Marquica: un misto di sensibilità, impegno e leggerezza
“Mi chiamo Sheila ho dieci anni, dovrei andare in quinta elementare… ma non lo posso fare. C’è chi ha scelto che non faccia bene… sapersi confrontare e chissà com’è che sarà, sporcarsi di fango e sudore e chissà com’è che sarà essere il gioco di un uomo più grande”: sono alcune parole dure tratte da “La Sposa Bambina” (Ghianda Records, distribuita da Artist First), il brano della cantautrice Marquica, al secolo Nicoletta Marchica, sulla storia di Sheila, una bambina di 10 anni che vive a Milano, salvata da un matrimonio combinato con uomo più grande. Una parte dei proventi della canzone, uscita lo scorso dicembre, è devoluta a Emergency a sostegno del Centro di Maternità di Anabah nella Valle del Panshir in Afghanistan, dove l’associazione umanitaria è presente dal 1999. “La Sposa Bambina”, prodotta e arrangiata da Giovanni Ghioldi (basso e chitarra) ed eseguita insieme ai musicisti Elia Micheletto (batteria) e Gianluca Guidetti (mix e master), è un invito a prendersi cura degli altri, una canzone pop dalle sonorità delicate e testo crudo e diretto, scritto dalla stessa Marquica.
Com’è stato accolto il suo brano ‘La sposa bambina’?
“Bene, nel senso che è una canzone molto emotiva, molto commovente, quindi ha preso la pancia e il cuore delle persone. Diciamo che è una canzone molto pop, quindi è arrivata in modo bello, in modo autentico, pur parlando di un tema molto delicato e in un momento storico che già di suo è delicato. Sono molto felice della risposta che ha avuto appena uscita e che sta avendo. Sono contenta del fatto che tantissime persone si siano molto commosse sentendo le parole, sentendo questa storia che è vera e che è successa a Milano. È una storia che non fa parte di un mondo che è lontano da noi. Questa è stata la chiave importante di questa canzone, perché è reale ed è successa di recente. Sapere che per fortuna ha anche un epilogo felice ha smosso molto gli animi delle persone”.
Hai avuto modo di conoscere Sheila?
“Purtroppo, non ho avuto modo. Ho provato a cercarla. Ho chiesto alla mia migliore amica, che è un’assistente sociale, e ho chiesto a delle persone che potevano darmi delle risposte, ma abbiamo saputo che, dopo che la madre ha salvato questa bambina ed ha messo fine al suo matrimonio staccandosi dal marito, perché è stato il padre ad organizzare le nozze combinate, avendolo denunciato ed essendo finito lui in carcere, loro due sono state messe in centri di accoglienza e, per la privacy, sono difficili da raggiungere”.
Quanto ha Sheila oggi?
“È cresciuta. Il fatto è successo nel 2018, adesso ne avrà 13, quest’anno ne farà 14”.
Qual è il passaggio della canzone “La sposa bambina” che ti emoziona di più cantare?
“Quando nella seconda strofa, dopo il primo ritornello dico: ‘So poco dell’amore, nonna dice che è normale, solo all’inizio fa un po’ male’. Ho immaginato questa bambina. Io ho prestato la mia voce a questa bambina, alla sua di voce. Mi sono immaginata questa piccolina reclusa in casa con la madre e ho immaginato un’ipotetica nonna un po’ come da noi, nel senso che nelle famiglie più italiane tu parli a tua nonna, fai delle domande e lei ti dà delle risposte che tu non riesci minimamente a capire a 10 anni, perché per una bambina l’amore è ancora un gioco a quell’età. La nuova generazione è molto più sveglia della mia, però l’amore è ancora una cosa molto romantica, principesca. Invece lei sapeva perfettamente che avrebbe dovuto sposarsi di lì a poco; quindi, immagino che sicuramente avesse delle domande più precise e invece la nonna, che fa parte del mondo adulto, le ha dato una risposta vaga e questa cosa è un po’ il senso della canzone: penso che non sia solo il raccontare la storia di quello che è successo, ma è anche il compito di noi adulti su cosa possiamo fare per non permettere che succedano più queste cose”.
Cosa ti ha mosso a realizzare questa canzone affrontando questa tematica?
“È stata proprio la storia, perché io l’ho letta su un giornale una mattina dopo aver portato i miei figli a scuola. Mi sono messa a piangere tantissimo in questo bar che, per fortuna, è di un mio amico e non mi hanno presa per pazza. Mi ha regalato il giornale che era diventato tutto bagnato come per lavare i vetri. Mi ha detto: ‘Senti Nico, vai a casa e scrivi una canzone perché quando ti emozioni così aspettiamo una canzone da te’. Ed è andata così, perché tra il bar e casa mia, che è un chilometro di distanza, ho scritto tutta la canzone; quindi, non è stata una cosa razionale di dire: ok adesso parlo delle spose bambine. È nata da una lettura e devo dire che le canzoni migliori, e non perché questa sia la migliore in assoluto che abbia scritto, però quando l’ispirazione arriva così in modo irrazionale è sempre molto puro seguirla, perché a volte noi cantautori ci alleniamo, nel senso che ogni giorno cerchiamo di scrivere, siamo sempre curiosi. Io leggo tantissimo, però a volte tu sei in giro e ti basta un dettaglio, una cosa, un colore per far uscire una melodia con un testo, nel mio caso succede spessissimo quando cammino o vado in bici. In questo caso è stato dopo questa lettura, quindi non è stata una roba decisa a tavolino, è proprio successa”.
