Ermal Meta: “Non è che mi aspetto di andare a Sanremo e fare di nuovo una scorpacciata”
“Ho una voglia immensa di portare questo album dal vivo. Di solito io scrivo immaginando di stare sul palco e suonare. Gran parte delle persone che vanno ai concerti in Italia vanno a cantare e questa volta mi sono messo nei panni di chi va ai miei concerti. Ho una voglia di suonare dal vivo davvero immensa. Questo disco è una commistione di cose diverse: una parte più classica, altre volte ho spinto di più, vado verso direzioni diverse, non sono rimasto all’interno di un genere perché la musica è bella sempre. Sperimento suoni nuovi e differenti“, così in conferenza stampa streaming Ermal Meta, cantautore, compositore e polistrumentista albanese naturalizzato italiano classe 1981, parlando del suo nuovo album di inediti “Tribù Urbana” (pubblicato su etichetta Mescal e distribuito da Sony Music), in uscita venerdì 12 marzo, contenente 11 brani inediti, tra cui il singolo attualmente in radio, “No Satisfaction”, e “Un milione di cose da dirti”, brano in gara al 71° Festival di Sanremo. Ermal torna sul palco dell’Ariston dopo aver trionfato nel 2018 con il brano “Non mi avete fatto niente”, cantato insieme a Fabrizio Moro e presentato anche all’Eurovision Song Contest a Lisbona. L’anno precedente era già salito sul podio (terzo posto) del Festival con il brano “Vietato Morire”, vincendo il Premio della Critica Mia Martini e il Premio per la miglior cover (per la sua interpretazione di “Amara Terra Mia”). “Non è che mi aspetto di andare a fare di nuovo una scorpacciata, vincendo di nuovo. Io vado lì perché in questo momento è l’unico palco su cui poter salire e far ascoltare una canzone che fa parte di un bouquet che è un disco“. “Un milione di cose da dirti” (testo di Ermal Meta, musica di Ermal Meta e Roberto Cardelli) è una ballad, una “semplicissima canzone d’amore verticale con un finale aperto“, dal sound essenziale, con pochi accordi per raccontare qualcosa di personale ma capace di risuonare anche a livello universale. A dirigere l’orchestra del Festival di Sanremo per Ermal Meta è il Maestro Diego Calvetti. Nella serata delle cover di giovedì 4 marzo, Ermal, accompagnato sul palco dalla Napoli Mandolin Orchestra, interpreterà “Caruso”, celebre brano del 1986 di Lucio Dalla. “Non avevo fatto il calcolo delle date, mi è stato riportato all’attenzione dalla mia fidanzata la coincidenza della serata con ‘4 marzo 1943’. Di Lucio Dalla ho scelto la canzone che tutti mi hanno sconsigliato di fare. Sono fatto così, andare contro quello che può essere un consiglio anche saggio perché preferisco misurarmi con i miei limiti. Magari sbaglierò, però mi ci voglio misurare con questa canzone, non con Lucio Dalla con cui nessuno si può misurare. Questa è come una punizione al 93esimo. Mi sento un mediano e tifo Napoli“.
“Tribù Urbana” arriva a tre anni di distanza dall’ultimo album in studio, “Non abbiamo armi”. “Il titolo ‘Tribù urbana’ mi è venuto in mente alla fine dell’ascolto delle canzoni. Da sempre gli esseri umani tendono a stare vicini. La tribù è l’anima che unisce le persone tra loro diverse. Il pianeta si può salvare solo attraverso un effetto domino della gentilezza delle persone. Ho lasciato la mia terra a 13 anni ma non sapevo cosa mi aspettava, ma sapevo che per un bene più grande dovevo andare via“. Le canzoni del nuovo disco sono dolci e amare nel sound e nel contenuto. La tracklist comprende: “Uno”, “Stelle cadenti”, “Un milione di cose da dirti”, “Il destino universale”, “Nina e Sara”, “No Satisfaction”, “Non bastano le mani”, “Un altro sole”, “Gli invisibili”, “Vita da fenomeni”, “Un po’ di pace”. In particolare, il brano “Invisibili” colpisce per gli “ultimi”: “Ho immaginato un esercito di invisibili perché ognuno di noi almeno una volta lo è stato e da invisibili siamo diventati supereroi. A me è successo per tantissimi anni di sentirmi invisibile. È stato anche questo che mi ha spinto a mettermi in proprio dal punto di vista musicale (Eraml Meta precedentemente è stato componente dei gruppi Ameba 4 e La Fame di Camilla, ndr). Tra l’altro, nel momento in cui ho cominciato a fare l’autore e scrivere canzoni per gli altri, mi faceva strano vedere tante interviste di miei colleghi in cui raccontavano come era nata una determinata canzone, quando in realtà l’avevo scritta io. Mi faceva soffrire, mi faceva sentire parecchio invisibile e ad un certo punto ho detto basta, voglio cantare le mie canzoni“.