Marco Furio Forieri: “Il mio posto del cuore è quando monto in barca”

Dal 1984 nel mondo della musica come autore, compositore, editore. Così si presenta sul suo sito www.marcoforieri.com il sassofonista che ha partecipato alla carriera del gruppo musicale Pitura Freska dal 1988 al 2002 (data dello scioglimento) e che nel 2002 ha fondato il gruppo ska-jazz degli Ska-J con all’attivo 12 cd. Dal 9 ottobre è disponibile il singolo da solista “Col bastone”, un brano con cui si oppone a tutti i sopraffattori, accompagnato da Giuseppe “Frank” Martino, emergente artista della scena jazz-elettronica, e agli Ska-J. Marco Furio Forieri (nato a Venezia il 3 ottobre 1962) vanta tre dischi d’Oro con i Pitura Freska (‘Na Brutta Banda, Duri i Banchi, Gran Calma) e un disco di Platino (‘Na Brutta Banda), oltre ad un premio Tenco nel 1992 con il brano dialettale “Pin Floi” e un posto tra i brani dialettali più amati in Italia (secondo un sondaggio del Mei) con “Santamarta”.

A ridosso del 58esimo compleanno è uscito “Col bastone”: quali le suggestioni di questo brano?

In realtà io compongo ascoltando prima di tutto le melodie, perché secondo me dentro le melodie ci sono delle parole nascoste. Ascoltando questa melodia molto semplice che avevo tirato fuori più o meno un anno fa, era ottobre del 2019, mi sembrava una cosa non violenta ma comunque forte, nel senso della rivalsa del giovane, dell’uomo contro i caporali, i sopraffattori. A dir la verità, non ho fatto altro che adoperare le classiche frasi che ho sentito negli anni dai vari manager, promoter, etichette discografiche e via discorrendo che molto spesso ti tengono un po’ sotto il tallone in maniera che tu non debba alzare troppo la cresta e poter guadagnare più soldi possibili sulla tua fatica, sul tuo lavoro. Da qui è nata questa canzone un po’ contro la sopraffazione che ho vissuto nella mia vita ma che tutti quanti, se pensano, possono trovarla, insomma, nell’ambiente di lavoro, nella musica, nella scuola e via discorrendo“.

Quindi è una denuncia amara della società in cui viviamo?

Sì, in linea di massima, sì. Diciamo, che sono quegli sfoghi che tutti quanti almeno una volta al giorno hanno quando sono nel loro ambiente, anche soltanto in macchina, tipo: ‘guarda questo qua, come guida questo, se l’avessi affianco gli darei uno schiaffo, gli darei un bastone così impara a mettere in difficoltà gli altri e anche a rischiare la vita sua e quella degli altri’, per cui è così, sì“.

La scelta di fare del videoclip del brano “Col bastone”, diretto da Luca Bragagnolo, una parodia del cult “Arancia Meccanica” di Stanley Kubrick è dettata dalla frase del film “in un Paese la libertà è tutto”?

Adesso non voglio essere così intelligente, però potrei dirti di sì, è vero, ma non è solo ‘Arancia meccanica’, ci sono moltissimi esempi negli scrittori greci e latini che parlano di questo. Comunque, sì, l’idea primaria era di fare il videoclip pensando ad ‘Arancia meccanica’, quella mi è venuta subito appena ho cominciato a lavorarci sopra al brano fino a provare l’arrangiamento, ho pensato che come video ispirarsi ad ‘Arancia meccanica’ sarebbe stato molto divertente. Quando ho parlato con Luca Bragagnolo, che è un regista molto conosciuto nell’ambiente perché ha fatto i video dei Subsonica, degli Africa Unite, Loredana Bertè, etc. etc., gli ho detto questa cosa e lui si è subito entusiasmato e dopo ha continuato a lavoraci sopra ed è venuto così il video insomma, che ha citazioni, in realtà, anche a ‘Joker’ perché tutta la scena della scalinata è sempre su questa falsariga della superviolenza di Joker e anche di Alex di ‘Arancia meccanica’“.

Prima di vedere il video, la suggestione del bastone mi aveva riportato a Charlie Chaplin e al “Dr. House”. Guardandolo, poi, sono entrata in quest’altro tipo di mood.