Come ti sei è avvicinata a Emergency?
“Mi sono avvicinata a Emergency perché dopo aver scritto questa canzone ho pensato subito di volerla dedicare, donare ad un’associazione che si prendesse cura dei diritti umani e, comunque, di temi vicini. Emergency chiaramente è una delle più grandi onlus e si occupa di questo e, soprattutto, si occupa di diritto alla salute che per me è veramente un tema fondamentale. Mi dicono che io ho la fissa dei medici, ma non perché sono particolarmente ipocondriaca, ma perché in realtà mio padre ha sempre lavorato negli ospedali, quindi, per me aiutare le persone anche a livello medico è sempre stato un valore enorme; quindi, ho pensato di unire queste due cose. Per caso sono venuta in contatto con una ragazza che mi ha detto ‘ok ti piacerebbe lavorare su questo tipo di progetto’ e appena mi ha fatto vedere il Centro di Anabah nella Valle del Panshir, quello appunto a cui devolvo parte dei proventi della canzone, ho sentito una vicinanza proprio di pancia e ho detto sì, perché qui aiutano sia i bambini, perché è un centro medico chirurgico e pediatrico, sia le donne che oggettivamente sono in questo momento, e da sempre, una categoria purtroppo di umani che ci rimette molto di più del sesso forte, soprattutto in una zona abbandonata da tutto il mondo come l’Afghanistan, e non solo per quello che è successo questa estate, ma proprio perché il mondo ha deciso di abbandonarli un po’ a loro stessi, dimenticando che quelli che ci vanno di mezzo per lo più sono bambini sempre. Quindi, se si può dare una mano, perché no”.
Conosci la situazione oggi del Centro di Maternità di Anabah?
“In realtà, ci sono moltissimi corsi di formazione per le donne, per quello che riguarda la prevenzione, quello che riguarda i contraccettivi che in questo momento so che, pur avendo avuto quello che è successo quest’estate, loro stanno mandando avanti moltissimo, perché per fortuna Emergency è molto sostenuta. Non è che sia mai una passeggiata, perché stiamo parlando di un terreno di guerra, però loro stanno riuscendo a salvare un sacco di persone”.
Continuerai il tuo impegno in questa causa?
“Continuerò nel senso che questa canzone è dedicata a questo, detto ciò, dipende dal tipo di progetto che esporrò. Il prossimo ep che sto scrivendo non ha per ora a che fare con questa causa, ma sicuramente nella mia vita è successo già più volte di interessarmi sia di diritti umani che dell’altro tema fondamentale della mia carriera che è l’ambiente, il clima, tutto quello che riguarda quell’altro aspetto. Quindi non credo che continuerò a parlare di spose bambine a meno che non legga un’altra storia pazzesca, vediamo che cosa succederà”.
Vuoi anticipare qualcosa dei tuoi prossimi progetti?
“Sto scrivendo un musical sulle nanoplastiche. Fa troppo ridere perché lo sto scrivendo col mio ginecologo. Questo fa sorridere sempre tutti perché mi dicono: ‘ma veramente puoi scrivere anche col tuo ginecologo?’ Ma il mio ginecologo (Antonio Ragusa, ndr) è un grande luminare della scienza, ha scritto il libro ‘Nati con la camicia… di plastica’ che è uscito a luglio che ha avuto molto successo a livello internazionale e scientifico, perché purtroppo lui ha scoperto che ci sono le nanoplastiche nell’utero materno e nei feti dei bambini. Questa scoperta, che è molto triste fondamentalmente, mi ha fatto venire in mente di alleggerirla provando a sensibilizzare di più le persone mettendoci una storia e una musica. Quindi stiamo scrivendo questa cosa che, secondo me, ci vorranno un po’ di mesi, perché la situazione per incontrarci è molto difficile in questo momento. Però mi interessa affrontare ancora una volta questo tema che ho già trattato in teatro a maggio con Luc Jacquet, che è stato il Premio Oscar de ‘La Marcia dei pinguini’, Dargen D’Amico e Dario Vergassola: abbiamo messo in scena uno spettacolo, ‘Storie di Mare e Piccole Terre’, che riguardava la terra, questo vorrei che fosse più un musical, che fosse addirittura non dico leggero per forza ma che, attraverso la musica, si riuscisse a parlare di questi temi senza appesantirli ma semplicemente denunciandoli e dicendo ‘ok dai, facciamo qualcosa di reale, io ho messo la musica, la voce, la mia presenza, tu cosa puoi fare?’ Questo è uno dei miei obiettivi. Invece l’ep è tutta un’altra storia ancora e riguarderà soprattutto l’amore”.