Lande vibrazionali sempre nuove con l’Electroclassic Festival
Qual è l’essenza dell’Electroclassic Festival? “Mettere in evidenza una tendenza molto attuale, che va ormai da un po’ di anni e che il pubblico conosce più che altro sui pianisti, che è quella dei musicisti che non rinunciano al loro strumento acustico tradizionale nel momento in cui decidono di entrare nel mondo dell’elettronica. Quindi, l’elettronica viene utilizzata, ma senza penalizzare la loro relazione con lo strumento acustico che hanno studiato per anni. Quindi, non so, un musicista ha fatto 9 anni di pianoforte, ha imparato ad utilizzare il pianoforte, quando poi utilizza l’elettronica non lascia la tastiera che tiene sempre sotto le sue mani. Così tanti altri musicisti – dai fisarmonicisti agli arpisti ai flautisti, a qualunque altro strumentista che può essersi magari diplomato al Conservatorio – che dopo anni e anni di studio (anche perché quasi mai riescono ad entrare in un’orchestra di musica classica dove ci sono sempre meno opportunità) si affacciano alla musica strumentale più pop, più popolare e a quel punto decidono di usare il loro strumento, ma innovando le sonorità e cercando di dare al loro strumento una firma più moderna. L’Electroclassic Festival vuole dare evidenza e rilievo a questo tipo di approccio che è anche molto, molto interessante per il pubblico, perché comprende che dietro quel concerto, quella esibizione del musicista, c’è qualcosa che riconosce: il rapporto tra il musicista e il suo strumento”. Piero Chianura, fondatore di BigBox Magazine e MusicEdu, racconta la rassegna musicale in cui l’elettronica incontra le sonorità degli strumenti tradizionali: dal 17 al 22 novembre a Milano – presso Fabbrica del Vapore, Mare Culturale Urbano e Canottieri San Cristoforo e in diretta streaming sui canali ufficiali del festival – ci sarà l’opportunità di ascoltare sonorità in continua evoluzione.
Piero Chianura, i 6 giorni come saranno declinati?
“Sono strutturati in tre sezioni differenti. Una è dedicata proprio a questi musicisti che faranno delle performance, dei concerti, non troppo lunghi perché poi noi andremo in streaming e vorremmo che lo streaming non sia troppo lungo, forse saranno una trentina di minuti di concerto. Un’altra sezione indaga sul rapporto tra musicista e suono, ma anche in una forma un po’ più di ricerca, nel senso che in qualche caso noi abbiamo dei ricercatori sul suono che non sono specificatamente dei musicisti, ma sono persone che hanno indagato sul potere del suono nei confronti della gente, degli ascoltatori e di chi anche fa musica. Quindi la sezione è più di ricerca, saranno degli incontri – anche con delle performance musicali – in cui si passa al pubblico la consapevolezza di cosa significhi ricevere delle vibrazioni, ascoltare musica, e i musicisti, dal canto loro, attraverso questa indagine, capiscono che cosa stanno dando al loro pubblico in termini vibrazionali. L’altra sezione è invece quella della Call For Electroclassic che è questa selezione di musicisti che stanno rispondendo adesso alla nostra chiamata (iscrizione entro e non oltre il 4 novembre, ndr) e due di loro si esibiranno all’interno del programma dell’Electroclassic Festival”.
Qual è il vostro candidato ideale in questa Call?
“È uno strumentista che apparentemente sembra stia suonando il suo strumento acustico ma che sotto si sente qualcosa di elettronica portando quel suono del suo strumento acustico in una direzione completamente nuova”.
Qual è la nota del festival che rispecchia in particolar modo Floraleda Sacchi, ideatrice e direttrice della manifestazione, e quale la sua?
“Floraleda Sacchi è la pratica di quello che stiamo facendo, perché lei è stata la prima arpista in assoluto a utilizzare l’elettronica in una maniera così consapevole, perché è un’artista internazionale che ha una grande passione e capacità di gestire l’elettronica e il mondo digitale. Quindi lei rappresenta concretamente quello che il festival vuole dire. Io, invece, essendo un giornalista da tanti anni, rappresento la visione evolutiva di questo festival, cioè come si è evoluta nel tempo la pratica musicale e come si è arrivati a questa situazione, a questa fotografia che il festival vuol rappresentare e, soprattutto, a questi musicisti acustici che indagano attraverso il loro strumento su nuovi territori passando per l’elettronica”.
L’Amadeus Arte, ideatrice dell’iniziativa, richiama alla mente il prossimo festival di Sanremo: vi aprirete una finestra su quel palco?
“Non ci abbiamo mai pensato. Io credo che non sia possibile perché le collaborazioni e le opportunità che nascono sul Festival di Sanremo fanno parte di una rete di contatti tra musicisti, case discografiche e organizzazione del festival di cui noi non facciamo parte. Stiamo parlando di un ambito, di una rete di contatti, di collegamento tra personaggi, persone e realtà del mondo della produzione musicale italiana in cui noi non siamo inseriti. Noi siamo in un altro tipo di mondo di riferimento. Però se Amadeus dicesse: perché non venite a parlarne? Direi: perché no?!”
La conferma di Beppe Sala a sindaco del Comune di Milano, che ha promosso la rassegna, vi fa ben sperare nel segno della continuità?
“Ne parlo personalmente, perché stiamo parlando di una figura politica e quindi in questo caso non necessariamente io e Flora potremmo avere la stessa idea, magari sì, magari no. Personalmente, ritengo che c’è continuità e ne siamo contenti, ma c’è da dire che questa continuità è anche con le persone che al di là del colore della Giunta lavorano sui progetti del Comune di Milano”.
Il suo augurio per questa terza edizione?
“Che si consolidi ulteriormente la posizione del festival e che si cementi così tanto che alla prossima edizione potremmo finalmente avere un pubblico numericamente consistente in presenza”.