“Arthur Rambo”, quando la popolarità sui social diventa un boomerang
“Più il colpo è basso, più alto è il seguito. Pensi di esprimerti liberamente quando stai semplicemente nutrendo il mostro”, sono le amare considerazioni sui social media di Laurent Cantet, regista e sceneggiatore francese classe 1961 che ha diretto e scritto – assieme a Fanny Burdino e Samuel Doux – il film “Arthur Rambo – Il blogger maledetto” (durata 87′), presentato in anteprima al Rendez-Vous, il festival dedicato al nuovo cinema francese, e uscito in sala il 28 aprile distribuito da Kitchenfilm. La storia è liberamente ispirata alla vicenda di Mehdi Meklat, scrittore, regista, blogger e opinionista francese classe 1992, che nel febbraio 2017 è stato oggetto di una polemica per la scoperta di una serie di tweet dichiaratamente razzisti, antisemiti, omofobi e misogini che aveva pubblicato per diversi anni sotto lo pseudonimo di Marcelin Deschamps (confluiti nel libro “Autopsy” edito da Editions Grasset nel 2018). Al centro di “Arthur Rambo – Il blogger maledetto” c’è Karim D – interpretato da Rabah Naït Oufella, a soli 13 anni già nel cast del film “La Classe” con cui Laurent Cantet vinse la Palma d’oro come miglior film al 61º Festival di Cannes –, un giovane scrittore arabo francese di successo, cresciuto nelle banlieue, molto acclamato e cercato da case editrici e lettori, fino al giorno in cui si scopre che con lo pseudonimo di Arthur Rambo – storpiatura del famoso poeta maledetto Arthur Rimbaud, aggiornato all’eroe popolare Rambo – tiene blog xenofobi e reazionari. Da qui comincia la sua caduta: la casa editrice blocca le ristampe del suo ultimo libro e tutti cominciano ad allontanarlo. Il film mette a nudo tutte le insidie dei social, a cominciare da Twitter acquistato dal miliardario Elon Musk. “Come puoi esprimere un pensiero in 140 caratteri (limite di un tweet poi innalzato a 280, ndr)? La brevità di un tweet cancella la complessità, e questo è ulteriormente aggravato dalla pura profusione di messaggi che si susseguono. Per quanto mi riguarda – ha osservato Cantet al lancio del film –, questa semplificazione eccessiva del discorso è forse l’effetto più dannoso e pericoloso dei social media. Karim paragona i social media alla pressione dei coetanei nel cortile della scuola, dove devi essere il più divertente, il più rumoroso, il più coraggioso. Come se potessi dire qualsiasi cosa perché pensi che non andrà mai oltre il perimetro della scuola. Solo che ora il cortile della scuola è diventato globale e può raggiungere milioni di persone”.