Matteo Macchioni: “Mi piacerebbe un giorno fare un duetto con una rockstar”
Su Facebook scrive: “Io, pur essendo una persona che rispetta le regole al 100%, comincio ad essere molto provato…molto compresso e stanco”. Al telefono sottolinea che “come tutti, come tutti gli artisti” è estenuato dallo stop forzato delle attività a causa del Covid. È Matteo Macchioni, tenore di fama internazionale, che mi ha regalato un po’ del suo mondo fatto di musica senza confini.
Matteo, i pregi e i difetti che ti riconosci?
“Fra i difetti che sono un tipo abbastanza cocciuto, a volte intestardisco nelle cose e a volte è un bene, a volte un male. Poi sui difetti è difficile che possa dirteli io, è meglio te li dicano le altre persone. Anche i pregi potrei elencartene un’enciclopedia, magari non sarei veritiero. Sono uno determinato e anche questo può essere un pregio e un difetto. A volte faccio fatica a cambiare, nel senso che i cambiamenti nella vita forse dal mio segno zodiacale che è il toro, sono un po’ difficili, ma per il resto mi ritengo una persona abbastanza equilibrata“.
Cos’è per te la musica?
“Fin da quando ero bambino, piccino, piccino, è stata sempre un bellissimo gioco, poi è diventata una passione e adesso è un insieme delle due cose. Quando avevo quattro anni distruggevo pentole e padelle perché costruivo la mia batteria personale, poi mettevo su dischi in vinile dei Queen, dei Toto, a volte anche Aerosmith, insomma facevo molta, molta confusione. Poi han capito che dovevano comprarmi prima una batteria per incanalare la musica su uno strumento vero, e poi a sei anni ho cominciato a studiare musica privatamente e da lì le cose sono cresciute, però è iniziata come un’esigenza il ritmo. Mi piaceva tantissimo la batteria quando ero piccolo, ne ero affascinato. Quindi è stato un bellissimo gioco, poi una passione“.
Quali sono tutti gli strumenti che suoni e quando è cominciata l’educazione della voce?
“Io, come ti ho detto, da bambino suonavo la batteria da autodidatta, poi ho cominciato a studiare pianoforte e i miei studi accademici sono stati come pianista al Conservatorio dove mi sono laureato. Lo studio del canto è partito quasi per caso quando studiavo pianoforte al Conservatorio. I pianisti di solito vanno ad accompagnare i cantanti della classe di canto al pianoforte, quindi il cantante canta e c’è un pianista che suona al pianoforte i brani, io facevo questa attività e pian pianino mi sono appassionato anche al canto, quindi un bel giorno ho cominciato a fare lezioni di canto anch’io. Da lì mi hanno fatto notare che la mia voce squillava, poi comunque a me piaceva tantissimo anche il pop, il rock, quindi a livello vocale lo studio, la passione sono nate molto, molto lentamente, e quasi per germinazione spontanea. Quando ero piccolo, avevo paura della mia voce. Mi avevano comprato il ‘Canta Tu’ i miei, e lo odiavo perché la voce che mi usciva dal microfono non mi piaceva mica. Ero un po’ timido da quel punto di vista, poi pian, piano la passione per il canto è nata all’interno degli studi al Conservatorio, ed è diventata una professione diversi anni dopo“.
Hai un modello di riferimento come tenore?
“Se ti devo dire un cantante lirico nostro vanto per la genuinità del gesto vocale, per la bellezza del timbro, è Luciano Pavarotti cantante d’opera degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Pavarotti credo che sia un fulgido esempio per tutti“.
Qual è il personaggi che più hai amato interpretare?
“Il Conte di Almaviva da Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, insieme a Cenerentola (Don Ramiro) è l’Opera che ho cantato di più in assoluto, ad oggi dei due titoli insieme ho fatto circa 60 recite in giro per tre continenti, quindi sono dei ruoli che ho interpretato molto. Il Conte di Almaviva è un ruolo difficilissimo ma divertentissimo da cantare e da interpretare, perché durante il corso dell’Opera lui si finge un giovane studente squattrinato, in realtà è un conte ricchissimo. Poi entra nella casa di questa ragazza che aveva come tutore un medico arcigno e lui si finge prima soldato ubriaco, poi maestro di musica e alla fine si rivela conte. Quindi ci sono tante maschere, tanti travestimenti e tanti caratteri diversi da interpretare che lo rendono un ruolo coloratissimo come è e come coloratissimo è Gioachino Rossini a livello musicale“.
