Nino Capobianco e Fragneto Monforte, un connubio di memoria e dedizione
Evidenzia la frase del politico francese Jean Jaurès “La tradizione non è conservare le ceneri, ma tenere alta e viva la fiamma!” il cultore delle tradizioni popolari e psicologo Nino Capobianco che incarna appieno questo motto dando alle stampe la monografia esaustiva sul suo paese natìo intitolata “Storia e tradizioni popolari a Fragneto Monforte” (edizioni Book Sprint). Quale alfiere da sempre della cultura di questo variopinto paese in provincia di Benevento – dedicandosi di volta in volta alla Biblioteca comunale, alla Proloco e al Museo civico delle Arti e tradizioni popolari -, Capobianco ha avuto l’intraprendenza di raccogliere informazioni storiche con dovizia di particolari, dando nota diffusa anche della cultura popolare ricca di detti, proverbi e produzione teatrale, con approfondimenti della lingua locale accompagnati da un piccolo dizionario e da una breve grammatica. Chi è di Fragneto Monforte troverà in questo libro un ricordo personale; chi ha qui le sue radici vedrà specchiare parte del proprio bagaglio formativo; chi ha visitato anche una sola volta questo paese, che ha nel tiglio il suo testimone secolare e il raduno delle mongolfiere come manifestazione di grande richiamo turistico, scoprirà particolari sfuggiti alla visita; chi non c’è mai stato o non ne ha mai sentito parlare troverà spunti appassionanti per recarvisi.
Chi scrive fa parte della seconda categoria: ha qui le sue radici. Così si trova tra le mani la copia con dedica dell’autore al padre con il ricordo del nonno: “Al caro Italo Petrucci, eminente storico locale, anche in memoria di suo padre Pasquale Petrucci da sempre a me caro…”. A pagina 55 c’è la foto del nonno sarto al banco di lavoro che viene citato per aver riprodotto l’antico primo abito tradizionale del gruppo folk La Takkarata, ma che viene ricordato anche come memoria storica di Fragneto Monforte: lui, classe 1910, scrisse, tra l’altro, il saggio “Il Teatro Popolare a Fragneto Monforte” pubblicato nel 1988. In bibliografia viene menzionato anche il libro di Italo Petrucci, “Fragneto Monforte, la sua storia fino ai giorni nostri”, edito nel 2012. Su questa scia il libro “Storia e tradizioni popolari a Fragneto Monforte” si trasforma in una ridda di emozioni: ci sono versi in vernacolo che fanno parte della propria infanzia, come “Karnuàl’ karnualìcch’, dàmm’ nu pòku d’ sàusìcch’ e ssi nu mm’ la vuò dà kà s’pozza ‘nfranc’ dà…” (pagina 153), e tante foto evocative, come quella della mamma di Nino Capobianco, Rosaria (pagina 345), che davanti al camino prepara “gliu Kacch’r” (pizza di granturco cotta sotto la brace e cenere), facendo venire in mente la nonna Teresa che era la regina di un altro piatto tradizionale fragnetano, i “cikatiégli” (cavatelli). Chi scrive fa parte della seconda categoria e non può che farsi grata custode di questo libro prezioso.
Ma, al di là dei ricordi personali, sfogliando e leggendo le pagine scritte da Nino Capobianco, si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad una summa di Fragneto Monforte, un’importante testimonianza del cammino secolare di una comunità le cui origini si perdono nella leggenda, di cui è prova il busto di “Gnito” (sembra sia un guerriero longobardo), e della sua attività odierna che si muove nel segno di quel “risveglio culturale” di cui l’attuale sindaco di Fragneto Monforte, Luigi Facchino, si sta facendo promotore. Il libro “Storia e tradizioni popolari a Fragneto Monforte” fa parte di un viaggio che continuerà nel solco di un orgoglioso passato dalla “solenne e pacata serenità” più volte richiamata nelle tele del compianto pittore fragnetano Pompeo Vorrasi (come lui stesso scrisse presentando la copertina del libro “Vivevamo così” di don Nicola Santillo, parroco di Fragneto Monforte negli anni Novanta).