“Mettici la mano” raggiunge i vertici del grande Eduardo
Uno spaccato di umanità dolente, eppure accogliente, che fa i conti con la sofferenza e le scelte morali all’incrocio della pietas vive nei colori della dicotomia esistenziale del dramma e della leggerezza nel bellissimo spettacolo “Mettici la mano”, che è approdato al Teatro Parioli di Roma il 10 gennaio, alla presenza in platea delle figlie di Alessandro D’Alatri, il regista scomparso lo scorso maggio. È impeccabile la sua regia a questo magnifico testo di Maurizio De Giovanni, nato come una costola de “Il commissario Ricciardi”, dopo il successo della serie tv. Antonio Milo e Adriano Falivene, che già per Rai1 interpretano rispettivamente il brigadiere Maione e il femminiello Bambinella, tornano qui a dar vita ai personaggi più cari ai lettori della saga. La bellezza della pièce è che risulta coinvolgente anche per coloro che si avvicinano per la prima volta all’universo De Giovanni. Ciò che rende lo spettacolo meraviglioso è l’interpretazione degli attori – assieme a Milo e Falivene convince anche la brava Elisabetta Mirra -, misurati nei tempi e nel cambio di toni e registri, ammantati dalla cupa ambientazione di un rifugio di fortuna a Napoli, sotto le bombe di un attacco aereo della Seconda guerra mondiale. È in questa situazione drammatica che Bambinella e il Brigadiere, entrambi dal cuore grande pur nelle differenti sensibilità, si troveranno a dipanare la matassa della dura esistenza di Melina, una giovane donna appena arrestata. I toni nel contenuto sono quelli da tragedia greca nel difficile incontro/scontro tra bene e male, mentre la forma è carica di quella saggezza e leggerezza partenopea che si respira ancor oggi nei vicoli di Napoli e che ha il sapore della commedia del grande Eduardo De Filippo. A restituire il calore umano nella pièce prodotta dal Teatro Diana di Napoli è anche una splendida ed avvolgente scenografia, che cala ed immerge completamente lo spettatore indietro nel tempo, in una pagina che è al tempo stesso lontana, eppure così vicina, per l’intramontabile tema trattato: l’incredibile linea sottile che scorre tra colpa ed innocenza, condanna ed assoluzione, e che bussa con impeto alla coscienza di tutti quando la pietas universale reclama l’urgenza di un ascolto e di una comprensione sinceri.