Per avere credibilità come cantante nasconde il suo viso: è Omär attualmente on air con “Ci risiamo”
Ha una voce dolcissima, è così anche il carattere? “No, decisamente no. Chi mi conosce – dice, scherzando – lo può confermare! Vero è che sono molto emotiva, ma voglio anche essere forte e me lo impongo tante volte e sono anche molto testarda… I collaboratori musicali lo sanno bene. Posso essere tante cose però non sono così dolce come appaio sempre“. Sono al telefono con Omär in rotazione radiofonica e sulle piattaforme digitali con il nuovo singolo “Ci risiamo” (thewebengine) dalle sonorità dark-pop e rock a cui ha lavorato il produttore Etta Matters.
Omär: come hai scelto il tuo nome d’arte?
“È capitato un po’ per caso perché i miei produttori mi chiamavano così un giorno per scherzare e a un certo punto ho detto: ‘sai che c’è? A me piace il fatto che Omär abbia questa duplicità, un po’ maschile, un po’ femminile, non si capisce bene’. In realtà, credo che sia più maschile che femminile e che io sia la prima donna ad averne usufruito come nome d’arte. Però mi piaceva anche il solo pensare che qualcuno va a cercare Omär come artista e si ritrovi una voce femminile che non si aspetta“.
Quale suggestione ha portato i tuoi produttori a chiamarti Omär?
“In realtà, si collega al mio nome anagrafico… Però non si può dire di più…“.
Mi viene da dire – cosa a cui non avevo pensato prima – che come uomo si potrebbe richiamare a Homer Simpson ma vista la dieresi sulla “a” avevo pensato al mare…
“Sì, è Omär, ma tutti mi stanno chiamando Òmar, di conseguenza sono un attimo in dubbio, ma era stato pensato come Omär“.
Sei di Torino, vero? È questa la città che fa da sfondo ai tuoi video?
“Certo! Molti mi dicono che si sente dalla ‘e’ quando canto“.
Com’è cominciata la tua avventura musicale?
“Per me la musica è sempre stata un punto fisso nella mia vita. Canto da quando ero piccola. Io non mi apro facilmente, sono molto espansiva con gli amici ma tengo tutto dentro e la musica è stata quella cosa che mi ha aiutata realmente a comunicare sia con me stessa che con gli altri. Fin da piccola ho iniziato a cantare. Mi sono avvicinata alla scrittura un po’ più tardi, perché avevo paura di aprire il vaso di Pandora. Però a un certo punto mi son detta: ‘che cavolo provo lo stesso’! E l’ho fatto grazie ad una band con cui cantavo qualche anno fa, e da lì in poi sono stata un po’ un fiume in piena“.
Il nome della band?
“E no! (sorride, ndr)”.
Suoni degli strumenti?
“Suono un po’ di piano, un po’ di chitarra, un po’ di batteria. In realtà ‘suonicchio’ un po’ di tutto ma male, non qualcosa così bene da poter dire suono uno strumento, però sto iniziando a prendere lezioni di piano per riuscire magari un giorno anche ad accompagnarmi live“.
Ma ti serve, come dici tu, ‘suonicchiare’ per scrivere le canzoni?
“Certo, assolutamente sì. Il fatto di aver avuto una band – ritorno a prima – ti fa rendere conto di come viene scritta da zero una canzone che è un po’ diverso dal mettersi davanti al software e scriverla, riesci un po’ a capire bene la funzione degli strumenti in una canzone. Quando suoni e scrivi una canzone io credo che già solo il pensare allo strumento analogico, allo strumento vero, ti aiuti a inquadrarlo meglio. Sicuramente aiuta suonare, mi dispiace che non riesca a farlo così bene. Devo assolutamente trovare il modo di farlo!“.
Ce la farai! Quali sono i tuoi artisti di riferimento?
