Esdra, l’arte come finestra di respiro universale
Esdra è un nome molto particolare. Era della tua nonna? “No, in realtà questo nome l’ha scelto mia madre. Noi siamo tre fratelli ed abbiamo tutti e tre dei nomi inusuali. È stata mia madre che ha voluto seguire questa linea dei nomi particolari. Per me ha scelto Esdra, in maniera totalmente autonoma, non è collegato a nessun parente della mia famiglia. È un nome ebraico, tecnicamente è maschile, sarebbe di Esdra il profeta. Quindi, oltre ad essere particolare perché non è molto comune, comunque non in Italia, c’è anche questa particolarità che è un po’ come Andrea che è un nome maschile ma è utilizzato sia per le ragazze che per i ragazzi“. È l’eclettica, empatica ed altruista cantautrice Esdra Sciortino, in arte Esdra. Nata a Palermo, ha compiuto 20 anni lo scorso gennaio. In questo momento è in radio il suo brano “Pianta e uragano” (800A Records).
Ami esprimerti in musica, illustrazioni, foto e video: cos’è per te l’arte?
“Sicuramente è assolutamente un canale di espressione, appunto, quindi è un po’ uno strumento che utilizzo per sfogare, esprimere tutto quello che è la mia interiorità, tutto quello che succede nel mio mondo emotivo, anche mentale. Per esempio, nel periodo del lockdown per me è stato fondamentale avere a disposizione intanto gli strumenti per suonare, perché all’inizio quando è scoppiata la pandemia io mi trovavo all’estero, quindi, non ero a casa mia e non avevo il pianoforte, la chitarra. Quindi sono tornata a Palermo proprio perché sentivo la necessità di stare vicino alla mia famiglia, ma anche di ritrovarmi nella mia comfort zone, nel mio angolo di mondo privato. Quindi sicuramente durante il lockdown è stato fondamentale avere gli strumenti, ma anche carta e penna per scrivere, disegnare, fare acquerelli. Nel momento in cui tutto il mondo era fermo e noi eravamo chiusi a casa, per me l’unica finestra di respiro e di sfogo era appunto l’arte che fosse grafica o che fosse musicale. Tra l’altro, io ho anche fatto gli studi artistici al liceo, quindi per me è veramente un punto fisso nella vita“.
La musica che posto occupa nella tua vita?
“Ha un ruolo centrale. Io ho scoperto solo dopo un po’ che ho iniziato a fare musica che poteva essere effettivamente la mia strada, la mia sfera, il mio elemento. Io ho cominciato a dieci anni a suonare pianoforte. All’inizio avevo un approccio molto infantile e non ho dato molta importanza alla capacità, alla possibilità di poter studiare uno strumento e poterlo suonare e quindi potersi esprimere attraverso quello. Quindi in realtà io solo circa cinque anni dopo avere cominciato a suonare mi sono resa conto del fatto che effettivamente quello poteva diventare uno strumento enorme di espressione. Devo dire che da allora in poi è stato fondamentale perché ho sempre scritto poesie, diari e nel momento in cui ho unito la musica alla scrittura distaccata, biografica, in quel momento ho trovato il perfetto equilibrio tra un qualcosa che mi facesse sfogare e un qualcosa che riuscisse a soddisfare anche la mia voglia di bellezza e armonia e soprattutto, una cosa per me bellissima, l’importante del fare musica è il poter comunicare le stesse cose a qualcun’altro e nel momento in cui poi il messaggio arriva a qualcun’altro viene anche reinterpretato, quindi questa è una cosa bellissima che apprezzo moltissimo nel fatto di fare musica, il potersi connettere con altre persone“.
Cosa ti ha spinto ad un anno sabbatico in Ungheria come volontaria?
“Io sono una persona che viene definita eclettica, ossia mi piace fare tantissime cose, ho tantissimi hobby, tantissime passioni. Mi annoio facilmente. Mi piace cambiare. Quindi, quando ero al liceo, ho cominciato a fare dei viaggi, degli scambi culturali con un centro sociale, quindi progetti finanziati con i fondi europei. Siccome a 17, 18 anni non mi sentivo nella condizione di poter scegliere qualcosa di impegnativo come l’università, ho detto ok, qui al liceo ho fatto queste brevi esperienze di una settimana, dieci giorni, così dopo il liceo mi prendo un periodo per staccare un po’ la spina da questa realtà così schematizzata con le sue tabelle di marcia e provo a fare completamente un’altra attività, a cambiare un po’ aria’. Al che la cosa che mi è venuta più spontanea è stata proprio quella di andare all’estero, perché dopo i viaggi che avevo fatto, mi piaceva molto l’idea di vivere da sola o comunque con delle coinquiline e quindi cambiare città, cambiare lingua, io ho una passione per le lingue anche“.
