Fabrice Pascal Quagliotti: “La musica è la nostra colonna sonora… Ognuno ha la propria playlist”
La sua musica ti fa viaggiare da fermo, ti fa sognare. Parliamo di Fabrice Pascal Quagliotti, dal 1977 leader e tastierista della leggendaria band francese Rockets, che ha da poco pubblicato il suo primo disco da solista “Parallel Worlds”, dove fonde un’alchimia di suoni che rapisce e porta in mondi fantastici e poetici. Sarà forse per questo che il disco si apre con “Alchemy”: oltre 7 minuti in cui si mescolano suoni anni Settanta con quelli contemporanei, quasi dando vita ad un combattimento tra synt. Abbiamo sentito l’artista parigino al telefono la mattina del 28 ottobre, cinque giorni dopo l’uscita dell’album, e il suo telefono aveva già squillato più e più volte per gli amici e colleghi che, ascoltate le 14 tracce – con “Alchemy”, ci sono “So Long Major Tom”, “Princess”, “Friends”, “Renaissance”, “Song of the Earth”, “Hubble Space Telescope”, “Japanese Tattoo”, “Mezcal”, “Tovarisch Gagarin”, “Strange Loop”, “Harem”, “El Fuego” e “Walk Away” – si sono congratulati con lui interrogandosi sul suo domani: con o senza i Rockets? Continuerà a comporre? Quelle domande sono anche le nostre.
Fabrice, cos’è per te la musica?
“La musica è vita, la musica è come l’aria che respiro, senza muoio!“.
In pochi mesi hai lavorato al disco da solista “Parallel Worlds”, cosa ti ha ispirato?
“È strano ciò che sto per dire. Non è che mi ha ispirato qualcosa in particolare. Sono partito da nomi o temi che avevo a cuore sui quali ho confezionato un brano. L’unica eccezione è ‘Princess’ che avevo cominciato nelle prime note 14 anni fa, quando ho conosciuto Paola che è mia moglie, e poi ho preso l’inizio del brano e l’ho messo nel cassetto perché ho detto: non c’entra niente con i Rockets quindi lascio perdere, vedremo da grande cosa fare con quel brano. Quindi quando ho poi deciso di fare questo album da solista ho ripreso il brano. Ovviamente la musica è emozione, quindi a secondo di come ti alzi e quello che succede intorno a te hai un modo di comporre o triste o melanconico o allegro o incazzato. Infatti nei 14 brani ce n’è per tutti. Quindi alla fine le cose che avevo a cuore le ho fatte. Sono 14 sfumature di me stesso“.
C’è una traccia che ami maggiormente? Immagino sia questa dedicata a tua moglie…
“Ce no sono tre. Sì, ‘Princess’, non tanto perché l’ho scritta per Paola ma perché la trovo di una bellezza pazzesca, una melodia bellissima. Poi c’è ‘Japanese Tattoo’ perché adoro l’Oriente, in particolare amo il Giappone per quanto riguarda la loro cultura, il modo di pensare, le arti marziali (ho fatto trent’anni di arti marziali), le sue logiche, le sue cerimonie, le scritture, il tè, e amo i tatuaggi, soprattutto quelli giapponesi, quindi ho voluto fare questo brano che mi piace molto. E l’altro che mi piace tantissimo è ‘Alchemy’. Però a dire la verità, se guardo l’elenco e ascolto i brani, mi piacciono tutti. Questi qua sono i tre con una piccola preferenza. Ero al telefono col mio avvocato, anche lui musicista, e mi ha fatto stracomplimenti, mi piace avere complimenti dalla gente del mestiere, con qualche criticone che mi dice: hai fatto un’opera d’arte. Questo mi basta, già sono contento“.
I brani sono come delle colonne sonore che portano in mondi lontani nello spazio e nel tempo.
“Assolutamente sì“.
C’è qualcosa che li unisce e qualcosa che li divide?
“Non c’è niente che li divide, non c’è nulla che li unisce. Questo album mi rappresenta, sono io in tutte le sfumature, in tutti i tipi di musica sono proprio io. Chi mi conosce lo capisce e quindi è questo il trait d’union dell’album. Quando ho deciso di fare un album da solo non avevo le idee molto chiare su come farlo. Avevo incontrato Roy Tarrant che è il mio discografico tre mesi prima di iniziare a lavorare davvero sull’album. Gli ho fatto sentire alcuni provini che avevo fatto e lui mi fa: porca miseria perché non facciamo un album soltanto di strumentali. C’ho riflettuto e dopo due, tre giorni ho detto: sì, sì ci sto, va benissimo, bell’idea. Anche perché questo album è rivolto a un discorso di ipotetiche colonne sonore da film. Perché quello che dico sempre è: da grande voglio essere compositore di film belli, con la f maiuscola! Non per nulla ho dedicato questo album a Ennio Morricone che per me è il Maestro, il punto di riferimento per uno che scrive musiche da film. Ce ne sono altri molto bravi, ma aveva una marcia in più. Quindi ho deciso: da adesso voglio fare questo, oltre che fare concerti ovviamente“.
Cosa della produzione di Ennio Morricone porti in particolar modo nel cuore?
“La leggenda del pianista sull’oceano“.
Condivido.
“Quella scena lì quando lui sta registrando con quella ragazzina bellissima e dolce che lo guarda suonare attraverso l’oblò (la scena di ‘Playing Love’, ndr)… Io potrei guardarlo tutti i giorni questo film, non mi stanca mai“.
Emoziona.
“Infatti ‘Princess’ per me nella ‘Leggenda del pianista sull’oceano’ ci sta perfettamente. Però, Morricone è Morricone (sorride schietto, ndr)”.
Decisamente… Se dovessi lavorare con un regista cinematografico a tua scelta, chi chiameresti?
