Stefania Patanè, un fluire di vitalità e trasformazione ai piedi di un Etna materno

Le tre cose che ti piacerebbe che tutti sapessero di te? “Quanto per me sia importante la musica in generale come veicolo di comunicazione, quanto importante sia l’ascolto per me e poi la mia voglia di usare la musica per raccontare e condividere delle sensazioni con chi mi ascolta. Queste sono le cose che mi piacerebbe arrivassero alle persone“. Ha una voce calda e accogliente Stefania Patanè, musicista a tutto tondo – cantautrice, compositrice e arrangiatrice – di origine catanese. La chiamiamo al telefono in occasione dell’uscita dell’album pieno di nuova linfa “New Focus“.

Perché questo titolo?

È un gioco di parole. ‘Focu’ in siciliano vuol dire fuoco, quindi passione, una nuova passione, la vita è fatta di continuo rinnovamento. Nello stesso tempo ‘New Focus’ è un nuoco punto di vista, una nuova prospettiva, quella che a volte ci guarisce e ci salva, perché se non guardiamo da un altro punto di vista le cose rischiamo di non guardarle veramente. Il nuovo punto di vista ci aiuta a trasformarci perché noi siamo continuamente in trasformazione. Il ‘New Focus’ è anche il ‘nuovo fuoco’ dell’Etna, non nel senso distruttore, ma in quello di trasformatore. Chiaramente l’Etna è un vulcano, però noi catanesi non lo temiamo. Io sono cresciuta ai piedi dell’Etna e sono cresciuta con l’idea che è un vulcano buono, perché è un vulcano che ogni tanto borbotta però di fatto se dovesse arrivare la lava arriva molto lenta e si ha il tempo di allertare tutti quanti. Quello che mi colpisce dell’Etna è una storia mitologica antica nella quale ha una narrazione materna: fa da riparo ad una ninfa che dà luce a due creature. Da qui la mia idea che ciò che può ribollire, come la rabbia, un sentimento negativo, si può trasformare, cambiando prospettiva, in un nuovo pensiero, in un nuovo progetto“.

Da qui il concept della copertina con in primo piano un Etna materno?

Non avevo voglia di mettere in copertina una mia foto, desideravo colore e quadro, così mi è venuto in mente un artista di grande sensibilità che è Marco Virzì, un pittore di origine siciliana, esattamente di Brolo (di fronte alle Eolie), ma che vive a Firenze. Fa tante mostre, i suoi quadri mi hanno sempre commossa. Gli ho proposto la copertina, senza dargli però una vera e propria committenza (ora sta dipingendo alcune canzoni dell’album in quello che potrebbe essere un progetto in divenire) e lui ha tirato fuori con libertà quest’immagine con l’Etna e la maternità: puoi vederci un fuoco che si trasforma in cordone ombelicale, o come se ci fosse un feto dentro un feto, quindi una vita che si rinnova continuamente. Tra l’altro, il cordone ombelicale potrebbe collegarsi a ‘Combimbi’, il brano che parla dell’ombelico, il cordone ombelicale che c’è tra la parte piccola e la parte grande di noi. ‘Combimbi’ è Stefania piccola“.

Racconta.

Nella mia vita ho fatto molti percorsi individuali di introspezione e collaboro con una trainer, Alba Sali, che cito anche nel disco. Lei fa fare dei lavori molto belli sulle costellazioni familiari, in particolare fa fare un lavoro molto bello in un seminario in cui ci si connette alla propria parte bambina che è quella parte vitale che pulsa dentro di noi e che spesso ci dice qual è la cosa giusta da fare solo se la ascoltassimo. Da lì è nato un mio sentire guardando una mia foto di quando ero molto piccola e stavo sdraiata su una spiaggia in provincia di Catania e vedo tutta la forza che c’è in quella foto ringraziando quella bambina. Mi rendo conto che quando mi collego a quel sentire di bambina tutto fluisce meglio, anche la giornata cambia e quindi è una canzone molto bella di vicinanza tra me e la mia parte piccola, cosa che è per tutti chiaramente: tutti ci possiamo collegare alla nostra parte piccola a livello di immaginazione o sentire“.

Un disco, tre lingue – inglese, italiano e siciliano – e quattro fonti musicali – jazz contemporaneo, world music, tradizione siciliana e canzone d’autore -: da dove sei partita per comporre queste canzoni?

