“Una terapia di gruppo” insegna a raccontare le proprie ferite col sorriso

C’era il rischio di andare sopra le righe, di ripetersi, di annoiare; invece, “Una terapia di gruppo” è vincente, perché tale è il cast e bravissimo il regista Paolo Costella che è riuscito a sintonizzare quelli che Claudio Bisio ha definito “sei personaggi in cerca di un analista”, con in più una Lucia Mascino trasformata nella segretaria più paziente e frizzante che ci sia in uno studio medico. Il 21 novembre arriva il film prodotto da Warner Bros. Entertainment Italia e Roberto Sessa per Picomedia, tratto dal soggetto originale di Laurent Baffie e dall’adattamento spagnolo di Julián QuintanillaToc Toc” diretto da Vicente Villanueva. Per chi avesse visto la pièce al teatro (in Italia è girato nei circuiti off) o la versione cinematografica spagnola, deve sapere che nei cinema italiani approderà con un sapore squisitamente teatrale, condito dalla comicità di sette attori che apportano ognuno con garbo un contributo originale – quello che il produttore Sessa ha suggellato con le parole “è un cast in grado di movimentare il lavoro” -; in più le patologie trattate sono leggermente variate – per la ritmomania, ad esempio, si è aggiunta la sindrome da accumulo compulsivo, come suggerito sul set da un consulente – e la seconda parte è cambiata. Per chi fosse digiuno dei precedenti adattamenti, il film racconta di sei pazienti affetti da Disturbo Ossessivo Compulsivo che ricevono appuntamento alla stessa ora nello studio di un luminare della psicoterapia. Ci sono: Federico (Bisio), affetto dalla sindrome di Tourette; Annamaria (Margherita Buy), maniaca del controllo; Emilio (Claudio Santamaria), ossessionato dal calcolo aritmetico; Bianca (Valentina Lodovini), fissata con la pulizia; Otto (Leo Gassmann), che non si stacca mai dal suo cellulare; e Lilli (Ludovica Francesconi), maniaca della simmetria, che ripete sempre tutto due volte… “che ripete sempre tutto due volte”. Ad accoglierli nello studio c’è Sonia, la segretaria (Mascino), logorroica ed empatica. Nell’attesa che il professore si presenti, i sei pazienti decidono di improvvisare una terapia di gruppo autogestita e il risultato è quello che ognuno racconterà “le proprie ferite col sorriso”, che è l’invito di Valentina Lodovini nella realtà. Girato l’estate scorsa a Roma in un appartamento ai Parioli, “Una terapia di gruppo” ha un respiro ampio e delicato e fa parlare di condivisione del proprio disagio, di aprirsi e di chiedere aiuto. Per Costella sarebbe bello se lo spettatore cominciasse a “mettersi in ascolto di se stesso nel buio della sala, non sentendosi giudicato”. Vero è che il mondo fuori dalla sala cinematografica può rendere tutto ciò difficile. A scuola, come ricorda Francesconi, non è stato sempre semplice avere un colloquio con uno psicologo, così come, osserva Leo Gassmann, “andare da un terapeuta non è accessibile a tutti, perché ancora oggi costa tanto”. Dal punto di vista cinematografico, gli attori avevano precedenti importanti (ad esempio per la sindrome di Tourette, Edward Norton in “Motherless Brooklyn” è impeccabile) e ci sono tanti film sul tema (al di là del soggetto originale “Toc Toc”, basti solo sfogliare la filmografia di Woody Allen), dunque, come ci si è posti rispetto a tutta l’illustre cinematografia passata? “Da Verdone ad Altman, visti e dimenticati”, risponde Costella. Vedere per credere!

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