Sì, per carità, il videoclip è diventata una forma d’arte, anche se sono sempre un po’ sottostimati perché è come se fossero ancora i musicarelli di fine anni Cinquanta e degli anni Sessanta. In realtà hanno una loro importanza non solo strategica dal punto di vista del marketing, ma anche un’importanza proprio artistica. Ci sono delle canzoni che sono non particolarmente brillanti, ma che restano famosissime per i video, e viceversa delle canzoni bellissime che purtroppo hanno dei video veramente scarsi perché fatti così in fretta e furia oppure perché l’artista non era ancora emerso e non aveva soldi da spendere. Per un video che faccio io posso spendere dagli 800 euro fino ai tremila, ma se appena andiamo a parlare dei personaggi che senti in radio tutti i giorni si parte dagli 8mila e arrivi a 30mila. Questi qua hanno soldi da spendere, basta vedere adesso i gruppi giovanili che sono coreani, cinesi che hanno molti soldi e fanno dei video da paura. Ma non è il mio target: per cui se non vedo ‘Blob’ su Rai3 la sera, non li vedrei mai questi video“.

Il videoclip di “Col bastone” è stato girato a Trieste (piazza Unità d’Italia) e Carso (Basovizza), ma non nella tua Venezia, come mai?

Perché come si dice a Venezia ‘ghe n’avevo ‘na sgionfa’, ‘ero anche stufo’, perché ogni volta che parlo con i registi ‘ho questo video, vorrei fare questo video’, ‘bè, allora facciamo che sei tu che cammini per Venezia’. No, basta, è dai tempi dei Pitura che giriamo i video a Venezia, che cammino per Venezia, che vado in barca, che parlo dal balcone di casa mia, ho detto ‘basta’, io voglio cambiare completamente, ‘basta’. Venezia l’ho fatta vedere in tutte le salse, anche la vita reale e la vita nascosta addirittura. Una volta per il brano ‘Santa Marta’ l’abbiamo fatta naïf. Abbiamo comprato dei gran pannelli di legno, abbiamo fatto le strutture perché avevamo degli scenografi che ci aiutavano e l’abbiamo fatta disegnata, molto naïf, molto a tratti grossi con i bordi neri. Addirittura abbiamo fatto una falsa Venezia pur essendo a Venezia, pur di girare al chiuso e non far vedere la solita Venezia cartolina. Infatti il video di ‘So Figo’, è Venezia, ma vedi una Venezia abitata: c’è il veneziano che lavora, che va in barca, ma con la barca da lavoro, che va a giocare in campetto da basket, tutto così, insomma, non la Venezia di Piazza San Marco, Ponte di Rialto e Canale Grande, queste robe qui, queste le conoscono tutti. Noi ci viviamo, siamo qua, siamo cittadini italiani, viviamo a Venezia e abbiamo le stesse cose che avete tutti quanti voi. Niente di più, niente di meno. Abbiamo soltanto la possibilità di vivere nella Laguna più grande d’Europa, Patrimonio Unesco, Venezia e la sua Laguna, che non esiste in Italia un posto così. Ed è importante, perché o è le Colline del Chianti o è una città o è una parte della città. Noi invece siamo sia la città che tutto quello che c’è intorno. Siamo fortunatissimi da questo punto di vista. E adesso senza turismo, mi dispiace per quelli che col turismo ci lavorano, ma noi che con il turismo non ci lavoriamo stiamo benissimo. Ah, finalmente si respira! Ci sono trenta milioni di turisti e 55mila abitanti, cioè io tutti i giorni ho due turisti al posto mio, non so se mi spiego, ogni cittadino ha due turisti. È una cosa un po’ pesante“.

Qual è il tuo posto del cuore a Venezia?

