Il necessario cambiamento di marcia per le aziende italiane: istruzioni per l’uso
Osare e innovare sembrano gli ingredienti sicuri per planare sul mercato in maniera sicura per un’azienda italiana. La ricetta è racchiusa nel libro “Gestire il business fluido. Esperienze di management per prosperare nell’epoca dell’incertezza” (Hoepli Editore) firmato dagli esperti Michele Bruno, Pietro Butté, Gabriele Galeani, Vincenzo Natile e Guido Tarizzo, che ne hanno parlato in un incontro in streaming moderato da Eleonora Chioda, direttore responsabile di Millionaire. In un linguaggio colloquiale, il saggio dimostra che l’imprenditore non è mai solo, perché il problema che si trova ad affrontare è già stato di un altro che lo ha risolto con successo prima di lui. Con una serie di valutazioni, analisi e case history, il libro si fa cassetta degli attrezzi e relativo manuale di istruzioni per veleggiare in un mercato che cambia di continuo e che oggi subisce anche gli effetti della pandemia. “È la sintesi di un lungo lavoro iniziato nel 2014, chiedendo alla nostra community quali fossero le priorità di business negli imminenti anni futuri – spiega Michele Bruno -. La ricerca è stata fatta più volte e aggiornata con l’apporto di manager, imprenditori e investitori. Un lavoro che è stato concepito prima del Covid, ma che è tuttora e, a maggior ragione, ancora valido”. C’è un metodo per crescere? “Ce ne sono tanti su cui puntare gli sforzi – osserva Bruno -, l’importante è saper scegliere la strategia”.
CRESCITA INTERNAZIONALE – “Per una crescita internazionale di un’azienda italiana, il mercato di riferimento è l’Europa – sostiene Gabriele Galeani -. La media impresa deve capire che in Europa c’è opportunità per tutti. Bisogna aprirsi culturalmente. L’Italia ha vere eccellenze di prodotto, dall’automotive al fashion, ma bisogna allargare il proprio orizzonte, partendo da quello più vicino”.
CREATIVITÀ – Fare leva sull’innovazione è importante, ma “questa non è un momento creativo unico di una mente illuminata. È un processo che deve essere costruito, organizzato, gestito, permanente – afferma Vincenzo Natile -. Non dobbiamo affidarci al guru illuminato. Di Steve Jobs quanti ne nascono? Bisogna lavorare alla formalizzazione di un processo innovativo. Si punta sempre all’eccellenza operativa e all’efficienza perché sono premianti, e non si prendendo rischi. Però, così facendo, si scompare come è accaduto a Nokia e Motorola. È importante, invece, stare a passo coi tempi. Non innovare vuol dire morire. L’innovazione è un must per sopravvivere. Non bisogna mai accontentarsi di quello che c’è, bisogna guardare sempre avanti”.
FOCALIZZAZIONE – In un mercato dove la velocità ha la sua forte incidenza, “bisogna avere entusiasmo, non distogliendo l’attenzione dal proprio obiettivo con divagazioni soprattutto in ambito finanziario – avverte Guido Tarizzo -. Bisogna utilizzare questo libro come specchio, guardando come si è rispetto ai casi presentati. L’imprenditore solo al comando di un’azienda di piccole dimensioni è un modello che limita la crescita. Di per sé, poi, non è il cambio generazionale che risolve un problema aziendale, ma un’articolazione diversa. L’errore clamoroso, poi, è sostituire chi è al vertice con qualcuno di simile profilo”. “A volte – dice Pietro Butté – è anche necessario cedere l’azienda, ma solo a chi la porti ad un livello successivo in una continuità lavorativa”.
PROGETTI – “Il cambiamento si porta avanti con i progetti – sottolinea Pietro Butté -. Tantissime sono le difficoltà, ma nulla è impossibile”.
LA SUPERLEGA – La risposta alla crisi economica attuale data dai club di calcio tra i più in vista in Europa (in Italia comprende Juventus, Inter e Milan) è in linea con l’indirizzo economico da voi delineato? “Il fatto che un gruppo di imprenditori faccia rete è da premiare – risponde Michele Bruno -. Società concorrenti che perseguono un interesse comune nel cercare di fare qualcosa di nuovo, andando contro lo status quo, è positivo. Ciò è benaugurale nella logica di avere coraggio e prendersi dei rischi, anche se l’opinione pubblica e la stampa sono contrari e stanno piovendo loro addosso tanti commenti negativi. Di sicuro, il calcio è democratico e si troverà una soluzione all’interno della Superlega per premiare anche le squadre più piccole”. “Il profitto non è mai l’unico obiettivo da tener presente – sottolinea Gabriele Galeani -, è importante anche quello sociale. Un cambiamento non ha vero riscontro se fatto solo nella logica del puro profitto. Tantissimi imprenditori decretano la morte della propria azienda utilizzandola come bancomat. Solo nell’ottica più allargata di sviluppo sociale una buona innovazione è tale e ha senso”.