Barocco Globale: l’arte del Seicento testimone di una Chiesa missionaria nel mondo

È per addetti ai lavori e lì per lì potrebbe spiazzare anche un esperto di cultura e arte del Seicento la mostra “Barocco Globale. Il mondo a Roma nel secolo di Bernini”, ospitata alle Scuderie del Quirinale a Roma fino al 13 luglio, a cura di Francesca Cappelletti, direttrice generale della Galleria Borghese e professore ordinario di Storia dell’Arte all’Università di Ferrara, e Francesco Freddolini, professore associato di Storia dell’arte presso “Sapienza” Università di Roma. Solo addentrandosi tra didascalie, dipinti, sculture, arazzi ed oggetti, si riesce ad apprezzare ogni singola opera e a capirne il valore storico nell’anno del Giubileo. È una mostra che ha il suo perno non apertamente dichiarato in un papa, Paolo V, al secolo Camillo Borghese, pontefice dal 1605 fino alla morte avvenuta nel 1621. Per chi non lo ricordasse è il papa che entra in conflitto con la città di Venezia che aveva promulgato leggi restrittive in materia di proprietà ecclesiastica; è il papa che si dedicò alla riforma della Chiesa, come da Concilio di Trento terminato nel 1563; e, di conseguenza, è il papa che si prodigò per lo sviluppo delle attività missionarie in America, Asia e Africa, all’indomani della scoperta dell’America del 1492 e dell’apertura verso i nuovi mondi grazie agli esploratori come Ferdinando Magellano e Amerigo Vespucci. Ma non finisce qui il suo operato. In piena Controriforma, durante il suo pontificato, il Sant’Uffizio condannò il sistema copernicano e fu emanata la prima ammonizione contro Galileo Galilei. È partendo da questi spunti storici che può essere letta e compresa la scelta delle opere in mostra che spazia dal busto in marmi colorati di Antonio Manuel Ne Vunda, ambasciatore del Regno del Congo (1608), primo diplomatico africano a raggiungere la Santa Sede e primo uomo di origine africana tributato dell’onore di un monumento funebre in un luogo sacro, in particolare nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, al modello per la Fontana dei Quattro Fiumi di Gian Lorenzo Bernini che mostra il Río de la Plata in una versione diversa da quella definitiva: con gonnellino e piume in testa e non con la mano che schernisce la chiesa di Sant’Agnese in Agone realizzata da Francesco Borromini con cui l’artista era in competizione sin dalla realizzazione del Baldacchino di San Pietro. È una mostra, “Barocco globale”, ricca di curiosità per chi ama l’etnologia e la geografia, perché offre la vista di preziosità inedite, come ad esempio la Carta geografica completa di tutti i regni del mondo, nello specifico la “Kunyu Wanguo Quantu”, letteralmente “Una mappa dei diecimila Paesi del mondo”, il più antico mappamondo cinese nello stile delle mappe europee, stampato per la prima volta in Cina, nel 1602, da Matteo Ricci, su richiesta dell’imperatore Wanli. E nulla in questa mostra è lasciato al caso. Il gesuita Matteo Ricci (Macerata, 6 ottobre 1552 – Pechino, 11 maggio 1610), tra i grandi missionari della Cina, nel 2022 è stato insignito da papa Francesco del titolo di Venerabile perché “eroico”. Così la storia si intreccia con l’odierno Giubileo con continui richiami disseminati in tutto il percorso espositivo.

Intanto, mentre la mostra monografica su Caravaggio a Palazzo Barberini in Roma espone “Buona ventura” del 1594 con la chiromante che sfila l’anello al dito del giovane malcapitato, alle Scuderie del Quirinale si possono ammirare due tele del 1617 con lo stesso soggetto, una ad opera del francese Simon Vouet e una del lombardo Bartolomeo Manfredi, in un dialogo costante di rimandi e citazioni. È questo, infatti, ciò che accade quando una mostra si apre allo sguardo del visitatore come un libro. Le parole del curatore Freddolini: sottolineano: “Le opere che abbiamo raccolto ci proiettano in una storia che attraversava confini culturali, politici, religiosi, e allo stesso tempo convergeva alla corte dei Papi. Esplorare questa storia, con gli occhi di Bernini, Van Dyck, Poussin, degli altri artisti e del loro pubblico apre uno squarcio nuovo su Roma e il mondo e sul mondo a Roma”. La curatrice Cappelletti, che cura anche la mostra suddetta su Caravaggio, informa: “La Roma del Barocco globale che la mostra celebra nell’anno del Giubileo è quella di Nicolas Poussin, Valentin, Vouet, Pietro da Cortona, Van Dyck e Bernini, solo alcuni degli artisti presenti nel percorso con opere straordinarie provenienti da tutti i più importanti musei del mondo, insieme a importanti novità presentate alle Scuderie per la prima volta. La città del Papa, delle feste sontuose e delle processioni solenni, dei palazzi e della vita disordinata degli artisti caravaggeschi, rivela una prospettiva nuova, quella di una città veramente globale in cui gli artisti guardano al mondo che si dispiega sotto i loro occhi, grazie alla continua presenza di ambascerie straniere, dal Giappone, dalla Persia e dal Congo, all’arrivo di materiali preziosi da ogni parte dell’Universo, alle discussioni sui confini della terra e del cielo, mentre esotico e fantastico si fondono e caratterizzano il linguaggio dei grandi artisti e dei loro capolavori, come i ritratti di Van Dyck, la Cleopatra di Pietro da Cortona, le sorprendenti sculture, prestiti eccezionali da chiese e collezioni private”.

L’interrogativo alla fine del percorso espositivo, dunque, è: Roma è oggi artisticamente “globale” come lo era nel Seicento? Roma valorizza, celebra e conserva le sue preziose antichità, ma sa esprimere altrettanta bellezza artistica corrispondente al sentire odierno? E quanto e quale è oggi il contributo della Chiesa a rendere l’arte veicolo di bellezza come allora?

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