Anna Di Francisca: Voce alle donne per dare nuova linfa alla società
“Quasi sempre, per non dire sempre, era l’uomo che occupava il posto di comando, era l’uomo che si sedeva subito dall’altra parte del tavolo, di fronte al magnetofono, ed incominciava a parlare. La donna invece, come se lo spazio della cucina non le appartenesse, si rifugiava nel suo angolo. Io chiedevo che il discorso crescesse nel confronto delle voci. Mi interessava la testimonianza di coppia. Ma la donna era avara di parole perché rispettava la tradizione, perché voleva o doveva rendere credibile l’immagine dell’uomo-padrone. La donna interferiva raramente, e solo quando intendeva puntualizzare una situazione o ridimensionare il racconto troppo trionfalistico dell’uomo. La donna ascoltava però tutto, e giudicava”, è uno stralcio dal primo capitolo de “L’anello forte. La donna: storie di vita contadina” (Einaudi, 1985), dove Nuto Revelli (Cuneo, 21 luglio 1919 – Cuneo, 5 febbraio 2004), scrittore e partigiano italiano, ha raccolto le voci delle donne che in Piemonte, nelle Langhe del dopoguerra, in particolare nel passaggio dalla vita contadina a quella delle fabbriche tra gli anni Sessanta e Settanta, erano sollecite alla fatica non perdendo mai la propria energia vitale. Molte di loro erano del Sud, arrivate al Nord con matrimoni per procura. Oggi questo testo è portato in scena con rinnovata forza e potenza da Anna Di Francisca, regista e sceneggiatrice milanese classe 1959. “L’anello forte” è in scena questa settimana (fino al 27 febbraio) alla Sala Umberto di Roma, per poi proseguire la tournée nel resto d’Italia. “Questo spettacolo – precisa Anna Di Francisca che de ‘L’anello forte’ firma drammaturgia e regia (anche dei video proiettati) – ha debuttato tra febbraio e marzo 2020. Ha poi subito le chiusure della pandemia e, quando si sono riaperti i teatri, è stato per due settimane ad ottobre 2020 allo Stabile di Torino, dove è andato molto bene, e ha ricominciato a girare, anche se per poco per ovvie ragioni. È stato ad Aosta, adesso stiamo dal 22 al 27 alla Sala Umberto di Roma, e poi girerà a Panicale in Umbria, in Sardegna, in Puglia, in Emilia-Romagna e, poi, speriamo nella prossima stagione di andare in giro ancora. Ci attendono Milano, la mia città a cui tengo particolarmente, e altre mete”.
Anna Di Francisca, quando ha letto la prima volta “L’anello forte” di Nuto Revelli?
“In realtà, quando ero giovane, intorno ai 25 anni più o meno, perché mi fu regalato da mia madre come un libro molto importante per la mia educazione. Io frequentavo il Piemonte per ragioni di famiglia, però un’altra zona del Piemonte, il Monferrato; quindi, non le Langhe dove Nuto Revelli ha raccolto le storie. Mia madre mi disse: ‘È un testo molto importante’. Mi ricordo che me lo regalò insieme a una cosa del tutto diversa, che è ‘Una stanza tutta per sé’ di Virginia Woolf, dicendo: ‘Sono libri importanti per l’educazione di una donna’”.
Ha una grande madre.
“Sì, assolutamente una grande mamma”.
Mi corregga se sbaglio: di questo libro ne ha già fatto un documentario per il centenario della Cgil (2006)…
“Non era un documentario, ma in realtà era un video, un piccolo film, di pochi minuti, perché era tipo intorno alla mezz’ora, con Maria Paiato e Lunetta Savino che interpretavano queste donne, però ambientato nelle Langhe. Quindi siamo andati nei veri luoghi di Nuto e abbiamo messo in scena queste storie magistralmente interpretate da due attrici stupende. Lunetta Savino faceva una calabrese che era venuta al Nord perché si era dovuta sposare; allora facevano questi matrimoni per foto senza conoscere i mariti né niente, un incubo praticamente. Maria Paito, invece, interpretava questo personaggio che vendeva i capelli per vivere, perché i capelli allora venivano venduti per fare le parrucche. Pensi a delle ragazze giovani che si trovavano improvvisamente con una coroncina in testa perché dovevano vendere i capelli e poteva essere una cosa molto traumatica, invece era, ahimè, per loro normale, infatti l’attrice in scena dice ‘no, no, era una costuma così’, diceva in piemontese, per dire che era normale per loro, non era così straordinaria. Questi due monologhi ci sono anche all’interno dello spettacolo teatrale”.
