Il domani in viaggio dei Fast Animals and Slow Kids
L’album s’intitola “È già domani”, una delle canzoni “È già domani ora”: che significato ha questa scelta? “Volevamo collegare un po’ tutto il disco. A noi piace pensare ai dischi in una forma un po’ retro. Pensiamo al disco come ad un unicum, un percorso che inizia e finisce da qualche parte, come se ci fosse un’introduzione ed una conclusione ad un viaggio. Il percorso tra le due canzoni, ‘È già domani’ ed ‘È già domani ora’, l’abbiamo riportato anche nel titolo del disco. L’album ‘È già domani’ parla principalmente di quello che siamo adesso con la proiezione di noi stessi in un futuro: da qui a dieci minuti, da qui a due anni, qualcosa che saremo, che diventeremo a breve. Quindi è un disco che è anche un po’ speranzoso, perché guarda al domani e guarda a noi stessi un pochino migliorati sicuramente; ma, d’altra parte, la cosa porta con sé pure che questa proiezione continua si fa anche un po’ stressante, perché giornalmente siamo proiettati in qualcosa che saremo senza riuscire a goderci l’istante. ‘È già domani’ è questo slancio verso il futuro, verso quello che accadrà, ed ‘È già domani ora’ è quando questo futuro è importante riuscire a recuperarlo adesso”. Sarà disponibile dal 17 settembre “È già domani”, il nuovo album dei Fast Animals and Slow Kids (pubblicato da Woodworm in licenza esclusiva per Believe). Oltre a “Come un animale”, “Cosa ci direbbe” featuring Willie Peyote e “Senza Deluderti”, il disco contiene il nuovo singolo “Stupida canzone”, disponibile, sempre da venerdì 17 settembre, per la programmazione radiofonica. L’album è stato prodotto da Matteo Cantaluppi e i Fask (l’acronimo utilizzato dai fan), registrato da Cantaluppi e Ivan Antonio Rossi (che ha curato anche il missaggio) e masterizzato da Giovanni Versari. Tutti i 12 brani sono stati scritti e composti dai Fast Animals and Slow Kids che si sono avvalsi della collaborazione di Lodo Guenzi per il testo di “Come un animale”, oltre che del già citato Willie Peyote che firma la sua parte in “Cosa ci direbbe”. Questa la tracklist completa: “È Già Domani”, “Stupida Canzone”, “Cosa ci direbbe”, “Lago ad alta quota”, “Fratello mio”, “Senza Deluderti”, “Come un animale”, “Rave”, “Un posto nel mondo”, “In vendita”, “Portami con te”, “È già domani ora”.
Fask, questa riflessione sul domani è frutto del periodo Covid o era già dentro di voi?
“Io credo che già fosse in parte dentro di noi. Alcune canzoni sono state scritte anche un pochino prima dell’arrivo del Covid, semplicemente dopo abbiamo manifestato il guardare avanti in un altro modo. Ci siamo concentrati più in noi stessi, in alcune canzoni infatti diventa molto intimo e molto personale. Lo sguardo era anche un pochino più ampio, cioè era rivolto non solo a noi, ma a noi all’interno di una società. Questa parte è forse derivata più dal periodo Covid. Diciamo che si è accentuato questo aspetto perché mai come in questo periodo si è guardato verso il futuro sperando sia migliore di adesso, quindi sicuramente il Covid ha influito”.
“Un posto nel mondo” è dedicata a qualcuno in particolare?
“Probabilmente ognuno di noi ha qualcuno a cui dedicare questa canzone, però ci piace rimanere sempre un po’ sul vago e non dare degli elementi specifici, perché il bello è che ognuno faccia propria la canzone e trovi la persona che ha a cuore”.
In “Rave” cantate “Ai più grandi poeti, alle loro parole”: quali autori hanno segnato la vostra formazione umana?
“Umana? Ce ne sono tanti. Guardando all’ambito musicale, uno che ci accomuna un po’ tutti probabilmente è Bruce Springsteen, del quale siamo fan tutti, oltre a un po’ di band, come gli Smiths, che ci hanno illuminato il percorso”.
La parola “sogni” compare in “Stupida canzone” (“Non ho sogni, non produco”), “Un posto nel mondo” (“Se pensi che sia il vento a trasportare i sogni”) e “In vendita” (“Prova se vuoi a realizzare i sogni dei tuoi genitori”): che valore hanno per voi i sogni?
“Noi facciamo i musicisti, quindi per noi i sogni hanno tutto il valore del mondo, perché noi ai sogni abbiamo dato in pasto la nostra stessa esistenza. Tra tutte le possibili carriere nella vita sicuramente quella del musicista è una delle più aleatorie, nel senso che ora va e ora non c’è. Per noi i sogni sono centrali, viviamo sulla scia di emozioni, di sogni, di idee che proiettiamo in avanti. Il sogno è legato al discorso di prima del vedersi nel futuro. Nei sogni cerchi qualcosa di migliorativo. Ti immagini e ti sogni migliore di come sei. Da questo punto di vista siamo persone che sognano ad occhi aperti e alcuni di questi sogni si sono anche avverati. Attualmente sta uscendo il nostro nuovo disco e stiamo facendo musica da dieci anni, diamo grande spazio a quello che è il nostro slancio immaginario”.
Guardando in avanti c’è il tour del 2022 e poi?
