“Quel giorno tu sarai”, l’acre verità sull’eredità della shoah

La shoah allo specchio di tre generazioni: è lo straordinario “Quel giorno tu sarai” che porta la firma di Kornél Mundruczó alla regia, Kata Wéber alla sceneggiatura e Martin Scorsese alla produzione esecutiva. Il film parte con una scena di grande impatto e sgomento, girata in modo magistrale: la pulizia di una camera a gas in un campo di concentramento. Il pathos crescente sviluppato da questo lungo e immenso piano sequenza irretisce e commuove. Lo spunto viene da un romanzo di Imre Kertész (scrittore ungherese sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti e Premio Nobel per la letteratura nel 2002) in cui si racconta di come la Croce Rossa Polacca si occupasse di pulire i campi dopo la liberazione da parte dell’esercito russo e del fatto che durante il loro lavoro venivano trovati molti bambini. Con questa partenza il film segna un coinvolgimento di cuore e ragione su una delle pagine più buie della storia e su quel che resta oggi di ciò nelle società multietniche che soffrono terribili rigurgiti antisemiti. La grande attrice ungherese Lili Monori è nonna Éva, una bambina ritrovata in un campo di sterminio; Annamária Láng è la figlia Léna, che cerca di comprendere e convivere con questa eredità pesante; Goya Rego è il nipote Jónás, un alieno in una scuola di Berlino, a cui viene incontro una compagna di scuola, la dolce Yasmin (Padmé Hamdemir), aliena come lui, perché anche lei proveniente da una cultura considerata diversa. Dopo lo straordinario successo di “Pieces of a Woman”, premiato a Venezia con la Coppa Volpi consegnata all’attrice Vanessa Kirby, il tridente Mundruczó, Wéber e Scorsese scrivono un’altra pagina di grande cinema con “Quel giorno tu sarai”, già applaudito fuori concorso a Cannes 2021 e al Trieste Film Festival 2022 ed in uscita nelle sale italiane in oltre 90 copie dal 27 gennaio, Giorno della Memoria. “Ogni nuovo film di Mundruczó e Wéber – ha ragione Scorsese – arriva come un salutare shock per gli spettatori e per chi fa cinema: si tratta di due autori che non smettono mai di avventurarsi in territori inesplorati. Con ‘Quel giorno tu sarai’ riescono a drammatizzare il movimento stesso del tempo, il modo in cui ricordiamo e il modo in cui dimentichiamo”. Talvolta si cancella dalla memoria perché è troppo difficile sopportare alcuni fardelli per vivere? La domanda è aperta, mentre alcuni dei fatti tremendi che ascoltiamo nel film sono veri. “Molti degli eventi raccontati sono ispirati alla storia di mia madre e della mia famiglia”, rivela la Wéber. Alla forza della storia si unisce la potenza della realizzazione declinata in tre episodi ricchi di commozione ed impeto. “Il primo episodio – spiega Mundruczó – è girato in unico piano sequenza (quello ambientato in un campo di concentramento, ndr) fino a quando i protagonisti escono all’esterno per catturare l’essenza del trauma. Per il secondo episodio, è stata la stessa Lili Monori, che interpreta Éva anziana, a chiedere che fosse girata in una sola inquadratura. Si tratta di un piano sequenza reale di 36 minuti, a cui è stata cucita solo la parte finale, quando l’appartamento viene inondato”. “Quel giorno tu sarai” mette tutti di fronte ad un passato che bussa con veemenza chiedendo di non chiudere gli occhi, soprattutto nel terzo episodio ambientato nella Berlino di oggi mostrando la gratuità di certi gesti scaturiti dall’incomprensione verso l’altro. L’opera di Mundruczó, Wéber e Scorsese dovrebbe essere vista da tutti, se la cultura è davvero l’unica possibilità che si ha di poter costruire un mondo di fratellanza che non ha muri.

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