“Per quanto riguarda l’Italia, trovo che Levante e Mahmood siano incredibili, diversi ma originali, hanno delle penne molto originali. Poi per quanto riguarda l’estero, io ascolto in realtà gente abbastanza sconosciuta forse in Italia. La mia band preferita si chiama The Neighborhood. Uno che mi ha abbastanza aperto il mondo e ho visto dei video su come scriveva e produceva è Jon Bellion, è un produttore, un artista completo perché canta, produce per altri famosissimi e scrive da dio! Questi sono più o meno i miei dei dell’Olimpo, ecco!“.
Hai parlato di produttore, come ti trovi col tuo, Etta Matters?
“Benissimo, in realtà è un mio caro amico. Lavoriamo da tanto insieme, ho scritto tante canzoni con lui, anche prima di Omär, mi sono sempre trovata da dio. Lui mi capisce, perché negli anni abbiamo sviluppato una specie di linguaggio comune perché stando sempre insieme e lavorando sempre con la musica dopo un po’ ci siamo influenzati tantissimo a vicenda. Quindi quando ho tirato fuori Omär credo che lui abbia saputo cogliere l’essenza e indirizzarmi bene anche sulla questione produzione“.
“Ci risiamo” è una canzone che parla di amori che tornano: è autobiografica?
“Sì e no, nel senso che è stata scritta prendendo spunto dall’iniziale testo del ragazzo che mi ha aiutata a scriverla che si chiama Francesco Gargano“.
Ed è lui che vediamo nel video?
“Esatto, perché il video è stato girato in poco tempo e montato in pochissimo tempo, e c’erano lui e la sua ragazza che erano disponibilissimi e mi hanno fatto il favore. Ci stava perché lui è parte di questo pezzo e meglio di lui non poteva farlo nessuno. E un po’ autobiografica sì la canzone ‘Ci risiamo’ perché penso che a un certo punto della vita capiti a molti di ritrovarsi nella situazione in cui non si riesce mai a uscire da una situazione, fai sempre giri su te stessa e torni sempre all’inizio, quindi sì e no, sì direi di sì, però non tutto, ecco!“.
Hai detto che Francesco e la sua ragazza erano disponibilissimi… Tu non ci sei per niente nel video?
“No, assolutamente, a me non si vede da nessuna parte. Anzi, forse nel video ci siamo io e Etta Matters che appariamo su una panchina seduti nello sfondo di loro che si baciano“.
Ma negli altri video, disponibili sul tuo canale youtube, ci sei?
“No, mai! Misteriosa al 100%. Guarda, se potessi fare anche i live così…“.
Come mai tanto mistero?
“In realtà, è proprio partita così la storia quando ho deciso di fare Omär. Io ho avuto tante esperienze musicali, ho scritto per tanti anni altre cose e mi sono sempre fatta vedere, non ho mai fatto la misteriosa e ho notato questa cosa che succede con le artiste donne cioè che l’estetica conta tantissimo, dà un peso diverso a tutto quello che fai. L’essere una bella ragazza aiuta ma poi viene presa soprattutto quella parte quando fai musica. Quando poi ho avuto il dubbio di intraprendere questo percorso e mi sono detta ‘io non mi vorrei fare vedere’, ci sono stati vari collaboratori ed amici che mi hanno detto: ‘no, stai facendo una stronzata’, etc. Abbiamo mandato il primo pezzo a un po’ di persone del settore e molte di queste hanno risposto: ‘Bellissimo, ma lei com’è? Bella?’ Molti hanno proprio detto: ‘Ma lei è figa?’ Al che quando ho letto queste risposte, ho detto: ‘sai che c’è? Forse già avevo il dubbio, adesso non ce l’ho più’. Ho deciso di togliere quella parte completamente e di fare al 100% musica. Ovviamente tengo comunque alla parte estetica, anche i video sono abbastanza curati, però senza l’immagine mia, non per forza devo usarla per attirare like o varie cose“.