Quale invece il ruolo che vorresti interpretare e non hai ancora portato in scena?
“Ce ne sono due a dir la verità, due sogni nel cassetto che mi piacerebbe cantare in teatro. Uno è il Fenton che è tratto dal Falstaff di Giuseppe Verdi e l’altro è il Rinuccio tratto dal Gianni Schicchi di Puccini“.
C’è un motivo particolare di queste scelte?
“Perché sono ruoli che adoro e perché i miei caratteri vocali sono di tenore lirico leggero e ho interpretato tantissimo Rossini, Mozart, anche Donizetti, in questi anni, ma ancora non mi è capitato di interpretare ruoli principali in opere di Verdi o Puccini che sono due autori straordinari. Però per la mia vocalità sono un po’ distanti, ma quei due ruoli si avvicinano alla mia voce, ai miei caratteri vocali, quindi mi piacerebbe molto poterli interpretare“.
Il 27 gennaio ricorrerà il 120esimo anniversario della morte di Giuseppe Verdi (Le Roncole, 10 ottobre 1813 – Milano, 27 gennaio 1901), per l’occasione ci regalerai una chicca almeno in streaming?
“In realtà mi anticipi perché c’è un bel progetto che è in corso di realizzazione. Può darsi che proprio l’aria di Fenton ‘Dal labbro il canto estasiato vola’, un brano meraviglioso, forse riuscirò ad eseguirlo e a postarlo in streaming, vedremo, sarebbe una bella cosa“.
In questi giorni saresti dovuto essere in Danimarca per “Così fan tutte” di Mozart, ma causa Covid le date sono da riprogrammare. Quali sono i progetti che stai preparando in vista di una possibile prossima riapertura delle attività?
“Ci sarà una riprogrammazione di tantissimi contratti artistici che io non ho potuto espletare tra il 2020 e questo scorcio di 2021 con ovviamente un grande dispiacere a causa della pandemia e la difficoltà di viaggiare. ‘Così fan tutte’ si sarebbe protratto per quasi tre mesi ed è stato in bilico fino all’ultimo secondo, poi la Danimarca è entrata in un lockdown abbastanza duro come altri paesi europei, quindi è stato proprio impossibile iniziare le prove. Dalla primavera inoltrata in poi, ci sono in programma tanti progetti per tornare innanzitutto ad esibirsi dal vivo in concerto, poi i teatri stanno riprogrammando in questi mesi questi contratti che non sono stati fatti, quindi ci sono tante cose in programma. Stanno riprogrammando proprio in questi mesi. Sarà veramente complesso perché quando ti capita di fare un periodo di stop dopo tutti riprogrammano e si creeranno probabilmente anche dei flash di data, quindi ci sarà da lavorare tantissimo in poco tempo e a livello energetico non sarà facile, però la contentezza di ritornare sul palco sarà il premio migliore“.
In questo momento di pausa forzata, hai mica pensato di incidere un disco?
“Io sono iscritto alla Siae come autore dal 1999, ero alle Medie, quindi lo scrivere musica mi è sempre piaciuto, è sempre stata una passione alternativa a quella che è la mia passione vera cioè cantante d’Opera. Ci si pensa spesso, non lo so, vedremo. Delle cose sono nate da un punto di vista compositivo, però per adesso sono focalizzato sulla mia professione di cantante d’Opera. Comunque se ci sarà la possibilità, perché no?“.
Nel 2020, anche se in maniera ridotta vista la contingenza, hai festeggiato i 10 anni di carriera: un piccolo bilancio?
“È stato un pit stop soltanto per guardarsi un attimo indietro per poi guardare immediatamente avanti. È stato reso un po’ più lungo dalla pandemia, altrimenti non ci sarebbe stato nemmeno il tempo per festeggiarlo. Ho fatto un bellissimo concerto, per fortuna col pubblico in presenza, con le norme di contingentamento che erano valide l’estate scorsa, quindi il limite delle mille persone all’aperto. È stato molto seguito, molto bello ed è stato un modo per festeggiare questi anni. Guardandomi indietro, è volato tutto con una velocità incredibile, perché io ho debuttato nel 2010 e poi è passato tutto in un lampo. Ho cantato in Messico, in Russia, in tante parti d’Europa, praticamente in tre continenti ed è volato questo tempo, perché quando fai la professione ti capita veramente di fare una produzione dietro l’altra e di fare tantissimi chilometri in aeroplano. Quindi davvero è stato un periodo veloce, intensissimo e spero che altrettanto intenso sarà il secondo decennio, appena si potrà ripartire, perché adesso siamo tutti quasi fermi al 100%“.
