“L’ufficiale e la spia” si fa monito contro ogni ingiustizia e discriminazione

Il J’accuse di Emile Zola che sulla rivista L’Aurore portò alla ribalta l’Affare Dreyfus e l’antisemitismo che scorreva nelle alte gerarchie militari francesi a fine Ottocento tuona ancora oggi contro ogni ingiustizia e discriminazione. A rimetterlo in primo piano è il film di Roman Polanski che in Italia esce col titolo “L’ufficiale e la spia”, come il libro da cui è tratto di Robert Harris, con cui il regista firma a quattro mani la sceneggiatura. Il film ha un rigore narrativo e storico ineccepibile. Comincia con una scena di forte impatto: la pubblica condanna e l’umiliante degradazione inflitte ad Alfred Dreyfus, capitano ebreo accusato di essere stato un informatore dei nemici tedeschi. E poi sposta l’accento su uno dei testimoni di quella mortificazione: l’ufficiale dell’esercito Georges Picquart che di lì a poco, promosso a capo della Sezione di statistica, la stessa unità del controspionaggio militare che aveva montato le accuse contro Dreyfus, condurrà indagini per dimostrarne l’innocenza, in un clima del tutto ostile e pagando in prima persona la ricerca delle verità. Rivendica orgoglio la scena in cui dopo mesi Picquart rientra nella sua casa trovandola devastata e messa sottosopra da chi è a caccia di prove contro il suo operato ma, impassibile e sereno, si siede al piano e suona. Ad interpretarlo un ancora una volta grande Jean Dujardin, l’indimenticabile George Valentin di “The Artist” per cui l’attore fu insignito dell’Oscar. Dujardin dona a Picquart modi impeccabili e controllati che si addicono perfettamente a ogni uomo consapevole della propria integrità. In tempi di #MeToo, di clima sfavorevole a Polanski accusato di abusi sessuali e, quindi, nel rischio di fare di questo film un manifesto per rivendicare innocenza (nella cartella stampa il regista afferma: “Molte delle dinamiche che sono dietro il sistema persecutorio mostrato nel film, mi sono familiari e mi hanno chiaramente ispirato”), è stata esemplare la cineasta argentina Lucrecia Martel, presidente di giuria all’ultima Mostra del cinema di Venezia, che ha conferito a “L’ufficiale e la spia” il Gran Premio della Giuria, separando dunque il valore dell’arte cinematografica, di cui quest’opera è indiscussa portatrice, dalle vicende personali dell’autore.

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