La lezione di resilienza di Antonietta De Lillo

Quando ci si trova in situazioni paradossali, a volte ci si dà la responsabilità di aver visto o compreso male. È accaduto ad Antonietta De Lillo che guardando da piccola una gallina le vide chiudere la pupilla dal basso. Pensava di aver visto male ed invece era proprio così, l’occhio della gallina funziona in questo modo, si chiude dal basso verso l’alto. Partenopea, classe 1960, Antonietta De Lillo, essendo nata in una famiglia con una mamma dal polso forte, non ha mai immaginato che la società potesse accanirsi contro una donna con tanto fare subdolo e che questo potesse accadere anche a lei e proprio da parte del mondo cinematografico in cui lei è entrata a farne parte con tutti gli onori. Ha cominciato come fotografa e, poi, innamoratasi della macchina da presa, è diventata regista ottenendo successo sin da subito. Nel 1985, infatti, dirige insieme a Giorgio Magliulo il primo lungometraggio, “Una Casa in Bilico”, che vince il Nastro d’Argento come migliore opera prima. La carriera sembra volare alto, tanto da fondare successivamente anche una casa di produzione, la Megaris, che diventa un punto di riferimento per la nuova generazione di registi napoletani. Intanto, i problemi cominciano nel 1995, quando Antonietta De Lillo opziona i diritti del romanzo “Il Resto di Niente” di Enzo Striano. Le riprese del film riescono ad iniziare solo nel 2002, nel 2004 il film viene presentato e accolto con entusiasmo alla Mostra del cinema di Venezia, ma arriverà in sala in sole 20 copie, la metà pattuita, senza pubblicità. Da qui comincia un’azione giudiziaria che vede la regista citare per cattiva distribuzione i distributori e questi che la citano per diffamazione. Intanto, lei va avanti, fonda la casa di produzione Marechiarofilm, portando avanti soprattutto i progetti di film partecipati, cioè cortometraggi che seguono la stessa idea, realizzati da tanti diversi registi e che rappresentano un buon trampolino di lancio per tanti giovani. Nel frattempo, la sua storia si intreccia con quella di un’altra donna esclusa dal mondo dello spettacolo, l’attrice Adele Pandolfi che nel libro “Morta di soap” racconta i quattro anni di permanenza nel cast della soap opera “Un posto al sole”, come Rita Giordano, l’amata prima moglie di Raffaele, ma che viene fatta morire alla 921esima puntata. Antonietta De Lillo opziona il libro, ma anche qui inizia e continua ancora un braccio di ferro a colpi di sentenze giudiziarie per farsi riconoscere i contributi pubblici per girare il film. Nonostante passino gli anni, Antonietta De Lillo non si arrende a quello che sembra essere un accanimento del mondo del cinema contro di lei e continua a lottare per il suo film. Tutto questo la regista lo racconta in un vero e proprio “autoritratto”, “L’occhio della gallina”, presentato alle “Giornate degli Autori – Notti Veneziane” per la 81esima Mostra d’arte cinematografica (proiettato al Lido e su Mymovies). In maniera verace e resiliente, la cineasta narra la sua odissea ancora in corso, opponendosi a chi la vuole fuori dal sistema cinematografico con tutte le sue forze, scommettendo su se stessa e andando avanti sostenuta dall’affetto e dalla fiducia degli amici che non l’hanno mai abbandonata, come Maria De Medeiros, la protagonista di “Il resto di niente” nei panni di Eleonora nella Napoli di fine Settecento, che in “L’occhio della gallina” vediamo in un dialogo con la De Lillo come se le due donne parlassero ad uno specchio. “L’occhio della gallina – Autoritratto”, sceneggiato dalla stessa regista con Laura Sabatino e in collaborazione con Alice Mariani, è prodotto da Marechiarofilm con il contributo del Mic, della Regione Campania e della Film Commission Regione Campania.

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