“Perché si è ‘amminchiato’ così tanto con questa diavoleria del telefono?”, su Rai1 un nuovo capitolo della collection “C’era una volta Vigàta” di Andrea Camilleri

Il mondo immaginifico di Andrea Camilleri torna con un j’accuse sarcastico sociale e politico su Rai1 grazie ad un nuovo film della collection “C’era una volta Vigàta”: dopo il “La mossa del cavallo” e “La stagione della caccia” (entrambi hanno superato il 30% di share), lunedì 23 marzo va in onda “La concessione del telefono”, tratto dall’omonimo romanzo storico edito da Sellerio editore. “Il centro della vicenda è la rappresentazione dei meandri della burocrazia e della rete sfuggente del potere, un tema sempre attuale che parlando della situazione della Vigata postunitaria si riverbera sull’Italia intera e sull’oggi”, sottolinea Eleonora Andreatta, direttore di Rai Fiction, che va di successo in successo con la Palomar di Carlo degli Esposti che ricorda quanto Camilleri teneva alla struttura letteraria del romanzo, cose dette e cose scritte. “Per Roan Johnson e Francesco Bruni – racconta degli Esposti – è stato un lavoro lungo ed entusiasmante gomito a gomito con Camilleri fino a quando, soddisfatto, Andrea mi ha chiamato e mi ha comunicato che la sceneggiatura gli piaceva moltissimo. Per me è il film più importante che ho realizzato dalle opere di Camilleri e personalmente ne vado molto orgoglioso, è un film potente che esalta il romanzo e la regia di Roan Johnson, tra i registi più importanti del panorama italiano”. Protagonista della storia è Pippo Genuardi (interpretato da Alessio Vassallo), nato a Vigàta il 3 settembre 1856. È un commerciante di legnami il cui talento vero è quello di cacciarsi nei guai. Spiantato, ironico, amante delle donne e della tecnologia, Pippo sembrerebbe aver messo la testa a posto sposando Taninè Schilirò (Federica De Cola), figlia dell’uomo più ricco di Vigàta (Antonio Alveario). In realtà, è un uomo che non si accontenta mai. Così spedisce tre lettere al Prefetto Marascianno (Corrado Guzzanti), un napoletano paranoico e complottista, mettendo in moto un meccanismo che lo porterà a trovarsi sotto due fuochi incrociati: lo Stato, che pensa di avere a che fare con un pericoloso sovversivo, e l’uomo “di rispetto” Don Lollò (Fabrizio Bentivoglio), che inizia a credere che il Genuardi lo stia prendendo per fesso. Per ottenere l’agognata “concessione del telefono”, infatti, Genuardi sarà disposto a tutto: cercare l’appoggio di suo suocero, ma anche della mafia; corrompere funzionari pubblici e tradire il suo vecchio amico Sasà (Corrado Fortuna). Il tutto sotto gli occhi del Questore Monterchi (Thomas Trabacchi), venuto dal Nord, che osserverà sgomento e impotente il concatenarsi folle degli eventi. “Abbiamo provato a raccontare come la formalità della burocrazia diventi un gorgo in cui il nostro protagonista, e forse con lui il ‘senso’ stesso della terra senza tempo in cui vive, verrà risucchiato. E la beffa è che dentro quella voragine dello Stato e in quelle spire della Mafia, il Genuardi ci si è cacciato da solo. Ma perché si è ‘amminchiato’ così tanto con questa diavoleria del telefono? Lo scopriremo solo nel finale a sorpresa, come lo ha costruito il maestro siciliano – anticipa Johnson -, anche se nel film sono seminati indizi della verità al tempo stesso assurda e ovvia che sta sotto tutta questa vicenda”.

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