Diego Moreno: “Mi sto suonando sotto!”

Faccio la musica in cui credo e sicuramente sincera. Mi piace molto l’idea di essere un ponte tra l’Argentina e l’Italia e viceversa. Quando sono in Argentina porto un po’ dell’italianità acquisita e quando sto qua chiaramente viene fuori anche il lato argentino. In più ho questa quota sana di napoletanità, non male, un bel mix, credo“, sono al telefono con Diego Moreno, compositore, cantante e chitarrista argentino, ma napoletano di adozione (ha vissuto per vent’anni a Pozzuoli ed ora ha eletto come casa sua la provincia di Caserta). Ha pubblicato in ottobre l’album “Singoli” per festeggiare trent’anni di carriera ed adesso, a metà dicembre, sta per lanciare una versione “plus” con cinque nuovi brani in spagnolo.

Diego Moreno, un altro argentino adottato da Napoli è il tuo omonimo Maradona che tutti oggi piangono o rimpiangono: l’hai conosciuto?

Sì, nel 1991 ho incontrato Diego Maradona tre volte, abbiamo sempre parlato con cordialità, lui amava la musica e, condividendo il destino di essere argentino a Napoli con lo stesso nome, mi fece una dedica: ‘Con stima da Diego a Diego’. È un bellissimo ricordo. Per Napoli lui è il riscatto di un Davide contro un Golia, ha fatto qualcosa di unico e irripetibile. Nel tempo, poi, ho conosciuto Dieguito Jr, del quale sono amico. Abitavamo a cinquecento metri e lui mi chiedeva spesso dell’Argentina. Tempo fa ho cantato dal vivo ‘Dieguito Tango’ scritto dal grande Fausto Cigliano e gliel’avevo inviato per il sessantesimo compleanno del padre (il 30 ottobre)…“.

Sei molto legato a Napoli tanto da lavorare anche ad un progetto importante per i partenopei che ancora oggi sono legati a Troisi, il progetto “Poeta Massimo”, con le sue poesie musicate da Enzo Decaro: c’è un verso che hai più a cuore?

Intanto, io ho un progetto bellissimo, perché è più di un disco e spero diventi un docufilm, che è ‘Tango scugnizzo’ (2008), per il quale a Napoli mi hanno voluto dare due premi dell’eccellenza partenopea, il Premio Masaniello (2014) e il Premio Nicolardi (2020) di cui sono onoratissimo. L’incontro con Enzo Decaro, di cui mi chiedi, è avvenuto a Roma mentre producevo un altro album legato al tango, alla musica argentina, che si chiama ‘Tango Moreno’. Venne in studio e mi iniziò a raccontare di questo progetto unico e poetico che erano canzoni che loro avevano fatto prima del periodo della Smorfia, quindi in un tempo non sospetto. Io ho collaborato a fare gli arrangiamenti. La poesia a cui sono legato è ‘Al mio cuore’, profetica visto che Massimo Troisi morì perché aveva questa insufficienza cardiaca. Credo che un verso dicesse ‘Al mio cuore malandato/Almeno a lui ho messo le ali…/Io, padrone di un bel niente…’, davvero immenso Troisi. Conservo gelosamente alcune fotocopie dei manoscritti di Massimo che Enzo mi ha portato mentre facevamo la produzione: fotocopie bellissime, cancellate, prese da un block notes originale di Troisi“.

Un vero privilegio questo direi…

Se mi permetti, io in generale mi sento un privilegiato perché quest’anno festeggio trent’anni con la musica. Mi dispiace che questo 2020 sia così… non so più quale aggettivo trovare… ma ci tocca accettarlo così. Io amo il lavoro e ho anche questa incoscienza di uscire con un album da indipendenti in questo anno. Vedo che altri artisti, colleghi lo stanno facendo. Quando siamo partiti noi, in pieno lockdown, ce n’erano pochissimi, sembrava una pazzia, ma penso che il tempo ci darà ragione, se non altro, sono arrivati molti messaggi attraverso i social da ogni parte del mondo con grande mia sorpresa – dal Kazakistan, dalla Russia, dall’Australia, dall’India, dal Cile -, questa cosa mi ha riempito davvero il cuore, ha dato ancora più senso a portare avanti i nostri progetti. Ho voluto ringraziare tutti con un il live video in studio di ‘Da te o verso il mare’. In fondo, come si dice in gergo ‘mi sto suonando sotto’, nel senso che non vedo l’ora di salire sul palco. Sono andato in studio e ho cantato dal vivo uno dei brani che più mi rappresenta. Il live in studio è la prima volta che lo faccio e non credo sarà l’ultima. Mi è piaciuto tantissimo“.

L’album “Singoli” raccoglie 12 tracce che esplorano tematiche fondamentali quali l’amore, l’empatia, il ricordo e la fantasia: com’è nata questa idea?

