Potente la serie Sky “Dostoevskij”, un gigante il protagonista Filippo Timi
“Si muove su fili di generi intrecciati – investigativo, noir, gotico, mistero, horror esistenzialista, filosofico, fatalismo –” la serie Sky Original “Dostoevskij” come indirizzano i Fratelli D’Innocenzo, Damiano e Fabio, che l’hanno ideata, scritta e diretta. Già presentata in anteprima mondiale alla 74esima edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino, arriva finalmente su Sky e in streaming su Now, in esclusiva e con tutti i sei episodi disponibili da subito, dal 27 novembre. Prodotta da Sky Studios con Paco Cinematografica, il protagonista è un “gigantesco” Filippo Timi, come giustamente lo definisce Nils Hartmann, Executive Vice President Sky Studios per l’Italia. L’attore interpreta Enzo Vitello, “l’uomo che ha perso tutto”, un poliziotto di un’unità investigativa che cerca il serial killer detto “Dostoevskij” che uccide lasciando accanto al corpo della vittima una lettera con la propria visione del mondo. “Ad incasinare l’investigazione di Vitello – avvertono i registi – ci sono: una squadra che guida da oltre vent’anni (e che deve ora tradire), una figlia che non vede da troppo (ma il suo spettro lo viene a cercare ogni notte), una malattia terribile”. La figlia Ambra è interpretata da Carlotta Gamba che definisce le scene con Timi “fisicamente ed emotivamente molto potenti”. “Nei suoi occhi azzurri c’è una grandissima profondità”, dice a ragione Gabriel Montesi che interpreta Fabio Bonocore, un giovane che ha cominciato da poco la carriera in polizia, un “personaggio controverso”; mentre il poliziotto navigato è interpretato da Federico Vanni: si chiama Antonio Bonomolo, è il capo cinquantenne all’avamposto dov’è dislocata l’unità investigativa al lavoro sul caso “Dostoevskij”. Sulle loro quattro esistenze premono sentimenti che, nelle parole di Fabio D’Innocenzo, sono “spigolosi, spinosi, umidi”. La prima serie dei Fratelli D’Innocenzo arriva, dunque, carica di note cinematografiche crude che sconquassano gli spettatori dal di dentro: è girata in pellicola e ogni fotogramma sgranandosi accentua quel senso di fragilità umana che traspira istante dopo istante.