“L’uomo del labirinto”, braccio di ferro tra Servillo e Hoffman

Superato il labirinto c’è davvero la salvezza? Donato Carrisi parte da questa sua personale paura del dedalo, aggiungendo poi quella del buio e tante altre, umanissime, nascondendole dietro a porte, per dar vita al film “L’uomo del labirinto” tratto dall’omonimo suo romanzo bestseller. Al centro della storia c’è una giovane donna appena ritrovata dopo un lungo rapimento, interpretata dalla bravissima Valentina Bellè, fulcro dell’azione di due diversi uomini cha si mettono sulle tracce del rapitore: da un lato c’è il Dottor Green che cerca la risposta nella vittima, facendole rivivere in un viaggio mentale a ritroso la triste esperienza da incubo, dall’altro c’è Genko, l’investigatore privato incaricato di ritrovare la ragazza che viene liberata la notte in cui per lui scadevano i giorni che i medici prevedevano gli restassero da vivere perché colpito da una rara malattia al cuore. Per tutti e due gli uomini le indagini sono una corsa contro il tempo, con l’aggravante per Genko di poter morire da un momento all’altro, cosa che si fa anche vantaggio: non ha paura di affrontare i terribili orrori che gli si presentano perché il suo destino è già segnato. Ad interpretare questi due uomini ci sono due numeri uno: il Dottor Green è Dustin Hoffman, che torna dopo anni in un ruolo da protagonista, parte che ha accettato perché a rivestire il ruolo di Genko ha avuto la garanzia di un potente Toni Servillo. Tutti e due gli attori credono tanto in questa pellicola obliqua e dai toni oscuri da esserne diventati anche i produttori esecutivi. L’effetto nello spettatore? Sarà immerso in una sorta di girone dell’inferno che sembra non lasciare scampo e sarà carico di angoscia per il torbido che vedrà, ma al tempo stesso resterà colpito da un lavoro dalla sintassi e dalla grammatica cinematografiche ineccepibili, che passano pure per la fotografia di Federico Masiero, le musiche di Vito Lo Re, e le interpretazioni anche di tutti gli altri attori, a cominciare da Vinicio Marchioni e Caterina Shulha.

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