Nel tuo percorso artistico cosa rappresenta “Amici di Maria De Filippi”?
“È stato un momento di grande gioco per me perché non ero ancora un cantante lirico allora, ero un giovane pianista neolaureato. Ad ‘Amici’ ho avuto la possibilità di sperimentare tante cose diverse, mi sono cimentato con brani pop, rock, ho fatto un po’ di tutto ed è stata una bella esperienza che conservo nel mio cuore perché ho potuto giocare, non avevo il pensiero di dover fare carriera per forza. Poi una volta uscito ho continuato a studiare e a fare concorsi, a fare audizioni e poi la carriera ad alto livello da un punto di vista internazionale è partita soltanto quattro anni dopo. Quella esperienza quindi la ricordo come qualcosa di molto bello e qualcosa per certi versi anche di spensierato“.
Ho ascoltato online la tua recente interpretazione del brano “Stagioni”. Cosa rappresenta oggi per te la musica pop?
“Quando ti dico che la musica per me è un divertimento e una passione ti ho dato la risposta anche su questo punto. Non ho steccati culturali, quando mi metto al pianoforte o quando scrivo musica, quindi considero la musica pop, intesa come popolare, come qualcosa di importante per la mia vita, anche di amante della musica. Sul pezzo che citavi, quest’anno ricorrono 50 anni dalla prima stesura di quel brano che era di Elton John, canzone che si intitolava ‘Seasons’ e che poi è stata ripresa un paio d’anni dopo dai Nomadi con il titolo ‘Stagioni’, quindi gli steccati cultuali per cui un artista deve fare solo ed esclusivamente una cosa in me a livello assoluto non esistono. Quando sono in teatro sono un cantante d’Opera professionista e mi attengo a determinati canoni, ma a livello di estro e di voglia di fare delle cose anche diverse non mi do limiti“.
Se dovessi pensare ad un tuo duetto impossibile?
“Io ho in testa sin da quando ero ragazzino a quando ho cominciato a studiare anche, oltre al pianoforte negli anni del Conservatorio, canto lirico, di fondere le sonorità, quindi mi piacerebbe un giorno magari fare un duetto con una rockstar, che ne so? Con gli Ac/Dc, portando la voce lirica su un pezzo totalmente rock, quindi creando dei contrasti enormi a livello di sonorità, questo mi piacerebbe molto“.
Hai un amuleto?
“Amuleti ne ho tanti, li porto sempre con me. Ho un ‘cornetto rotto, rosso e regalato’, perché così si dice a Napoli, e mi è stato regalato nel 2010, l’anno del mio debutto quando ero a Salerno da un fan che è venuto in teatro, lo porto sempre con me perché c’è proprio scritto che porta fortuna, quindi ce l’ho sempre con me“.
Hai un motto?
“Io sinceramente negli anni ho imparato, non so se chiamarlo motto, più che altro è una frase che mi dico sempre: mai esaltarsi troppo e mai deprimersi troppo“.
La tua passione calcistica c’è sempre stata. Come mai sei di Sassuolo e tifi Inter?
“Premesso che io simpatizzo sempre per il Sassuolo, perché comunque sia è la squadra della mia città, quindi ho simpatia, però fin da quando ero piccolo ho sempre avuto un tifo non sfegatato, perché io non sono un ultrà, però ho sempre simpatizzato per l’Inter. È stato difficile perché gli anni in cui ho fatto le scuole l’Inter perdeva sempre, quindi mi ricordo sempre gli sfottò dei compagni, specialmente quelli juventini e milanisti. Poi ha cominciato a vincere tanto in un momento in cui io non andavo più alle Superiori e quindi non ho avuto la possibilità di avere la rivincita con i miei ex compagni di classe. Questa simpatia, tifo no perché io sono abbastanza pacato, per l’Inter c’è, ma ho molto piacere quando il Sassuolo vince. In un’ipotetica sfida tra Sassuolo e Inter andrebbe bene anche un pareggio!“.