“Come d’aria”, la condivisione di un immenso amore materno
Con amore, parola dopo parola, si viene coinvolti e avvolti nella relazione empatica e totalizzante della scrittrice Ada d’Adamo con sua figlia Daria, un rapporto che va oltre la relazione materna. Essendo il libro in questione, “Come d’aria” (Elliot), vincitore della 77esima edizione del Premio Strega, il riconoscimento letterario promosso dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e dal Liquore Strega, ed essendo uscito in libreria lo scorso gennaio, la storia è nota ai più. Per chi non ne sapesse molto, sulla bandella è scritto: “Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi. Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant’anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontarle la loro storia. Tutto passa attraverso i corpi di Ada e Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza. Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente. Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come dono”. Solo gli appassionati di danza e teatro si saranno imbattuti prima d’ora nella penna di Ada d’Adamo, dato che è autrice di saggi a riguardo. Classe 1967, diplomata all’Accademia Nazionale di Danza e laureata in Discipline dello Spettacolo, la scrittrice è morta quest’anno, pochi giorni dopo la candidatura al Premio Strega. Del suo “Come d’aria” non si può non amare l’autenticità e il parlare del dolore senza falsi pudori. Ada d’Adamo è sincera con se stessa, sua figlia e i lettori. Scosse la sua lettera pubblicata su la Repubblica nel febbraio 2008 in cui denunciava: “La chiesa, la politica, la medicina smettano di guardare alle donne come a puttane che non vedono l’ora di uccidere i propri figli. L’aborto è una scelta dolorosa per chi la compie, ma è una scelta e va garantita. Anche se mi ha stravolto la vita, io adoro la mia meravigliosa figlia imperfetta. Ma se avessi potuto scegliere, quel giorno, avrei scelto l’aborto terapeutico”. Perché? A lei un medico, seppur “bravissimo”, non ha saputo leggere da un’ecografia una grave malformazione cerebrale. Da quando è nata la figlia, Ada d’Adamo ha imparato a conoscere da vicino, ancora più di prima perché già impegnata nel sociale, tanti uomini e donne segnati dal dolore e dalla sofferenza per i figli e le figlie costretti a interminabili cure. La loro condanna è quella ad un “eterno presente” costellato di tristezza e afflizione. Per loro poche sono le gioie, proprio perché l’amore è tanto. Un ossimoro? Certo, un ossimoro che costella tutta la vita di queste famiglie “sbriciolate”. Poi, la vita talvolta si accanisce. I destini di Ada, la madre, e di Daria, la figlia, si intrecciano a doppia mandata quando la mamma scopre di essere ammalata a sua volta. Tra loro è inevitabile un distacco propriamente fisico, perché la madre non riesce più a sostenere fisicamente le cure dovute alla figlia. Ma gli interrogativi di una vita, le speranze che una madre nutre per una figlia restano intatti. Daria non parla, ma riesce a modo suo a comunicare con la madre, così come con i compagni di classe, più piccoli di lei, che hanno attenzioni tenerissime e di vero slancio verso di lei. Ma, se la legislazione italiana ha fatto tanti passi in avanti a scuola per gli alunni e le alunne con disabilità, è anche vero che le strutture e il “sostegno” in classe hanno ancora tante lacune da colmare in quel gap che si crea tra la carta scritta e la realtà scolastica con cui tante famiglie fanno i conti ogni anno. A dirlo è Ada d’Adamo in un ulteriore passaggio del suo bellissimo libro, bellissimo perché autentico, come già sottolineato sopra, e perché sgorga da un’anima che ha vissuto il più grande amore di una vita attraversando il più grande dolore, aggiungendo a ciò il dono della condivisione sincera con i lettori. Alla memoria di questa scrittrice è stato istituito, nell’ambito della Festa della Danza di Roma, il Premio Ada d’Adamo, conferito a chi meglio interpreterà la fusione tra esperienza artistica e funzioni sociali.