“Tromperie – Inganno”, l’ascolto si fa attrazione tra lui e lei
“Penso che l’arte non valga niente se al suo interno non ci sia la vita più cruda, e che la vita non valga niente se non ci sia arte per vederne le cose rilevanti”, è la professione di fede di Arnaud Desplechin, regista e sceneggiatore francese classe 1960, di cui in Italia è da poco uscito per la No.mad Entertainment (dopo essere stato presentato in anteprima al festival Rendez-Vous) il film “Tromperie – Inganno” (durata 105’), tratto dall’omonimo romanzo di Philip Roth del 1990. Il cineasta da trent’anni aveva in mano questo libro, ma solo ora ha trovato la giusta corrispondenza di emozioni per declinarlo al cinema, sceneggiandolo assieme a Julie Peyr. Nel romanzo Roth dà il proprio nome al protagonista, anche se non si tratta di un’opera autobiografica. Il film si apre con quello che è il fulcro vitale della storia: lo studio dello scrittore, una sorta di oasi di pace dove i personaggi rivendicano la propria libertà di esistere, un luogo che da asettico diventa pieno di calore. È il 1987, il famoso scrittore americano Philip – interpretato dal bravo attore teatrale Denis Podalydès – è “esiliato” nella City di Londra con la moglie (che ha il volto di Anouk Grinberg) ed incontra regolarmente l’amante inglese – a cui Léa Seydoux dona voce, sguardo e corpo con una profonda intensità – nel suo studio, diventato il loro rifugio e nascondiglio. I due fanno l’amore, litigano e parlano di tutto: donne, sesso, letteratura, morte, antisemitismo, fedeltà e infedeltà. Nota caratterizzante di questo loro continuo dialogo è l’attento ascolto di lui alle parole di lei da rendere il loro rapporto un misto di tenerezza e carnalità, di desiderio e realtà, di illusione e verità. Lei, donna innamorata e fragile, si mette a nudo di fronte al suo amante che sa accoglierla in tutte le sue sfaccettature senza mai giudicarla. L’attrazione tra i due è tanto più credibile quanto più vero e audace è l’ascolto di lui.