In occasione del centenario della nascita dello scrittore Nuto Revelli, ha ripreso in mano “L’anello forte” per uno spettacolo teatrale: come lo ha adattato?
“Io in realtà, grazie alla generosità di Marco Revelli, che è il figlio di Nuto, e che aveva amato molto questo video che io ho fatto precedentemente, ho avuto la libertà di lavorare sul testo di Nuto Revelli, meraviglioso ovviamente in tutte le sfaccettature. Per cui, ho attinto lavorando sulle storie senza tradire nulla da un punto di vista della scrittura, però ovviamente dovendo tagliare. Dovevo creare uno spettacolo teatrale da quello che erano i testi, però poi lavorando anche su altri materiali che erano, da un punto di vista della Fondazione Revelli, le autentiche voci di queste donne meravigliose che erano state appunto registrate da Nuto. Loro hanno questo materiale, non di tutte le donne, però varie voci che sono state per me molto preziose da mettere nello spettacolo, perché ti fanno sentire ancora di più che sono reali, non sono storie inventate. Poi ho attinto da archivi materiali di repertorio, come dal Polo del ‘900 a Torino, da cui ho attinto per contestualizzare un po’ queste donne con tutte le lotte di quel periodo, dalla pillola al femminismo e al divorzio, di passaggio dalla campagna alla fabbrica nel lavoro, proprio per far entrare di più nel mondo di queste donne”.
Quanti ritratti di donne sono in scena?
“Sono in scena dieci ritratti interpretati dalle attrici, più uno che è interpretato da entrambe insieme che sono ‘streghe’ in qualche modo, le streghe che si occupavano di erbe magiche, di tutto quello che era il mondo della superstizione, della magia, di quelle terre. Quindi diciamo in tutto undici”.
Come si muoveranno sul palcoscenico Laura Curino e Lucia Vasini?
“Ci sono degli elementi sul palcoscenico che sono costruiti dalla scenografa Beatrice Scarpato che ha fatto delle ricerche sulle feste locali per evitare che ci fossero elementi folcloristici, ma, invece, elementi un po’ giocosi per dare anche un senso di leggerezza alle storie più forti, più drammatiche, pure per evitare che sembrasse un museo della civiltà contadina ci sono, quindi, elementi un po’ più fantasiosi, colorati. Le attrici si muovono tra questi elementi principali che sono su una griglia dove vengono appoggiati e spostati, una griglia che si gira per l’entrata anche ogni volta del personaggio diverso, una sorta di albero della cuccagna, però ovviamente reinventato dalla scenografa. È molto presente anche la musica originale tramite Paolo Perna che ha un rapporto molto empatico con le storie, sia con quelle che vengono raccontate dalle attrici sia da tutti i materiali di repertorio che noi vediamo sullo schermo e che raccontano, anche da un punto di vista sonoro, degli elementi di emigrazione che partono da lontano e arrivano all’oggi”.
Come fotografa le donne di oggi confrontate alle “vinte” di Revelli?
“Io credo che dalle donne di Revelli abbiamo molto da imparare rispetto alla tenacia, alla forza, e alla determinazione, anche là dove queste donne hanno subito tantissimo c’è sempre comunque una dignità enorme e credo che questo sia molto interessante. Credo anche che questo testo dovrebbe girare ovunque, anche nelle scuole, perché ci racconta il passato, ma ci racconta anche come affrontare l’emigrazione di oggi e il fatto di ricordarcelo ci dovrebbe far riflettere tante volte quando parliamo, quando abbiamo anche un rapporto molto negativo con chi arriva da Paesi che stanno soffrendo e che non hanno avuto la nostra fortuna”.
Come donna, regista e sceneggiatrice, cosa chiede alla società di oggi?
“Come donna chiedo innanzitutto la parità di genere in tutti i sensi, non solo nel nostro lavoro artistico, ma in tutti i lavori. Faccio parte anche di un’associazione che si chiama Women in Film, Television & Media, che lavora in questa direzione e quindi chiedo di avere voce, chiedo io personalmente di avere voce, di poter fare i lavori che penso siano urgenti da realizzare, ma la mia voce non deve essere solo la mia, ma deve essere la voce di tutte le donne che hanno il desiderio di esprimersi e possono portare linfa al nostro mondo”.