“Giulia”, un film candidamente aspro
È “antipatico, divertente e sexy” il personaggio protagonista di “Giulia” nelle parole del cineasta Ciro De Caro che ha diretto il film, scrivendolo a quattro mani con Rosa Palasciano che dà voce e corpo a questa ragazza in bilico precario. È una donna che non ha nulla, se non il suo senso di libertà e gli oggetti che trova, fiutandoli come una volpe, e raccogliendoli per riempire il suo vuoto interiore. Giulia gioca con la seduzione, cambia continuamente rotta nel suo peregrinare senza una meta precisa, cerca affetto, ma quando lo trova non lo sa accogliere. In una Roma assolata, tra mascherine e tamponi, lei ha poche certezze e quelle che conquista le perde per ragioni dipendenti e indipendenti da lei. Nel suo girovagare incontra persone ai margini come lei, ma dotate di candore e genuinità, come Sergio, “un antieroe, un personaggio spezzato, irrisolto, rassegnato alla vita” come lo definisce Valerio Di Benedetto che lo interpreta, e Ciavoni, “il coinquilino di Sergio, un ciavattaro”, come racconta Fabrizio Ciavoni che veste i suoi panni. “Questo film – spiega De Caro – nasce dall’esigenza di esplorare un certo tipo di cinema verità con crudezza e realismo, una storia che è difficile catalogare come commedia o dramma, muovendosi su una linea sottile. Mi piace sia accolta come una commedia all’italiana classica, in cui si ride e sorride di tutto. Con Rosa avevamo voglia di raccontare alcuni personaggi che ci stanno a cuore, dalle sfumature complesse, anche un po’ contraddittorie”. “È un cinema – dice la Palasciano – fatto di sentimenti, legami e amicizie, tra persone ai margini della società, che non riescono ad adattarsi ai ritmi frenetici”. “Nel film – puntualizza Di Benedetto – ci sono personaggi che barcollano ma non crollano”. “Personaggi – rileva Ciavoni – non perfettamente perfetti”. Nel girarlo tra Fiumicino e la Maremma, De Caro si è messo in ascolto dell’atmosfera, del luogo e, soprattutto, degli attori che si sono mossi tra scrittura e improvvisazione rendendo “il massimo che si poteva fare – afferma il regista che considera l’errore una possibilità -. Ogni ciak è un’esplorazione”. Nella sincerità del racconto si affronta per caso e volutamente il tema della narrazione audiovisiva tra cinema e serie tv. “Il riferimento a Chaplin – svela De Caro – è casuale perché l’attore aveva di suo quel tatuaggio; mentre il monologo del critico cinematografico risale a un messaggio vocale di 15 minuti inviatomi e che ho voluto inserire nel film, anche se tagliato, e che in parte condivido: io le serie tv le guardo, ma secondo me non vanno paragonate al cinema”. In questo monologo si spazia da Alfonso Cuarón a Claude Chabrol, fino ad arrivare a Quentin Tarantino. “Le serie tv – interviene Ciavoni – hanno un linguaggio diverso da quello del cinema, il solo dotato di nobiltà”. Il film parte da un colloquio di lavoro con la domanda “Tu quando chiudi gli occhi cosa vedi?”. “Di colloqui di lavoro dalle domande assurde me ne sono capitati”, dice De Caro. “Anche in situazioni assurde”, ammette la Palasciano. “Io ho anche litigato con un regista”, ricorda Di Benedetto. A rendere magica la punteggiatura di quella domanda è la risposta di Giulia, “il mare”, che apre alla conoscenza di un’anima che ama cantare “Funiculì Funiculá”, una canzone che gioca col fuoco dormiente di un vulcano. L’essenza di questa ragazza sarà racchiusa negli schizzi a matita di Sergio, un ulteriore verso delicato a questa poesia cruda firmata da De Caro. Presentato in anteprima a Notti Veneziane – Selezione Giornate degli Autori in collaborazione con Isola di Edipo, il film “Giulia” (durata 109’, prodotto da Ugo Baistrocchi, Maurizio De Arcangelis, Michael Fantauzzi), tra candore e ruvidezza, uscirà al cinema il 17 febbraio distribuito da Koch Media in 30 copie nazionali, per poi allargarsi alla provincia.