Ti rendi conto di cosa siamo costrette a fare ancora. Kamala Harris vicepresidente degli Stati Uniti ci potrà forse aiutare, ma siamo ancora molto lontano…
“Nel mondo della musica è facile che ci sia quel maschilismo perché la maggior parte sono uomini sia i produttori che la gente che ci sta dietro. Io prima di trovarmi bene con Etta è stata una ricerca continua perché non hai la stessa credibilità di un uomo. Se magari dicevo di volere ad esempio che il violino non suonasse così ma cosà, dall’altra parte non avevo assolutamente alcun tipo di riscontro, nessuno mi ascoltava quando parlavo, è stato in realtà per questo che ho deciso di continuare a collaborare con Etta perché è la prima persona che davvero mi sentiva e mi ascoltava realmente“.
Hai toccato le mie corde migliori.
“Quindi l’hai provato anche tu?“
Sì, sì, tante volte purtroppo. Senti, devo farti una domanda sul fumo. Mi ha stupita che nei tuoi video mostri le sigarette accese. Adesso che ti scopro così sensibile ancora di più. Dopo la legge Sirchia che vieta il fumo nei luoghi pubblici chiusi si è discussa l’opportunità nei filmati di vario genere di far comparire le sigarette. Tu ti sei posta il problema?
“In realtà, io non fumo. Però credo che faccia parte del quotidiano di ognuno. Molti nella mia compagnia fumano, quindi è capitato che nei momenti in cui si vedono sigarette nel video è perché probabilmente la persona che si vede nel video aveva delle sigarette e stava fumando. Dal punto di vista fotografico poi colpisce“.
Certo, basta pensare a Humphrey Bogart, icona per eccellenza anche della sigaretta… Ma torniamo a focalizzarci su “Ci risiamo”: rientra in un progetto più ampio? Stai preparando un disco?
“Sì, però per ora sto pensando a fare uscire un po’ di singoli. Effettivamente se dovessi pensare a un disco, o semplicemente ad un ep, questo non è il momento migliore perché comunque la promozione andrebbe fatta con un po’ di live, con la testa un po’ più leggera. Il prossimo singolo uscirà molto presto, verso dicembre/gennaio. Sto scrivendo tanto in questo periodo anche perché sono in Piemonte e siamo tutti in quarantena totale. Spero che tutto si sbloccherà e riusciremo a tornare normali finalmente“.
Quando saranno di nuovo possibili i live che trucco avrai?
“Quest’estate ho partecipato ad un live, al Deejay On Stage di Riccione, ed effettivamente mi sono ritrovata poco preparata perché non pensavo vista la pandemia mondiale che mi avrebbero chiamato un giorno per un live, così mi sono effettivamente improvvisata con degli occhiali belli spessi, grossissimi con cui non si vedevamo né gli occhi, né il naso, solo la bocca. Probabilmente continuerò ad usare stratagemmi del genere finché magari un giorno… perché so bene che non potrà durare per sempre. Anche se so che effettivamente questo mistero mi ha un po’ aiutata, per ora va bene così, mi sento abbastanza a mio agio così, e riesco a gestire tutto, anche i complimenti in qualche modo. Essendo una ragazza se ti arriva un complimento da un ragazzo che dice ‘che bella canzone’ lo trovo più sincero e, devo dire, mi sta apprezzando un sacco di gente“.
Un tuo desiderio?
“Credo che sia il desiderio di tutti: vorrei riuscire tra qualche mese ad entrare in una discoteca ed abbracciare tutti quanti uno per uno. Non vedo l’ora di avere il contatto umano senza paura. Ho proprio bisogno di quella libertà del contato umano a cui non ho mai pensato prima perché mai avrei immaginato una cosa del genere. Mi capita ogni tanto di vedere dei film su Netflix e vedere assembramenti e pensare: o mio dio cosa stanno facendo! Psicologicamente il Covid-19 ci sta un attimo mettendo alla prova“.