, la rinnega, perché ha paura di trovarci magari anche il male, qualcosa di negativo, malvagio, poco edificante. Invece io ho voluto affrontarla, conoscerla, toccarla, immergere le mani nella mia carne interiore, l’ho accettata, l’ho riconosciuta, ne prendo atto, ci convivo: è quello che dico ne ‘L’ombra sul cammino’. Però fa molto bene conoscere la parte più nascosta di noi perché è una grande risorsa. Noi siamo fatti di ciò che si vede e soprattutto di quello che non si vede. Quello che si vede è soltanto la punta dell’iceberg“.
I brani che non sono rientrati in questo progetto a cosa sono destinati? Faranno un viaggio come “Freedom”, title track della colonna sonora de “El numero Nueve – Gabriel Batistuta”?
“No, sono due strade parallele. Quando io scrivo per me, è un altro mondo: parlo del mio mondo interiore ma anche di quello che vedo all’esterno. Mi piace osservare. La gente parla con me volentieri. Mi vedono come una persona attendibile e affidabile e mi raccontano le loro storie. Io estrapolo dal particolare, dalla loro vita o dalla mia vita, cercando di trarre dei messaggi universali. I testi delle mie canzoni non parlano mai di quotidiano. Invece per le colonne sonore metto al servizio della visione di un regista la mia sensibilità e la mia creatività che hanno una narrativa da seguire. Faccio molto lavoro di ricerca e di studio. Sono curiosa e mi piacciono le sfide. Ad esempio, per l’ultimo film “Anja – Real Love Girl”, un thriller psicologico (presentato in anteprima fuori concorso al Lucca Film Festival il 1 ottobre, ora in uscita su Amazon Prime Video), mi sono per la prima volta cimentata nell’elettronica pura, non era il mio mondo, ma sapevo che tre quarti di film aveva bisogno di un mondo così; mentre la grande melodia andava a seguire parti più poetiche. È stato un lavoro di tre mesi: ho portato avanti la sfida di questo film duro, anche torbido, ma che ha una luce di speranza nel finale“.
Come ti trovi a lavorare nel mondo del cinema?
“Il mondo della composizione per il cinema è prettamente maschile e mi sono trovata in difficoltà qualche volta. Un montatore che ha lavorato con me ha fatto sentire le mie musiche ad un regista che ha detto: caspita, che bravo questo musicista. Lui gli ha detto: è una donna! E lui ha esclamato: non è possibile! Ci sono ancora dei pregiudizi, dei preconcetti nei confronti delle donne che non possono fare certe cose. Io con la mia esperienza voglio assolutamente smantellare queste convinzioni, questi retaggi vecchi“.
Tu hai girato in tutto il mondo con la tua musica, c’è un posto che porti nel cuore per l’accoglienza?
“Sono italiana, e devo dire che più giro più mi sento italiana, nel senso che amo l’Italia, non c’è Paese più bello del nostro. Però in Oriente, Corea del Sud e Cina, amano molto la cultura italiana, la grande melodia, il bel canto, per cui lì mi sono trovata perfettamente a casa da questo punto di vista. Ho fatto un tour con l’Orchestra sinfonica in Olanda e in Germania e lì c’è un pubblico molto diverso da quello asiatico, ma preparato, che quando va ad un concerto si prepara. Cosa che qui in Italia non succede se non tra i fan dell’artista preferito“.
Adesso che i live sono sospesi per l’emergenza sanitaria mondiale a cosa ti stai dedicando?
“La creatività non si ferma mai fortunatamente. Ho due colonne sonore che devo realizzare, ho cominciato a buttare giù le basi. Devono ancora fare le riprese però la sinossi c’è. Al di là di ciò, la cosa che ho più a cuore è quella di promuovere il verbo Nair attraverso ‘Luci e Ombre’, uscito da poco. È un disco internazionale, che non ha limiti geografici e che non cavalca mode. Ho pronto un live streaming. Intanto, l’album è stato accompagnato nel lancio dai video cinematografici dei due singoli ‘Ho visto un sogno’ e ‘L’ombra sul cammino’: di entrambi ho scritto il soggetto. Il primo è ambientato a Fuerteventura nelle Canarie, un paesaggio biblico dove Ridley Scott ha girato ‘The Book of Exodus’. Il video è nella dimensione onirica perché il sogno ha mosso la mia vita. Sembra che io sia l’ultima sopravvissuta e a ricordarlo c’è un televisore che rimanda immagini. Il secondo è ambientato nel Parco della Reggia di Caserta, una cosa da urlo. Qui interpreto i due ruoli: la Nair pubblica, quella che mi fa piacere far vedere, vestita con un abito principesco; e l’alter ego, il lato oscuro, nascosto, tutta vestita di nero che mi segue, mi scruta, mi spia e alla fine alle mie spalle si fa grandi risate perché quella è la parte dominante“.
Visivamente restituisci tante emozioni, hai intenzione un giorno di debuttare anche alla regia?
“No, ma non mi pongo limiti. Amo il cinema. In realtà mi piace recitare e nei video lo faccio già“.
Mi hai raccontato quali sono le tue maggiori passioni: mi dici il tuo modello di riferimento musicale, il tuo film preferito e l’opera d’arte che più ami?
“Parto dalla storia dell’arte. Per l’architettura sono legata al Duomo di Orvieto, dove è nato mio padre. Amo lo stile gotico perché c’è questa proiezione verso l’alto che ti fa toccare il cielo. Tra i dipinti, lo scudo con la Medusa di Caravaggio: ha una forza sovrumana con quegli occhi fuori dalle orbite. Per il film, mi piacciono molto i kolossal, forse perché le musiche che faccio vanno in questa direzione, direi ‘Il gladiatore’ di Ridley Scott. Sulla musica, è un pot-pourri, ho una voce crossover così come lo è il mio stile di composizione miscelando più generi, classica e lirica con il pop-rock inglese. Per farti due nomi: David Bowie, un trasformista, un camaleonte, un genio; e Franco Battiato, un artista unico che fa confluire musica d’autore e pop e ha creato un suo stile“.
In ultimo, mi regali un verso di una poesia che ti ha emozionata in particolar modo…
“Ognuno sta sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera (Salvatore Quasimodo)”.
Grazie.
“Ti auguro di sognare sempre, soprattutto in questo periodo. Per sogno non intendo il desiderio ma l’obiettivo da raggiungere. Sogna forte, perché dobbiamo arrivare al di là di questa nebbia“.