“Adesso c’è l’uscita del disco il 17 settembre, poi c’è il mini-store, dopodiché c’è il tour del 2022 e speriamo ci sia un altro tour anche estivo. L’idea è di suonare tanto nel momento in cui potremo di nuovo suonare di fronte a tanta gente”.
Il vostro slogan per invitare i fan a venirvi ad ascoltare live?
“Ce n’è forse uno che è sempre lo stesso da sempre ‘Salve a tutti noi siamo i Fast Animals and Slow Kids e veniamo da Perugia’, lo diciamo sempre, anche all’inizio e alla fine dei concerti: a questo potremmo aggiungere ‘venite ai concerti’ o ‘ci vediamo ai concerti’”.
La collaborazione con Lodo Guenzi è venuta spontanea e naturale come quella con Willie Peyote?
“Identica, anche Lodo è un amico di vecchia data. Ci siamo conosciuti in tempi non sospetti dove sia ai nostri che ai loro concerti (Lodo suona ne ‘Lo Stato Sociale’, ndr) c’erano dieci persone in tutto. Ci conosciamo da tanto tempo e ci siamo ritrovati in questa casa che abitiamo quando veniamo su a Milano. Prendevamo un caffè sul balcone e stavamo parlando di un testo. Ci siamo messi a scrivere un po’ di frasi in più. C’è stato uno slancio fisiologico come avviene con gli amici. Suonando da tanto tempo abbiamo creato dei rapporti che sono di amicizia tra colleghi. Quindi quando abbiamo parlato di collaborazioni, abbiamo detto: all’inizio facciamole con gli amici. E così è stato”.
A livello di sonorità il nuovo disco quale arricchimento apporta al vostro immediato passato?
“Un’evoluzione. Abbiamo capito che con ‘Animali notturni’ (il precedente album del 2019, ndr) potevamo muoverci su nuovi terreni sonori e abbiamo proprio aperto il ‘gas’. Abbiamo aggiunto tanta roba, perché abbiamo avuto anche più tempo per produrre il disco. Su ‘Fratello mio’, ad esempio, c’è un assolo di sax. Ci sono tutta una serie di elementi che abbiamo portato un pochino più all’estremo, cercando di spingerci rispetto a quelle che erano le sonorità del disco precedente. Abbiamo aggiunto innesti musicali. Poi, in questo disco c’è anche un aspetto testuale. Ci sono dei testi più aperti. Mentre precedentemente tendevano a chiudersi in se stessi, a raccontare una storia che si esauriva in una canzone, adesso alcuni finali restano sospesi: domande a cui non abbiamo risposta neanche noi. Questo è un cambiamento piuttosto radicale rispetto alla nostra produzione precedente”.
Al di là di quello che singolarmente è il vostro ruolo nella band, può dire ciascuno di voi la propria impronta, la propria cifra in cui più si riconosce in questo disco?
Aimone Romizi (voce, chitarra, percussioni): “Io, avendo scritto i testi, penso che più rappresentativi di questi ci sia poco, nel senso che nelle parole delle canzoni ricolleghi tanto del tuo vissuto, tutti i pensieri, i momenti… È come se ogni singola canzone mi riportasse ad un momento della mia vita personale”.
Alessio Mingoli (batteria, seconda voce): “La cosa in cui forse ho anche un po’ esagerato sono i cori, perché abbiamo avuto tanto tempo per lavorare ai pezzi che ho messo una serie di linee di cori in tutti i pezzi. Nei pezzi nuovi cominciamo a limitarci perché la cosa è andata un po’ oltre in questo album”. Nella band per questo Alessio è definito “il Beach Boys dei Fask”.
Alessandro Guercini (chitarre): “Mi ritrovo molto nei giri di accordi dei pezzi che cercano ad un certo punto di aprirsi melodicamente però magari lo fanno in maniera non così ampia veramente, come nel ritornello di ‘Stupida canzone’, ‘Rave’ o ‘Come un animale’. In questo mi ci ritrovo perché io sono una persona abbastanza timida e chiusa anche se a volte provo ad aprirmi. Rivedo un po’ questo aspetto della mia persona in questi pezzi”.
Jacopo Gigliotti (basso): “C’è una cosa di cui sono orgoglioso: dopo tanti anni sono riuscito a infilare un pezzo di contrabbasso in un pezzo, in particolare nella parte finale di ‘È già domani’”.
Aimone Romizi: “Alla fine ognuno di noi instaura con la singola traccia un legame che è sempre profondissimo”.
La copertina è bellissima, mi raccontate il dietro le quinte?
“Dura praticamente una mattina e un pomeriggio. È un quadro di un metro e mezzo per un metro e mezzo, una tela proprio dipinta dove noi ci siamo messi in posa per poterla realizzare. Siamo andati lì, ci siam seduti e siam rimasti lì per parecchio tempo, per poi alla fine sviluppare il resto. È interessante perché non è soltanto un progetto grafico, è qualcosa di concreto. Questa tela adesso noi ce l’abbiamo in sala prove, è un qualcosa che rimarrà a noi. Il senso è stato proprio questo: di riuscire a rendere concreto qualcosa che di parvenza è onirico, mentale, astratto come la musica. Quindi noi seduti su questa panchina e di fronte a noi un artista che è Alessandro Cardinali che ci dipingeva”.
Ne farete delle litografie numerate?
“Ha dimensioni davvero grandi per una cosa del genere. Per ora nel vinile deluxe abbiamo sviluppato da questa tela un progetto grafico: 12 tavole, una per ogni singolo pezzo, che dietro riporta una citazione del brano stesso”.