“Ballo Ballo”, una festa di musica compromessa dai dialoghi

È un party colorato, non ci si può non scatenare e cantare a squarciagola guardando il film “Ballo Ballo”, perciò quando il 25 gennaio approderà su Amazon Prime Video non c’è da star seduti sul divano, ma in piedi a saltare e divertirsi al ritmo delle allegre canzoni di Raffaella Carrà. Al 34enne regista ispano-uruguaiano Nacho Álvarez è riuscito, infatti, di mettere a segno quella che lui stesso definisce “un’esperienza cinematografica diversa”. Alla showgirl che per prima in Italia ha mostrato l’ombelico in tv è piaciuto il modo “sorprendente” in cui il cineasta ha inserito le sue canzoni nel film e la sceneggiatura sembra scritta appunto per rendere loro protagoniste e telaio di una storia che vede uno spirito libero come la giovane María (Ingrid García-Jonsson) inseguire il sogno di diventare ballerina. Lasciato all’altare il bel Massimilano (interpretato dall’italiano Giuseppe Maggio, il Claudio Fiorenzi di “Baby”), María dagli occhi pieni di speranza vola ancora vestita in abito da sposa Valentino dall’eterna Roma alla sua Madrid. Sembra persa, ma l’istinto la guida sulla strada giusta. Incappa nella solare Amparo (Verónica Echegui), che diventa la sua migliore amica ed il suo angelo custode, e nel bel Pablo (Fernando Guallar), ragazzo accondiscendente e conformista, cresciuto sotto le strette regole di suo padre, Celedonio (Pedro Casablanc), che è a salvaguardia della decenza dei contenuti trasmessi in tv. Da questi due incontri, María veleggia in un mare spumeggiante di stelle e lustrini, dove la diva della tv Rosa (Natalia Millán) diventerà il suo mentore, il regista Chimo (Fernando Tejero) le tesserà una rete in cui è meglio avere sempre la guardia alta ed il cameraman Lucas (Fran Morcillo) deciderà di uscire con la sua amica Amparo per salvare le apparenze dalla sua omosessualità. La rigida censura degli anni ’70 che vigeva in Spagna fa emergere, per contrasto, tantissimo la voglia di leggerezza e di un mondo dipinto a pastelli.

Peccato, però, che in questo film i dialoghi lascino tanto a desiderare, a volte sono quasi puerili. Davvero un colpo per un’opera che voleva essere scanzonata e leggera, perché lo spessore, anche nell’opera più allegra che ci sia, non deve mancare mai ed i dialoghi, anche in un racconto che vive soprattutto di immagini, coreografie e canzoni, sono importantissimi per la credibilità dei personaggi. La coproduzione italo-spagnola Indigo Film con Rai Cinema e Tornasol avrebbe dovuto spingere di più, pretendere più rigore, a maggior ragione se con questo film vuole dar voce al “coraggio di essere se stessi” e alla “libertà d’espressione”.

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