Parte dall’intuizione e la voglia del produttore esecutivo, mio carissimo amico, Roy Tarrant, che voleva un album di belle canzoni. Io ho provato a selezionare, anche se avevo scritto per lo più in spagnolo, poi abbiamo aggiunto al team Salvio Vassallo come produttore artistico, un altro napoletano, e poi ancora un’altra napoletana giovanissima, Gaia Eleonora Cipollaro, che mi ha aiutato nelle liriche e negli adattamenti di italiano e mi sono sentito subito comodo. Gli argomenti li avevo trattati in primis in lingua madre, nel mio spagnolo di argentino, però poi alla fine ci siamo concentrati al massimo per onorare la forma canzone italiana. Sicuramente ce l’abbiamo messa tutta, la sonorità mi piace tantissimo, mi garba tanto e invito tutti ad ascoltarlo con delle belle cuffie, con un bell’impianto, perché altrimenti si perde ciò che noi abbiamo fatto. Hanno collaborato per l’album oltre venticinque artisti, quindi io sono grato di avere una produzione bella importante. Poi abbiamo girato dei videoclip, quindi è anche un investimento non indifferente, perciò io sottolineo: ascoltate ed acquistate musica perché altrimenti passa il messaggio che è tutto gratis. Queste sono battaglie un po’ donchisciottesche, ma ci tengo a dire: ascoltate bene! Non è possibile ascoltare da uno smartphone con una cuffietta in un orecchio e una in quello dell’amico perdendo anche l’effetto stereofonico, che è qualcosa di bellissimo nella musica, ma questo lo diceva già Faso degli Elio e le Storie Tese: ‘Ricordate che esiste la stereofonia, altrimenti vi ascoltate mezzo album!’. Comunque sta andando bene il disco per essere un progetto indipendente…”.

Perché hai voluto rifare “Bella ciao”?

Ci avevamo lavorato prima dell’avvento della ‘Casa di carta’ (‘Bella Ciao’ è nella serie spagnola Netflix da una scelta dello sceneggiatore Javier Gomez Santander, ndr), è bello e attuale questo inno per la liberazione dall’oppressione con l’essere umano che cerca la libertà. Spero vengano apprezzate anche le due versioni dedicate a ‘Bella che incanta’, una dichiarazione plateale d’amore per l’Italia, invito ad ascoltarla a tarda notte con una luce soffusa: è una canzone molto sussurrata, molto intima. La genesi di questo brano portava me, che sono un melomane, a quei canti meravigliosi della melodia italiana, la lirica è una punta di diamante. Entrambe le canzoni sono in doppia versione – ‘Bella che incanta’ e ‘Bella che incanta (Strings Version)’ e ‘Bella Chao’ e ‘Bella Ciao’ -. All’inizio l’album ‘Singoli’ era una versione minimale di dieci brani, poi si è ritrovato a contare 12 tracce… Come si dice: l’appetito vien mangiando…“.

Far uscire un album in questi mesi di emergenza sanitaria ti limita nella promozione: lo hai fatto per dare affetto e calore al tuo pubblico?

L’ho fatto per onorare il ‘trabajo’, il lavoro. Lo avevamo fatto in quattro, cinque mesi di lavoro durante il 2019, e solo alcune poche cose ultimate nel 2020. Per cui c’era sembrato doveroso farlo, onorare ciò che avevamo fatto. Promuoverlo è difficilissimo, già difficile da indipendenti, poi ora in questa situazione diventa tutto più arduo. Io sono un artista da palcoscenico, ho fatto questo e solo questo per trent’anni, ma non demordo, non mi arrendo, credo che le battaglie nella musica vadano combattute nobilmente. Io sono uno fortunato, non solo nella vita privata per motivi miei, ma anche e soprattutto perché vivo di musica da trent’anni. Con Fred Bongusto (morto un anno fa, ndr) ho camminato per oltre quindici anni parallelamente ai miei progetti da solista: tutti i miei incontri in note sono stati bellissimi. Mi auguro altri trent’anni di carriera. ‘Da te o verso il mare’ tocca proprio la tematica del tempo che passa inesorabile, per cui io sono dell’idea che se si potesse rallentare e vivere meglio i momenti importanti sarebbe cosa buona e giusta“.

Festeggi i trent’anni con l’uscita di “Singoli”: un bilancio e nuove prospettive?

Il bilancio è estremamente positivo: faccio ciò che amo per lavoro, quindi il mio sogno è realizzato. Nel futuro spero di poter proseguire con i miei tanti progetti, sperando che abbiano un pubblico, perché io vivo di questo e senza pubblico io non avrei ragione di esistere… almeno sul palco! Intanto, vorrei che finisse questo terribile momento e iniziare ad andare a portare dal vivo ‘Singoli’. Io sono uno che deve essere sul campo, sull’arena, non dietro lo schermo del computer!“.

Questo il tuo desiderio ad alta voce per il 2021?

Se si fa ad alta voce poi si avvera? In ogni caso mi auguro che passi presto questo terribile momento per l’umanità. La vedo complessa, bisogna sognare e avere speranze. C’è un brano che si chiama ‘Sogno (Sofia sul divano)’ ed è un invito a non perdere la speranza“.

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