Quante lingue parli?
“Ovviamente l’italiano; il siciliano che io riconosco come una lingua a sé anche se ufficialmente è un dialetto; poi inglese a livello B2 circa; poi ungherese perché stando in Ungheria ho imparato anche l’ungherese, lì sono un livello A2 avanzato; poi parlo un pochino di spagnolo, mi arrangio diciamo; idem francese. Sicuramente ho una predisposizione per le lingue. Io per esempio sono andata due volte in Turchia e allora lì mi sono messa a studiare turco. Poi ho conosciuto degli amici polacchi e mi sono messa a studiare polacco. Quindi è proprio una curiosità irrefrenabile questa per le lingue“.
E dall’esperienza in Ungheria cosa ti sei portata?
“L’esperienza in Ungheria è stata molto, molto importante per me, perché comunque c’è stato uno scatto di crescita tangibile, proprio perché passavo da un contesto liceale, scolastico a una vita autonoma, indipendente e quindi già semplicemente il fatto di dovermi occupare di tutte quelle cose che sono degli adulti, è stato abbastanza impattante. Poi ovviamente lì ho anche lavorato come volontaria, perché sin da ragazzina, a 16 anni, ho cominciato a fare volontariato anche con Save The Children, con il centro Tau di Palermo, con bambini, comunque in contesti difficili e quindi poi lì in Ungheria ho un po’ replicato la stessa esperienza fatta a Palermo. Però ovviamente il contesto era un po’ diverso e lì è stato molto bello perché ho conosciuto tante persone, tante persone molto diverse da me, persone che addirittura neanche parlavano inglese, quindi comunque in qualche modo mi dovevo adattare io a loro e cercare di comunicare io in ungherese con loro. E poi ho imparato tantissimo dai bambini, perché appunto lavoravo con adolescenti e bambini, ho imparato che veramente non esistono barriere, se si decide che non si vogliono mettere barriere tra le persone e se c’è la curiosità, la voglia, l’interesse di comunicare, di creare una connessione, si può fare sempre, in qualunque lingua, in qualunque contesto e con qualunque differenza di età, religione,etnia, etc“.
Al rientro a Palermo sei entrata a far parte del roster di 800A Records: com’è scattata la scintilla con questa etichetta?
“800A Records mi ha beccata in un momento strano in cui praticamente io ero tornata dall’Ungheria dopo sette mesi, ero rimasta a Palermo per tre mesi e poi stavo per ripartire per l’Ungheria per due mesi, cosa che poi appunto ho fatto per completare quell’esperienza. Quindi in realtà ci siamo conosciuti con Fabio Rizzo nello specifico che è appunto il produttore di 800A Records e ci siamo incontrati praticamente quattro giorni prima che io ripartissi per l’Ungheria. Fu un po’ un colpo di fortuna perché io avevo fatto un video con dei ragazzi che collaborano con lui che conoscevo tramite social network, queste cose un po’ da generazione zeta, ci si conosce online e poi ci si vede, etc. Quindi io avevo fatto un video con loro, loro avevano chiesto aiuto a Fabio, poi io e Fabio per questo motivo ci siamo incontrati. Al che siccome io avevo questo obiettivo ormai nella vita, avevo detto basta io non so come, non so perché, non so quando, ma devo riuscire a fare musica. Tra l’altro io avevo già visto 800A Records, avevo preso informazioni, etc., quindi avevo chiarissimo chi avessi davanti e cosa facesse, etc. Al che quattro giorni dalla mia partenza parte due, dissi a Fabio ‘va bene, quando torno a settembre facciamo qualcos’altro insieme e ci risentiamo, etc.’ e lui mi è sembrato abbastanza contento di questa cosa. Quindi poi appunto mentre ero in Ungheria ci siamo tenuti in contatto e poi, una volta tornata a Palermo, per come c’eravamo lasciati due mesi prima, abbiamo ripreso un po’ il filone del discorso che avevamo lasciato in sospeso e così è nata questa collaborazione che poi adesso è più di una collaborazione. Io sono in etichetta con 800A Records. I miei singoli, le mie canzoni, il mio album usciranno con 800A Records, quindi è diventata casa, famiglia, la mia realtà qua a Palermo“.
Sei appena uscita con “Pianta e uragano” sull’incontro con la propria anima gemella in un viaggio attraverso lo spazio e il tempo: s’ispira ad una storia autobiografica?