Il mio posto del cuore è quando monto in barca, nella mia barca a remi, perché io non vado neanche a motore, sono così anacronistico che ho ancora la barca che mi sono fatto costruire insieme coi fratelli, io avevo 16 anni e ho ancora quella adesso che ne ho 58, fatti i conti di quanti anni ha. Io vado a vogare, per cui quando sono in un canalino stretto e buio o nell’ampiezza della Laguna io sto sempre bene. In generale per me questo è il momento di maggior relax. Poi anche andare alle Zattere al tramonto a vedere il tramonto verso i Colli Euganei, oppure semplicemente il mio quartiere di Santa Marta che non è un quartiere particolarmente bello, non ci sono le casette basse, le gondole, l’acqua, no. È un quartiere costruito, ricostruito all’inizio del Novecento per le case popolari dei ferrovieri, per cui sono come qualsiasi zona di case popolari di qualsiasi posto d’Italia, però almeno ci conosciamo tutti, ci salutiamo per nome, ci parliamo in dialetto, ci capiamo quando parliamo e chi viene qua ad abitare si integra quasi subito anche se non è veneziano, ma perché vede insomma la popolarità del posto. Poi è chiaro anche noi abbiamo i nostri tossicodipendenti, i nostri ladri e tutto il resto come in qualsiasi parte di qualsiasi quartiere popolare del mondo, però insomma li conosciamo, riusciamo a contenerli e, soprattutto, perché in casa dei ladri non si va a rubare“.

I Pitura freska si sono sciolti nel 2002, in quali rapporti sei oggi con i membri della band?

Con qualcuno mi vedo, ma non tantissimo. Quelli che abitano in terraferma, (Sir Oliver) Skardy e (Francesco) Duse, difficilmente li vedo, stanno in terraferma e io in terraferma non ci vado, cosa vado a fare? Vado soltanto a Treviso a insegnare perché insegno il sassofono in una scuola popolare. Per cui, Skardy lo vedo solo se viene a Venezia lui, che siccome lavora, tra l’altro, non molto lontano da casa mia, ma se lo trovo nell’orario del transfert del lavoro, lo trovo, lo saluto, i rapporti sono buoni, cordiali. Valerio (Voleno Silvestri) lo vedo ogni tanto se vado in centro, e adesso ci si può permettere anche di andare a fare una passeggiata perché lui ha una piccola trattoria a Rialto. Cristiano (Verardo) ogni tanto lo vedo, ci vediamo a Cannaregio se io vado a Cannaregio, lui dalle parti mie ci viene raramente. Allora sono dei rapporti da vecchi amici, ma non di grande frequentazione“.

Il singolo “Col bastone” arriva a tre anni da “Furiology”, il primo cd da solista: come proseguirà ora il tuo percorso discografico?

La mia intenzione era di uscire in gennaio con un secondo singolo e in primavera con il terzo. Probabilmente io ho fatto un errore a pensare di uscire adesso. Avrei dovuto aspettare. Se avessi saputo che ci sarebbe stata questa seconda ondata dell’emergenza pandemica, l’avrei fatto uscire direttamente dopo l’uscita dei vaccini. Per cui penso che quando si vedrà la luce, le cose saranno un po’ più chiare, incomincerà la vaccinazione generale, allora uscirà il secondo singolo. Pensavo di far uscire così in successione per poi uscire col disco definitivo a dicembre del 2021, ma probabilmente uscirà più avanti. Io non ho premura, non ho la fretta del ragazzino e non credo che morirò subito immediatamente, per cui anche se esce nel 2022 per me cambia poco, l’importante che quest’estate si riesca a lavorare, si facciano concerti. Lo spero anche per la band con cui lavoro che ci sia la possibilità di suonare, di portarsi a casa i soldini, perché io lavoro con musicisti che fanno quello, tranne il trombettista che lavora responsabile di un supermercato all’interno della base militare di Vicenza, la base americana, tutti gli altri lavorano solo ed esclusivamente con la musica, suonando e insegnando, e via discorrendo. Per cui noi che lavoriamo con l’intrattenimento veramente siamo un po’ in difficoltà perché saremo gli ultimissimi a ripartire, insieme a quelli che lavorano con la musica, lo spettacolo, perché il teatro, alla fin fine, ha sempre sovvenzioni statali, la musica classica ha sempre sovvenzioni, ma noi che siamo cani sciolti e non siamo mainstream, non siamo Elisa, Emma, Jovanotti, e via discorrendo, noi saremo veramente gli ultimi a partire. Soprattutto anche chi fa musica originale che è sempre un po’ schiacciato dalle cover e tribute band che costano di meno, sono bravi a suonare e la gente va sicura, dice ‘vado a vedermi Vasco Rossi’, no ‘vado a vedermi un tributo a Vasco Rossi’, non è la stessa cosa, ma per loro va bene, alla gente che vuole andare alla festa di piazza va bene, va bene anche quello, anzi, meglio, non deve tenere la testa occupata ad ascoltare il testo, a sentire che bravi sono i musicisti che fanno gli assoli di chitarra e di sax, etc. No, è molto più semplice, molto più popolare. Diciamo che le cover e tribute band non sono altro che le band di liscio del 2000“.

