L’umanità tutta racchiusa nelle luci e nelle ombre del “Pinocchio” di Guillermo del Toro e Mark Gustafson

Andare oltre le pagine di Carlo Collodi e inserire “Pinocchio” nel Novecento in Italia è l’operazione che rende magico ed amabilissimo il film in stop-motion di Guillermo del Toro e Mark Gustafson disponibile su Netflix. L’animazione curata in ogni particolare accompagna una storia che si fa realistica, calando i personaggi nel periodo di ascesa di Benito Mussolini, caricato del contrasto tra autorità e autorevolezza, pretese e amore, senso del cupo e dello stravagante. La favola originale perde alcuni personaggi, ridisegnandone altri, e si storicizza, non cedendo né in vivacità dei ruoli né nella qualità propria delle fiabe di essere senza tempo. I sentimenti e le emozioni che entrano in gioco coinvolgono gli spettatori di tutte le età nella bellezza e nel calore dei significati profondi dell’essenza dell’umanità. Guillermo del Toro e Mark Gustafson prendono per mano lo spettatore conducendolo in un mondo che è altro e pur sempre quello di “Pinocchio”, facendo amare irresistibilmente il personaggio di Sebastian il Grillo, che si fa narratore della storia, e le musiche di Alexandre Desplat, accompagnate dai testi di Roeban Katz, Guillermo del Toro e Patrick McHale, che scandiscono i momenti nodali del film. In questo capolavoro tutto è reale e metaforico al tempo stesso, grazie ad una poetica che può essere definita dai “colori pastello” per la sua delicatezza unita alla saggezza e sapienza di una scrittura (o meglio “riscrittura”) che valica ogni confine culturale.

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