“Takeaway”, il film che inghiotte le emozioni nella spirale del doping

È aspro “Takeaway” sulle aspirazioni e frustrazioni degli atleti, dentro e fuori la pista, attraverso il vortice del doping. Scritto e diretto da Renzo Carbonera (al suo secondo lungometraggio), presenta tre profili di vinti che cercano di risollevare le proprie sorti. C’è Maria (interpretata da Carlotta Antonelli), una marciatrice che vorrebbe conquistare gli onori del medagliere, tra l’incitamento del padre (Paolo Calabresi) e lo scetticismo della madre (Anna Ferruzzo). C’è Johnny (una delle ultime prove del compianto Libero De Rienzo, a cui la pellicola è dedicata), un preparatore atletico, inviso alla Federazione per l’uso di sostanze dopanti e che vuole aiutare nel suo sogno Maria, sua compagna di vita, molto più piccola di lui. E, poi, c’è Tom (che ha il volto di Primo Reggiani), che vorrebbe vendicarsi sul preparatore atletico che crede responsabile del suo fallimento sportivo e dei suoi problemi di salute. A rendere la storia più pungente ed acre la collocazione agli albori della crisi finanziaria del 2008, che rende tutti più incerti del domani. Il film, che si muove secondo i ritmi lenti della montagna, si fa piano, piano vortice e spirale che attanaglia e ingoia emozioni e battiti. Prodotto da 39 Films e Interzone Pictures, in collaborazione con Rai Cinema, “Takeaway” arriva al cinema il 20 gennaio distribuito da Fandango, dopo essere stato presentato ad Alice nella città, il festival cinematografico per le giovani generazioni. “Non c’è accusa al mondo dello sport, o alla sua spregiudicatezza, ma non c’è neanche assoluzione – scrive nelle note di regia Renzo Carbonera -. Non ci sono vittime e carnefici in questa storia, tutti sono un po’ entrambi, tutti accecati dal desiderio di emergere”.

You May Also Like

“Una terapia di gruppo” insegna a raccontare le proprie ferite col sorriso

L’urgenza della “grande” lezione di Enrico Berlinguer, attraverso lo sguardo di Segre e Germano

“Ciao Bambino”, poetica storia sul riscatto dalle miserie di periferia

“La gita scolastica”, lo sguardo anticonformista della regista Una Gunjak