Stanno facendo tante raccolte fondi e si sta cercando di sensibilizzare il governo a favore del mondo dello spettacolo in questo momento di emergenza sanitaria. Secondo te, quali possono essere gli aiuti concreti al settore musicale?

Dovrebbero esserci degli sgravi da dividere tra chi organizza e chi invece suona. Per esempio, detta terra, terra il contributo Enpals, pensionistico, del musicista, che noi musicisti di base ci autotassiamo, lo dobbiamo togliere dal nostro caquet. Io guadagno 150 euro lordi, però 22 euro di contributi solo Enpals, poi dopo c’è l’Inps, dopo c’è l’Iva, dopo c’è la busta paga etc. etc. Io direi che quella parte là, se fosse lo Stato in parte a pagarla direttamente nel momento in cui tu suoni ed emetti fattura hai, come gli agenti di commercio, che il 50% lo paga l’agente, il 50% la ditta mandante, in questo caso io dividerei a metà e agevolerei così il musicista che lavora in chiaro e non in nero, perché anche questo è un grosso problema. Penso che il 70% della musica in Italia venga pagata in nero e dopo ti ritrovi a 60, 70 anni che non hai neppure un contributo da parte e non puoi mica continuare a suonare finché non muori. Io non sono di questa famiglia perché io mi sono sempre pagato tutto e cerco di essere sempre regolare, però c’è da dire che tante volte è il gestore stesso che ti dice ‘mi raccomando non fatturare’, ‘sì, ma se io non ti faccio fattura non mi paghi i contributi e, se viene un’ispezione e io sto lavorando, rischio 15mila euro di multa io e anche tu che mi fai suonare senza’, ‘Eh, ma io conosco tutti qua, cosa vuoi che passino i carabinieri…’ …E così restiamo ai tempi dei servi della gleba“.

Quali sono i lati del carattere che ti riconosci?

Una delle mie caratteristiche, che delle volte può essere anche un top, è l’onestà, io sono troppo onesto. Nel senso che se c’è da dividere la torta me la fanno dividere a me perché sanno che avranno tutti quanti una fetta uguale. Allora questa cosa ogni tanto, appunto come dicevamo prima, per esempio per quanto riguarda le fatture ai concerti, questo mi pone a volte in difficoltà perché io m’impunto e dico ‘no, è giusto questo, dobbiamo essere onesti per cui se io lavoro devo essere pagato in regola’, questa cosa a qualcuno non sempre garba e allora mi trovo delle volte in difficoltà per questo mio senso di giustizia, onestà che ho. Poi, magari non tutti la pensano come me, ma io penso di essere una persona onesta“.

Qual è il motto che ti accompagna giorno dopo giorno?

Di solito io scherzando dico ‘Sono Forieri, non faccio prigionieri’ oppure dico ‘Siete tutti liberi di fare quello che voglio io’, lo dico sempre scherzando, ma lo faccio anche per ribadire un po’ che, se bisogna, ragioniamoci sopra un attimo, ‘pensarci prima è sempre utile che pensarci dopo’, come dice un mio amico ingegnere. Alle volte ti trovi con i problemi davanti, quando potevi pensarci prima, li avresti affrontati e risolti e non raggirati lasciandoli ancora in sospeso alle tue spalle così che dopo ti correranno dietro“.

You May Also Like

Le emozioni di una voce intensa e dolce: Emilio ne “I tuoi silenzi”

Tappa vincente per i Gregari “In fuga”

L’amore non soffoca, l’invito alla denuncia

“Letto singolo”: debutto promettente per il giovane cantautore Michele Lener