Alzheimer, Paolo Ruffini insegna ad amare “PerdutaMente”

Ha una delicatezza e profondità di pensiero e sentimenti da riportare alla mente “Still Alice” con Julianne Moore, “Ella & John” di Paolo Virzì e “The Father” con Anthony Hopkins. Eppure, non è un film di finzione, ma un documentario condotto da un attore, autore e regista che ama far ridere, ma che ha già mostrato in più di un’occasione la sua attenzione ai temi sociali, non ultimo con il Progetto UP&Down, un happening comico con attori con sindrome di Down: prima spettacolo teatrale, poi documentario cinematografico e, infine, libro col titolo, questo, di “La Sindrome di UP” (edito da Mondadori). Come i film sopra citati, il 43enne livornese Paolo Ruffini in “PerdutaMente”, diretto a quattro mani con Ivana Di Biase, affronta il pianeta Alzheimer. Il suo è un viaggio su e giù per l’Italia con l’intento di raccontare una realtà che coinvolge nel nostro Paese circa 1 milione di pazienti e circa 3 milioni di loro familiari. È un cammino che fa con una dolcezza infinita, testimoniando l’identità di chi perde la memoria, ma non i sentimenti: “Io non so chi sei, ma so di amarti”. Il morbo di Alzheimer, malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale, determina decadimento fisico e cognitivo, perdita di memoria, coscienza e percezione del sé e della realtà. Non c’è una cura, però c’è il prendersi “cura” quotidiano di chi è vicino a chi ne è affetto. Paolo Ruffini connette simbolicamente tanta dedizione a un diapason che raccorda l’armonia di questo amore così unico e speciale. La prima intervista comincia con la domanda: “Che cosa significa prendersi cura di un malato di Alzheimer?”. La risposta? Semplicemente: “Amare”. A darla è Franco che sarà un po’ il Virgilio epistolare di Paolo Ruffini in questo tragitto puntellato da vera partecipazione e ascolto, frutti entrambi di incommensurabile amore. Quasi a rimarcare il concetto, la distribuzione affidata a Luce Cinecittà fa uscire “PerdutaMente” per San Valentino, con una tre giorni evento il 14, 15 e 16 febbraio.

Prodotto da Paolo Ruffini e Nicola Nocella per Vera Film, e Antonino Moscatt e Angelisa Castronovo per Well See (in collaborazione con la Fondazione Polli Stoppani e con il contributo di Roberto Cavalli), “PerdutaMente” aiuta a far conoscere e comprendere tutto ciò che ruota attorno al mondo Alzheimer. “Attraversando l’Italia ho avuto il privilegio di entrare nelle case di persone sconosciute e straordinarie, che hanno condiviso con noi le loro storie. Storie di vite fuori dal comune, storie segnate dall’Alzheimer, storie di dolore e disperazione, ma soprattutto storie d’amore. La traccia seguita, nel corso di questa indagine, è stata la differenza tra cura e guarigione. Quello che ho imparato è che dal morbo di Alzheimer non è possibile guarire, ma è possibile curare, se non la malattia, la persona, proprio con l’amore”, sottolinea Paolo Ruffini la cui sensibilità profusa è disarmante, come uno di quegli abbracci che sanno di profumo di pane appena sfornato.

You May Also Like

La lezione di resilienza di Antonietta De Lillo

“Dadapolis”: artisti di Napoli a confronto sul nonsenso

Amore, attori e media sotto inchiesta nel film di Gianluca Maria Tavarelli

“L’amante dell’astronauta”, quando l’amicizia si trasforma in qualcosa di più