Quando gli attori fanno la differenza, il film “Gli uomini d’oro” ne è la prova
Li si condanna ai soliti ruoli, ma poi c’è chi ha il coraggio di rischiare e li fa uscire dalle usurate strade valorizzandoli come grandi interpreti. Non c’è da stupirsi se tra di loro c’è Edoardo Leo che in “Noi e la Giulia” aveva reso fuori dagli schemi il cast, due nomi su tutti sono Luca Argentero e Claudio Amendola. Questa operazione oggi tocca al trentatreenne Vincenzo Alfieri in cui la famiglia dei produttori Lucisano ha creduto nuovamente nonostante l’esito non entusiasmante della sua opera prima “I peggiori”. Così con la 01 Distribution esce “Gli uomini d’oro” che propone il colpo perfetto, una rapina senza morti né feriti ad un furgone postale, avvenuta a Torino nel 1996 e già portata al cinema da Gianluca Maria Tavarelli in “Qui non è il Paradiso”. Lo scarto da quel film a questo è il punto di vista: qui non è il fatto di cronaca ad essere al centro ma la vita delle persone coinvolte e le motivazioni che le hanno spinte alla rapina. “Gli uomini d’oro” ci presenta una divisione in capitoli poggiando l’attenzione sui tre protagonisti: la mente del colpo, il napoletano Luigi, un Giampaolo Morelli sopra le righe e credibile, specie perché a dargli risalto è la sua bravissima spalla, Giuseppe Ragone nei panni dell’amico Luciano; la persona che sembra irreprensibile ma che darà la copertura, il torinese Alvise reso vero da un grande Fabio De Luigi; ed, infine, l’ex pugile squattrinato ed oberato dai debiti, il Lupo, che ha il volto scontroso di Edoardo Leo. Ad arricchire il cast: un mefistofelico Gian Marco Tognazzi nei panni dell’usuraio Boutique; Mariela Garriga in quelli di Gina, la sexy e dura compagna del Lupo; Matilde Gioli in quelli di Anna, estetista dai sogni semplici; e Susy Laude in quelli di Bruna, la moglie tradita di Alvise. Il risultato? Un crime godibile.