Massimiliano D’Ambrosio, testi elaborati per temi civili
“Il pregio sicuramente è che mi piacciono le cose musicalmente un po’ elaborate anche con dei testi importanti. Io penso sia un pregio, forse anche un difetto perché poi cercare di fare delle cose con dei testi un pochino più elaborati in questo momento dove l’attenzione è un po’ minore è un pochino complicato, quindi forse la stessa cosa che è un pregio è anche un difetto“, così il cantautore Massimiliano D’Ambrosio, romano classe 1972, che dal 9 luglio è in rotazione radiofonica e sulle piattaforme digitali con il singolo “Né testa, né croce” (MD Records), registrato e mixato presso il Village Recordings Studio di Roma da Gianluca Siscaro, arrangiato sotto la direzione artistica di Edoardo Petretti.
Quando nasce il tuo amore per la musica?
“Il mio amore per la musica nasce tanti anni fa, quando ho iniziato ad ascoltare le prime cassette da piccolino. A casa mia si sono ascoltati sempre tanti cantautori, tanto jazz, tanta musica brasiliana. Nasce da lì il mio amore per questo tipo di musica. Poi negli anni sono riuscito a frequentare questo locale importante che si chiama Folkstudio, anche se io ero piccolino ed erano i suoi ultimi periodi, però sicuramente quella frequentazione mi ha segnato, mi ha fatto capire il modo in cui volevo fare musica, le canzoni che volevo fare“.
Quando parli di testi elaborati delle canzoni, ti riferisci ai concetti espressi o al linguaggio utilizzato?
“Più che altro entrambe le cose. Io credo che nelle canzoni si possa anche parlare di cose grandi, importanti. Per esempio, nello scorso album, ‘Novembre’, ho affrontato il tema della violenza delle forze dell’ordine, ho scritto una canzone su Stefano Cucchi. Credo che con le canzoni si possa parlare anche di temi civili, importanti. È una cosa che si è un pochino persa, però storicamente in Italia i cantautori lo hanno sempre fatto. Poi mi piace anche a me parlare di cose un po’ più minimali“.
In “Né testa, né croce” non parli della ricerca di felicità?
“Sì, esatto, è un po’ più leggero come tema. Ci sono momenti di grande leggerezza per fortuna. Stranamente in uno di questi avevo la chitarra con me. Luigi Tenco quando gli chiedevano ‘perché scrivi solo canzoni tristi?’, lui rispondeva ‘perché quando sono felice esco, non sto a casa’. Quindi in questo caso invece io ero a casa e con la chitarra è uscita una canzone un po’ diversa dalle mie per fortuna“.
“Né testa, né croce” farà parte di un quarto album che stai preparando?
“Esatto, sto finendo di preparare l’album. L’idea è di fare uscire dei singoli mano, mano che il lavoro si finalizza. Ho materiale per un nuovo disco, è praticamente quasi pronto e uscirà nei prossimi mesi“.
Come trascorrerai quest’estate, tra il nuovo album e i live?
“Devo terminare di lavorare per l’album, ci sono ancora delle cose da finalizzare. Ho suonato sabato scorso qui a Roma per un tributo a Fabrizio De André che organizzo ogni anno con tantissimi artisti. È un evento ormai storico, è alla quindicesima edizione. Mi sono dedicato tantissimo all’organizzazione di questo evento e quindi non ho avuto molto tempo di pensare ad altro. Sicuramente mi piacerebbe scrivere qualcosa di nuovo“.
Qual è la canzone di De André che hai suonato in occasione del tributo?
“Ho accompagnato vari artisti, quindi ho suonato un po’ di canzoni. Poi precisamente io ho cantato la ‘Canzone del maggio’, perché è una delle canzoni che più mi emozionano quando la canto – ‘anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti’ è una frase che mi mette sempre i brividi -, e ‘La città vecchia’, perché volevo suonarla nel quartiere bellissimo di Roma, la Garbatella, dove eravamo. Mi piace tutto di De André“.
Oltre a Tenco e De André, ci sono altri cantautori a cui devi un insegnamento?
“Un po’ tutti i più grandi e non solo, cioè sicuramente Fossati, De Gregori, Paolo Conte, Branduardi, tutta quella scuola lì, grandiosa, però anche per esempio uno meno popolare ma secondo me grande come questi che è Gianmaria Testa che mi ha influenzato tantissimo e che trovo incredibile, veramente grandioso“.
Mi lasci con il passaggio di una tua canzone a cui sei particolarmente legato spiegandomi il motivo?
“C’è il mio precedente singolo che s’intitola ‘Il giardiniere’. La prima strofa dice ‘io che le curo il campo, che le so spiegare l’odore di quel bosco, del fiore più nascosto’. Mi piace particolarmente perché volevo un po’ trasmettere l’amore di chi si prende cura di qualcosa, di qualcuno e allora questa metafora del giardiniere mi serviva per questo. Poi è una metafora che trovo anche molto valida per gli artisti, perché credo che chi fa arte, in ogni campo, per poter raccogliere dei frutti debba prima seminare, deve prendersi cura del proprio campo, perché se non se ne prende cura difficilmente può uscire fuori qualcosa di buono. Quindi sicuramente l’inizio e la fine de ‘Il giardiniere’, dove inverto le cose e dico ‘io che le curo il campo, che non mi so spiegare l’odore di quel bosco e del fiore più nascosto’“.