“Casa di Frontiera”, quando la sana filosofia partenopea risponde col sorriso alle provocazioni
Il testo è stato scritto da Gianfelice Imparato nel 1994, quando la Lega Nord esprimeva in pieno tutto il suo disprezzo verso il Sud, ma a distanza di tanti anni suona ancora attuale la possibilità di uno Stato del Nord con ai confini la presenza delle riserve meridionali a mo’ di quelle indiane. In un panorama teatrale dove la drammaturgia contemporanea stenta, brilla “Casa di Frontiera” che nasce nel solco della grande tradizione partenopea. L’autore dirige con oculatezza i bravissimi ed esilaranti Francesco Procopio, Giovanni Allocca, Alessandra D’Ambrosio e Claudia G. Moretti; ed è stata una pioggia di applausi la prima di giovedì 20 febbraio al Teatro Ghione di Roma, dove lo spettacolo resterà in scena fino a domenica 1 marzo. Il testo punta i riflettori sul mostro di ogni razzismo, ma l’amarezza non prende il sopravvento, affondando le radici nella filosofia napoletana del sapersi godere l’attimo, dello sdrammatizzare, del non prendersi troppo sul serio per “campare”. Certo, il finale è molto alla Eduardo De Filippo, ma per due ore Gennaro Strummolo e sua sorella Addolorata sono tanto ridicoli quanto di cuore da catturare il pubblico con le loro debolezze ed aspirazioni; mentre il prestante Ciro Cacace e l’assistente sociale Olga invadono la loro casa nei C.R.I.C. (Centri Raccolta e Identità Culturale), l’uno con disinvolta e musicale invadenza, l’altra con rigida puntualità. A rendere ancor più empatici questi personaggi già forti sulla carta è la bravura di tutti e quattro gli attori, rispettivamente gli irresistibili Procopio, D’Ambrosio, Allocca e Moretti: affiatati tra loro, vulcanici, sanno tenere un ritmo incredibile, hanno i giusti tempi comici. Intanto, in platea si ride tanto e, al tempo stesso, si riflette perché questa commedia è a tutto tondo, esemplare: col sorriso illumina ciò che non va.