“Sì, è ampiamente autobiografica. Nel periodo in cui io sono tornata per l’estate quei due mesi in Ungheria, è successo che ho incontrato, e stiamo tuttora insieme, questa persona specialissima che da subito ho riconosciuto e inquadrato come mia anima gemella, perché appunto il sentimento era così forte e così travolgente da renderci entrambi conto del fatto che una cosa così non fosse mai successa prima. Praticamente dopo due incontri è scattata questa cosa assurda e abbiamo detto è veramente incredibile come ci sembri di conoscerci non da sempre ma di più, cioè addirittura da altre vite. Quindi poi un giorno, io ero là in Ungheria, ero immersa nei miei pensieri, mi viene questa frase ‘noi ci amavamo già ai tempi del colera’ che è l’incipit della canzone, poi da lì ho preso la chitarra, ho cominciato a suonare, ho trovato gli accordi giusti e poi là è stato tutto un flusso di scrittura spassionato ed è nata così la canzone come la potete sentire oggi, cioè non è cambiato niente, non è stata cambiata neanche una parola da allora“.
Quando lui ha ascoltato per la prima volta la canzone, che cosa ha detto?
“Era molto emozionato, anch’io ero molto, molto emozionata. È stato strano per entrambi il fatto che ci fosse questa canzone nell’aria, perché appunto c’eravamo conosciuti da poco, era stato tutto così veloce, tutto così fuori dal normale. Quindi eravamo entrambi in estasi, io ero completamente fuori come un balcone, perché ovviamente ero felicissima di essere riuscita ad esprimere in questo modo le mie emozioni ed ero molto felice di averlo fatto proprio per lui, perché ci tenevo tantissimo, e lui invece era senza parole perché non gli era mai successo che qualcuno scrivesse una canzone per lui in questo modo e quindi ovviamente anche da lui c’è stato un impatto importante da questo punto di vista. È stata una cosa bellissima, infatti tuttora comunque ogni volta che l’ascoltiamo siamo là con gli occhi a cuoricino: ‘qua c’è la nostra storia proprio messa nero su bianco, tieni te la regalo, è nostra’“.
Questo brano con la vostra storia anticipa l’album che uscirà l’anno prossimo: come stai procedendo alla preparazione del disco d’esordio?
“L’album sarà anticipato da qualche singolo ed uscirà ad inizio 2022. Quello che ci aspettiamo da questo album è che sia comunque un qualcosa che riesca a legare, a connettere, a parlare a chiunque. Di nuovo, lo stesso concetto che ti dicevo prima del connettere chiunque di qualunque età, classe sociale, epoca, etc., perché io cerco, ma in realtà mi viene anche naturale, di usare un linguaggio che possa essere comprensibile per tutti e con cui tutti possano riuscire ad empatizzare e in cui tutti possano ritrovarsi. Quindi, diciamo che appunto l’album vorrebbe essere questo alla fine, una sorta di contenitore di esperienze, sentimenti e vissuti universali comuni a tutti, in modo tale che poi all’ascolto possa risultare appunto un album molto umano e poco incentrato sul singolo artista che scrive, ma qualcosa che sia veramente di tutti“.
Covid permettendo, hai in progetto dei live per quest’estate?
“Sì, ci sono in progetto dei live. Spero che tutto resti com’è adesso, anzi vada a migliorare. Ci sono delle date quest’estate in Sicilia, presenteremo alcuni brani, anticipando l’album. Speriamo che si possa creare anche una community, un fan base su questo progetto e vediamo come va. Io spero che comunque tutti possano tornare a suonare, a fare mostre, viaggi, insomma a vivere la vita più normalmente possibile“.
Tra la chitarra e il pianoforte qual è lo strumento tuo fedele amico?
“Forse in questo momento preciso la chitarra, ma semplicemente perché per tanti anni ho invece usato solo il pianoforte e di conseguenza adesso che mi sto approcciando di più alla chitarra ovviamente c’è questo elemento della scoperta, della novità che mi spingono molto di più a sperimentare e fare qualcosina in più. Però se dovessi dire una cosa molto più generica direi probabilmente il pianoforte, perché quello è un legame veramente viscerale che non si basa sulla novità e sulla curiosità, ma si basa su un vero rapporto, quasi umano, perché anche col pianoforte alti e bassi, momenti in cui l’ho amato, momenti in cui l’ho odiato, quindi lo sento veramente vicino a me come se fosse un amico, un amante, un confidente o quella parte di me che io non sono, non vivo e la vivo attraverso il pianoforte. Quindi diciamo in generale il pianoforte, in questo preciso momento la chitarra“.
Dulcis in fundo, mi lasci con una strofa tra le tue poesie o le tue canzoni a cui sei particolarmente legata o in cui ti rispecchi di più, qualcosa di magico come sei tu…
“C’è una strofa, una frase a cui sono molto, molto legata di una canzone che ho scritto per la mia migliore amica e che farà parte dell’album in uscita nel 2022 che dice: ‘tu che mi raccogli sempre come fossi un fiore, tu che mi ripari come farebbe un sarto o un tetto‘”.