Scrivendo queste canzoni ho cercato di sentirmi libera di essere me stessa, ho chiesto a me stessa di essere più autentica possibile. Andando avanti nel percorso di scrittura che non è stato immediato ma è durato alcuni anni, mi sono accorta che c’erano tutti questi elementi che erano veramente fondamentali per me, non li ho cercati, avendo come tutti i musicisti e tutti i cantautori tante influenze, ho capito che in questo momento queste erano le influenze preponderanti. Ce ne sono anche altre ma non sono venute fuori. Sicuramente le due in assoluto preponderanti sono state fino a poco tempo fa la world music e il jazz. In realtà la canzone d’autore mi ha stupito e commossa, c’era già molto tempo fa in cose che scrivevo tanti anni fa ma adesso è arrivata dirompente. Nel caso di una siciliana, è facile, infine, che la tradizione venga ad esplorare le composizioni. In più, nella world music tu inserisci prima quello che è la tua provenienza, le tue radici. In fondo, questo accade anche nel jazz, i grandi jazzisti dicono sempre: mettete le vostre radici nella vostra musica“.

Dieci canzoni in questo album: ce n’è una che canti di più sotto la doccia, cioè la tua preferita?

Dipende dai periodi, è difficile dire una preferita. Sicuramente quella che mi tocca più dentro il cuore è ‘Cuntala’ perché racconta una storia realmente accaduta nella mia famiglia e mi ha colpito anche com’è arrivata così dall’alto la storia particolare che ha vissuto la mia nonna materna. La ascoltavo già quasi pronta quando era ancora nella mia testa e quindi sicuramente ha un valore speciale per me (La canzone torna indietro nel tempo ad un paesino nel profondo sud della Sicilia del dopoguerra dove una bambina di otto anni esce di casa per raggiungere la sua compagna di giochi, ma per un destino efferato cade accidentalmente dentro una tinozza di mosto bollente; dopo due giorni di estrema sofferenza, la piccola muore fra le braccia della madre e i suoi occhi parlano all’artista da una fotografia in bianco e nero con la sua sorellina più piccola, ndr)”.

Su una traccia, “Mamma Lucia”, hai utilizzato un motivo di Pippo Caruso: come mai?

Questo motivo l’ho sempre amato. Noi musicisti ci innamoriamo delle melodie. È una melodia che ricordo di quando ero molto piccola perché la davano come sigla in una tv catanese. Quando nei primi anni della mia carriera andavo ad esplorare le tradizioni siciliane, l’avevo inserita nel mio repertorio trovando spontaneo mettere un testo. È l’unico brano che ho recuperato dal mio passato e l’ho inserito con un nuovo arrangiamento. Alla fine nella canzone racconto di come sono ‘siciliana di mare’, come dice Camilleri, sono una siciliana che va ad esplorare altre terre ma la Sicilia mi rimane dentro con tutti i suoi fiori e tutte le sue spine. Sono anche contenta del fatto che l’ho fatta ascoltare ai familiari, stupiti del fatto che avessi così personalizzato un brano a cui Pippo Caruso tenesse molto“.

Ti sei avvalsa per “New Focus” dei musicisti Seby Burgio e Francesco de Rubeis in primis e della partecipazione anche di Javier Girotto ai sassofoni e ai flauti andini, Enrico Bracco alle chitarre e Kyungmi Lee al violoncello: come fondi la tua voce con le loro note?

C’è una grande sintonia innanzitutto a livello umano, soprattutto con il cuore della band, Seby Burgio e Francesco de Rubeis, che sono presenti sin dall’inizio in tutti i brani del progetto: con loro riusciamo a fare dei concerti in trio. Enrico Bracco è diventato il quarto elemento con noi nei live. Anche se è stato un super ospite sento molta intesa anche con Javier Girotto. Kyungmi Lee è elegante, sensibile, delicata. Tra tutti noi c’è grande affinità umana e musicale. In realtà, sono molto contenta di tutte le persone che collaborano con me, anche di Daniela Esposito e Raffaele Abbate (della Orange Home Records), che è un direttore di casa discografica speciale avendo accolto il progetto in modo molto bello: a contraddistinguere entrambi è una grande umanità, oltre che professionalità. Sono felice di questo team che si è venuto a creare. Tutte le persone che stanno attorno a ‘New Focus’, anche i filmmakers, il tecnico del suono, è stato un insieme di rapporti umani belli“.

Un verso tra le canzoni di “New Focus” in cui più ti ritrovi?

Mi piace moltissimo l’idea di ‘Grace and Light’ dove si parla di una creatura che riesce a crescere lo stesso con luce e grazia anche quando lo spazio che ha attorno è molto stretto. Quindi ‘Anche se non c’è molto spazio attorno io sto crescendo con amore, sto crescendo con luce e grazia’“.

“New Focus” sembra rimandare agli elementi primordiali – aria fuoco terra acqua -. Ce n’è uno in particolare a cui riconduci maggiormente il disco?

Non si può prescindere da nessun elemento: nell’aria si propaga la musica, il fuoco è la passione, la terra è presente con la spiaggia e gli scogli, l’acqua è l’origine di tutto“.

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