Il “Rigoletto” del Regio in scena dietro le sbarre per una piena applicazione dell’art. 27 della Costituzione

Solo chi ha varcato quella soglia per le più diverse ragioni, nel mio caso per insegnare, sa quanto la cultura dietro le sbarre sia una luce di speranza e la leva necessaria per cambiare. Appena letto di questa iniziativa dello storico Teatro Regio, il plauso è stato ampio e sconfinato. Per la prima volta, questa grande istituzione di Torino, di eco internazionale, porta la magia dell’opera all’interno di un carcere, nello specifico, la Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno”, con una rappresentazione speciale di “Rigoletto”, in una versione curata da Vittorio Sabadin, lunedì 10 marzo alle ore 16.30. Questo progetto rappresenta un primo passo, un “progetto pilota”, che il Teatro Regio auspica possa crescere e consolidarsi nel tempo. Si realizza in sinergia con la Fondazione Compagnia di San Paolo, con il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e con la casa circondariale torinese nel solco del più ampio progetto nazionale “Per Aspera ad Astra – come riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza”. Stefano Lo Russo, sindaco e presidente della Fondazione Teatro Regio, sottolinea come per la sua città la cultura debba rivestire un “ruolo di primo piano” e debba essere “accessibile a tutte e a tutti. Questa iniziativa, poi, ha un valore davvero speciale perché è l’occasione per ribadire che il carcere deve avere un ruolo di educazione e riabilitazione, oltre che di semplice punizione, mettendo in primo piano il rispetto e l’importanza delle persone che non devono mai essere persi di vista”.

Questa nuova produzione del Teatro Regio, tratta dal melodramma “Rigoletto” di Giuseppe Verdi, su libretto di Francesco Maria Piave, basato sul dramma “Le Roi s’amuse” di Victor Hugo, ha come interpreti gli artisti del Regio Ensemble: Janusz Nosek (Rigoletto), Albina Tonkikh (Gilda), Daniel Umbelino (Il duca di Mantova), Siphokazi Molteno (Maddalena), Tyler Zimmerman (Sparafucile e il Conte di Monterone). Nel cast anche l’attrice Chiara Buratti. La direzione musicale e l’accompagnamento al pianoforte sono affidati al maestro Giulio Laguzzi, la regia a Riccardo Fracchia, le scene a Susi Ricauda Aimonino e i costumi a Laura Viglione.

Oltre alla rappresentazione, il progetto assume una forte valenza sociale grazie al coinvolgimento diretto della comunità carceraria: i detenuti hanno costruito le scenografie, realizzando praticabili, sgabelli, pedane e oggetti di scena in legno, e dipingendo i periacti. Il coinvolgimento della comunità carceraria è reso possibile dal percorso formativo che da anni è realizzato da Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e dall’associazione Teatro e Società. “Per Aspera ad Astra – come riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza” promuove il rafforzamento del teatro in carcere, evidenziandone la sua efficacia trattamentale unitamente al suo valore estetico culturale. Coordinato da ACRI e sostenuto a Torino e a Genova dalla Fondazione Compagnia di San Paolo, il progetto ha dato vita a una rete nazionale di 14 compagnie teatrali, operanti in 16 istituti di pena, che collaborano nella costruzione di un approccio e di una metodologia di intervento condivisi. L’esperienza testimonia come sia possibile lavorare nelle carceri mettendo al centro l’arte e la cultura, lasciando che essa possa esprimersi appieno e compiere una rigenerazione degli individui, favorendo il riscatto personale e avviando percorsi per il pieno reinserimento del detenuto nel mondo esterno. Altro obiettivo di questo intervento è che possa contribuire alla riflessione sulla piena applicazione dell’art. 27 della Costituzione italiana –“La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”-, innescando un processo di ripensamento del carcere, delle sue funzioni e del rapporto tra il personale che vi opera, le persone detenute e la comunità di cui è parte.

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