“Non lo so. Sinceramente non lo so. Posso dirti quale film mi sarebbe piaciuto: oltre a ‘La leggenda del pianista sull’oceano’, ‘Il gladiatore’ e ‘Blade Runner’. Quest’ultimo è stato fatto da Vangelis e Frederick Rousseau, un mio amico d’infanzia con cui ho fatto due brani insieme. Mi piacciono tutti i film importanti. ‘Star Trek’ meno perché non mi piace il tipo di colonna sonora. Mi piacciono tutti i film dove c’è la melodia con la sensibilità come ‘Il miglio verde’. Ci sono una marea di film belli. Io vorrei lavorare con tutti quelli che fanno i film belli, anche perché non c’è un film bello senza una grande colonna sonora o il contrario: tante volte la colonna sonora fa fare successo al film. Guarda ‘Apocalypse Now’, potentissima la colonna sonora“.
Certo, a tutti resta il suono dell’arrivo degli elicotteri…
“Mamma mia, sì, sì“.
Hai sottolineato il connubio melodia-sensibilità: è questo che ricercheresti nella colonna sonora di un film?
“Sì, anche perché sono così. Io sono uno molto sensibile, emotivo, ma quando m’incazzo, m’incazzo. Sono come l’album, vado da ‘Princess’ a ‘Mezcal’, che è l’opposto. Ci sono delle persone che sono incazzose tutto il giorno e ci sono quelle che sono emotive tutto il giorno, io no. Ma sono molto emotivo“.
Cosa hanno detto i componenti della tua band di questo tuo album?
“Inizialmente sono rimasti un po’ così…’Fai un disco da solo!’ Anche perché con ‘Wonderland’, l’ultimo album che abbiamo fatto l’anno scorso, io ho sempre detto che è l’ultimo album dei Rockets perché si è chiuso un ciclo. Quindi basta. Continueremo a fare dei concerti, salvo Covid-19 ovviamente, però continueremo perché adoro suonare con loro, mi trovo bene. Quindi i primi giorni quando gli ho detto ‘faccio un album da solo’, sono restati di stucco, basiti, poi alla fine devo dire che tutti mi hanno fatto i complimenti, tutti hanno detto che va bene così, anche perché alla fine sono libero di fare quello che voglio o no? (Gioca, ndr)”.
Giusto. Invece la prima reazione di tua moglie alla canzone che le hai dedicato?
“Come ti ho detto, avevo cominciato a farla 14 anni fa e a lei piaceva molto, infatti diceva: peccato che non esce mai il brano, a me piace un casino! Però di questo brano sei o sette anni fa mi sono tatuato le prime note sull’avambraccio“.
A destra o a sinistra?
“Quello destro, assolutamente destro! (Gioca, ndr)”.
Questo disco strumentale è immaginifico, ma sarebbe bello anche qualche brano con la tua voce.
“Inizialmente volevo fare alcuni brani cantati da me, ma l’ho reputata una cosa fuori luogo, anche perché sono tutti brani strumentali e inserirne tra loro alcuni cantati non aveva molto senso e poi non sono cantante. Ogni tanto canto, ma i cantanti sono diversi. Ho già altri brani per un nuovo disco e quindi se riterrò all’altezza la voce lo farò nel prossimo lavoro, magari non in inglese ma in francese perché sono parigino. Comunque per il mio ego mi piacerebbe certo cantare” (Ride, ndr).
I nuovi brani hanno lo stesso mood di quelli di “Parallel Worlds”?
“Sto lavorando su due, tre brani. Uno è completamente progressive e credo che farò un progressive senza batteria, cosa che non si fa mai, ma devo ricercare. Un altro è col piano, una bella ritmica. Il mio mood alla fine mi rispecchia e il mio modo di suonare è il mio gusto. Il mio avvocato mi ha detto che più di tutto piace che ho fatto un album di gusto. Il mio è un gusto nella ricerca del suono, la musica è un po’ come una donna si alza la mattina e comincia col vestito e il trucco giusto ed è giusto ciò che non è eccessivo… È importante la scelta delle cose giuste, il cercare la perfezione, la perfezione è sempre, anche nel fare un quadro. Non è che i quadri più complicati sono i più belli. Ci sono dei quadri di autore che sono delle bellezze pazzesche e possono apparire anche relativamente semplici mentre dietro c’è tanto lavoro, come nella scrittura, come in tutto. Il gusto è importante in tutte le cose. Dico il gusto con la ‘G’ maiuscola“.
Tu hai gusto anche nel vestire…
“Ho la fortuna di lavorare con una stilista di Prato, Cinzia Diddi, che mi sta curando tutti gli outfit, sia per tutti i giorni sia per il palco. Sono quattordici outfit diversi, uno per brano. Mi sceglie i colori in base al brano, ha fatto uno studio su come sono io a partire dalla mia faccia. Lei nasce per l’outfit da donna, veste infatti molte attrici. Ci siamo conosciuti per un’opera benefica. Lei ha scritto un libro (‘La Stella più bella, ndr) che è stato venduto per una raccolta a favore della protezione civile toscana quando c’era il lockdown. Poi abbiamo fatto due, tre vendite all’asta insieme a lei. Parlandole del progetto mi ha detto che era curiosa di sentire la mia musica, le ho inviato alcuni brani e da allora lavora giorno e notte. Tra dieci giorni saranno pronti tutti i quattordici capi d’abbigliamento e ne faremo un catalogo, la linea Fabrice Pascal. Da vecchio divento un fotomodello per una casa di riposo ed anziani (ride di gusto, ndr). Faremo il balletto con le stampelle, meglio riderne!“.
Sei molto solare, mi lasci con un tuo motto?
“La musica è la nostra colonna sonora…ognuno ha la propria playlist“.